15 settembre 2007

Addio a Luciano Pavarotti

di Augusto da San Buono
Addio, Big Luciano, questo è un giorno triste, mancherai al mondo, parola di Mirella Freni. Addio, Big Luciano, eri un genio, eppure ti comportavi come una persona semplicissima, con schiettezza e un meraviglioso spirito infantile, parola di Jovannotti. Addio, Big Luciano, sei stato il più grande tenore di tutti i tempi. Più grande di Caruso. Sei stato un grande uomo, la tua è una grande perdita, a livello planetario, parola di Toni Renis. Addio, Big Luciano, eri un gigante, un cantante irripetibile. Una voce strepitosa come la tua , Dio la regala una volta ogni cento anni, parola di Riccardo Muti.
C’erano tutti, ai tuoi funerali, Big Luciano, quell' 8 settembre così funesto per l’Italia: da “tutti a casa”, a “tutti a Modena”, presso il Duomo della tua città. C’erano politici, artisti e cantanti, - Prodi, Rutelli, Kofi Annan, Zeffirelli, la Fracci, Zucchero Bono e Morandi, tanto per farti qualche nome - ma non c’erano i rappresentanti della lirica, che non t’hanno mai amato, se escludiamo la tua amica di infanzia, “Nana” Freni, e quelli della maturità, Bocelli e la Kabaiwanska, che hanno cantato in chiesa, per te, per la tua anima, per l’ultimo saluto, per quello che sembrava un “compianto pubblico”, una sorta di beatificazione anticipata. C’era una folla strabocchevole (più di centomila persone provenienti da ogni parte del mondo) e una sorta di consesso planetario mass-mediologo: fotografi, giornalisti, cameraman delle televisioni internazionali.

Un concerto di voci ,canti e lacrime, di colori, luci e odori, e milioni di flashes, tant’è che l’arcivescovo Benito Cocchi da Predappio (dove tutti, o quasi, come sai bene , si chiamano Benito), si è sentito in dovere di sottolineare che erano le tue esequie e non ancora la beatificazione di un artista grandissimo che ha “onorato l’Italia in tutto il mondo” , ha detto Gio’ Napolitano nel suo telegramma; che “ha onorato il dono divino della musica”, ha detto Papa Ratzinger nel suo telefax; che “ha fatto grande la cultura italiana nel mondo”, ha concluso il tuo corregionale Mortadella Prodi, presente alla cerimonia.
C’erano persino le frecce tricolori , che conferivano quel tocco di spettacolo da parata fastosa e celebrativa , che certamente non ti sarà dispiaciuto, sospeso

com’eri sempre tra la lacrimuccia e il largo sorriso emiliano. Del resto come la tua voce , che era “bellissima , ferma, tutta illuminata , ricca di armonie , potente e corposa nel volume e di colore aureo, soltanto annebbiata – è la stilettata finale del Principe Quirino - alla fine di ogni capoverso musicale da una sorta di ansito , che poteva essere vissuto dall’ascoltatore come un fattore espressivo e drammatico”.
Non ti sarà dispiaciuta certamente neppure quella bara bianca, coperta da un coloratissimo cuscino di rose e girasoli che ricordavano tanto i tuoi giganteschi foulard , che facevano tanto kitsch, ( il kitsch ti ha sempre attratto irresistibilmente, e qualcuno dice che è stata la tua fortuna, il tuo colpo di genio, nell’ultimo scorcio della tua carriera, quando la voce era ormai rimasta al lumicino e in teatro erano più critiche che altro. Il Kitsch con i “tre tenori” e con le “nefaste contaminazioni stilistiche” (è sempre il Principe Quirino che parla), con la musica pop e rock dei Red Ronnie, gli Zucchero e i Bono, i Dalla e gli Sting.
Ma oggi, per l’Italia tutta, caro Big Luciano, tu sei il Garibaldi del terzo millennio, e sono molti i teatri, le città, i paesi , a contendersi i tuoi primi acuti: qui cantò Pavarotti, qui raccolse i suoi primi trionfi, qui ne fu intuita la grandezza canora. Una voce bellissima, unica, straordinaria, imparagonabile, se non vogliamo andare indietro nel tempo, al grande Caruso, pioniere della lirica italiana e della canzone napoletana nel mondo. Tutti i paesi d’Italia ti vogliono dedicare una piazza, un via, un monumento, come all’eroe dei due mondi, ma ci si dimentica che l’ultima tua apparizione ufficiale in un teatro italiano risale a ben quindici anni fa, alla Scala, e finì tra i fischi e le pernacchie, con un coro unanime che diceva che Pavarotti era finito. Era il 7 dicembre 1992, lo ricorderai, e si dava il Don Carlos di Verdi, diretto da Muti, regia di Zeffirelli. Fu un fiasco totale, Big Luciano. Ci fu fuoco in sala, pollice verso sancito dal loggione, critiche feroci, e anche velenose da parte dei melomani più illustri. Critiche che nessuno ha mai ritrattato. Ma oggi riascoltiamo tutti , con ammirazione, il disco che è uscito da quella recita tanto bistrattata e tutti diciamo in coro che non c’è stato al mondo cantante lirico più grande di te, neppure il grande Caruso. Siamo tanti, una folla planetaria, da New York a Pechino, a dire che Pavarotti era l’Opera, “e l’Opera non è una cosa che la puoi pensare o descrivere, puoi solo goderti il fatto di vivere in un pianeta dove esiste l’Opera, e dove è esistito Big Luciano. E devi ringraziare l’inventore del “registratore” per averci messo in condizione di avere la sua voce con noi per sempre”.

“Andate a riguardarvi in TV – dice un melomane loggionista amico mio, Angiolino Amendolagine, da Terlizzi - la pazza versione di “Serenata Rap/mattinata”, e fate attenzione al sorriso di Big Luciano. Non vi sembra un bambino? Aveva gli occhi di un bambino. E’ da stamattina che me la guardo e riguardo e non riesco a smettere di pensare a quanto è bella la musica, a quanto è bello giocare con lei, viverla fino in fondo, farsi accogliere nelle sue grandi braccia d’aria. In questo, il Pava è stato maestro grandissimo: ha insegnato a tutti noi che la vita e la musica parlano lo stesso linguaggio, e chi vuole ingabbiare la musica vuole ingabbiare la vita”.
Ma c’è anche – va detto per amore della verità - chi è controcorrente, c’è chi dice che Pavarotti è “il classico esempio di come quest'italietta provinciale e piccolo borghese abbisogni di creare un mito da esportare nel resto del mondo per darsi un tono. Pavarotti è una costruzione a tavolino. E' talmente evidente che continuarne a parlare significa uniformarsi all'ignoranza generale che in questi giorni è uscita in massa da tutte le case. Pavarotti è un tenore buono per le massaie”.
E poi ci sono i puristi della musica, come Principe, come Isotta, che parlano di Pavarotti come “un tenore di grazia, emulo di Tito Schipa, che è irraggiungibile”, e lo fanno con un tono ironico, quasi derisorio. Quelli che dicono che “possedeva un timbro delizioso e una splendida chiarezza di dizione”, ma aveva difetti di base, difetti gravi che non si potevano cancellare. Era un’analfabeta musicale, era a-ritmico per natura, e “non era possibile inculcargli, se non in modo vago, la nozione della durata delle note e dei rapporti di durata”. E – dicono – che sulla scena eri ridicolo, sempre frontale, sempre con la medesima espressione sul volto, non sapevi assolutamente muoverti nello spazio teatrale, Big Luciano. Del resto, con la mole che ti portavi dietro, era difficile che ti potessi granché muovere .

Chissà, forse è vero tutto ciò che dicono i puristi e i tuoi detrattori , caro Big Luciano. Ed è vero anche che l'Opera lirica non è il canto del muezzin (e tu tale ti sentivi, una sorta di muezzin della musica lirica), ma è altrettanto vero che tu avevi qualcosa che nessun altro possedeva in tal misura, il talento, il genio musicale, e il genio consiste proprio in questo, nel prescindere dalle regole, nel prescindere dalle consuetudini, dagli schemi, da tutto e tutti, imponendo la propria voce, la propria straripante personalità, la propria diversità, la grande passionalità, che è poi quella che ti ha consentito farti messaggero di un’arte capace di unire paesi di diversa razza, cultura e mentalità, capace di interpretare la musica lirica pura, alla sorgente, una musica senza confini, una musica che tu avevi nel sangue e nella testa, e che niente e nessuno può ingabbiare in schemi e reticoli. Da qui nacquero le tue adunate oceaniche nei cinque continenti, e il tuo diventare rapidamente una vera e propria icona della musica lirica, con i memorabili concerti in Hyde Park a Londra, al Central Park a New York, e all'ombra della Torre Eiffel a Parigi, davanti a 300.000 persone. E anche le famose esibizioni dei "Tre Tenori", con Plácido Domingo e José Carreras, che ebbero un successo incredibile di pubblico (le registrazioni e i video di questi concerti hanno superato largamente le vendite di Elvis Presley e dei Rolling Stones), con momenti toccanti e straordinari come l’esibizione del 17 Luglio 1994, a Los Angeles, davanti a Frank Sinatra e Gene Kelly, che furono omaggiati con “My Way” e “Singing in the rain” in versione tenorile.
Poi hai organizzato, nella tua Modena, i famosissimi concerti di beneficenza "Pavarotti&Friends", in cui ti sei impegnato a duettare con i migliori artisti della scena musicale pop italiana ed internazionale, da Lucio Dalla a Sting, da Patty Pravo a Jovannotti, da Zucchero a Bono.
Quelli della Lirica pensarono che tu fosse impazzito, e infatti sei sempre stato un pazzo, un pazzo da legare, come conferma la tua amica Mirella Freni… ”era matto come un cavallo, fin da ragazzo. Andava in lambretta e si fasciava la testa con un turbante da beduino. Era pazzo… pazzo per la vita”.
Egocentrico, infantile, pigro, taccagno, grasso, infedele, vanitoso, bulimico (armato di cucchiaio mangiava caviale sino alla nausea), despota, incurante del rispetto altrui: “Le sue amanti diventavano lavapiatti, lavandaie e cuoche, erano lì solo per servirlo”. Presuntuoso , credeva di sapere tutto, non solo di musica, ma anche di dentisti, farmacologia e prostata. Così ti ha descritto Herbert Breslin, il tuo ex agente. E tu non hai mai smentito, né mostrato alcun rancore verso di lui.
Ma anche se tutto ciò fosse vero che cosa toglie all’artista Pavarotti?
“Nulla, assolutamente nulla -. dice Zucchero - Lui aveva una grande vocazione a comunicare con le masse e ha usato la sua fama e il suo fascino e il suo talento per riunire intorno a se i più grandi artisti del pianeta per cause benefiche. Si è dato al pubblico con una generosità tale da rompere ogni barriera…”. E Muti aggiunge: “E stato una fontana generosissima di canto che col suo timbro irripetibile ha affascinato tutto il mondo”.
Per finire ti faccio sentire il commento di una tua allieva, divenuta famosissima, in Cina, il soprano Yao Hong:"Si può non capire nulla di musica, ma sicuramente si conosce Pavarotti, il simbolo non solo dell'Italia del ventesimo secolo ma della musica di tutto il mondo. La sua morte è una perdita per il mondo della lirica, oggi posso solo dire: addio, o sole mio".
Bello, vero Big Luciano? E perfino lo Spiegel, grande settimanale tedesco, che non è stato mai tenero con gli italiani, ha titolato in prima pagina: “E’ ammutolita la voce del secolo”, dimenticando forse di mettere quanto meno sul tuo stesso piano i Caruso, i Beniamino Gigli, i Di Stefano , e i Tito Schipa da Lecce, Italia.

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