05 dicembre 2018

CRISTO SI E' FERMATO A EBOLI di Carlo Levi a cura di Camilla Fochi


CRISTO SI E' FERMATO A EBOLI di Carlo Levi

«Sono passati molti anni, pieni di guerra, e di quello che si usa chiamare la Storia. … Ma chiuso in una stanza, e in un mondo chiuso, mi è grato riandare con la memoria a quell’altro mondo, serrato nel dolore e negli usi, negato alla Storia e allo Stato, eternamente paziente; a quella mia terra senza conforto e dolcezza, dove il contadino vive, nella miseria e nella lontananza, la sua immobile civiltà, su un suolo arido, nella presenza della morte. — Noi non siamo cristiani, — essi dicono, — Cristo si è fermato a Eboli». Cristo si è fermato a Eboli è il libro più famoso di Carlo Levi, scrittore, pittore, medico che attraverso quest'opera racconta la sua storia di confino in Basilicata sotto il regime fascista, le sue coraggiose idee antifasciste che lo portano a fare la conoscenza di un mondo altrimenti, forse, mai scoperto, un mondo chiuso e immoto, lontano dal tempo e dalla storia, un mondo di pena, di problemi antichi irrisolti. Già il titolo suona come una sentenza, una negatività tutta da risolvere, una difficoltà e una differenza tutta da superare. Cristo si è fermato ad Eboli perché al di là di questa cittadina campana, una volta abbandonata la costa, si fermano la strada e la ferrovia; superato tale punto, si arriva nelle terre aride, e dimenticate della Basilicata. I contadini di questa terra sono lontani dai canoni della civiltà, sono inseriti in una Storia diversa, dal sapore magico e pagano, una Storia nella quale Cristo non è mai arrivato. Eboli dunque non è solo un confine geografico, ma è il confine che segna la fine della civiltà verso una “terra senza conforto e dolcezza, dove il contadino vive, nella miseria e nella lontananza, la sua immobile civiltà, su un suolo arido, nella presenza della morte”. Carlo Levi offre un’analisi puntuale e a tratti meravigliata del Mezzogiorno, narra osservando con i suoi occhi di piemontese. Egli riflette con straordinaria lucidità sull’estraneità dello stato e della politica; prende consapevolezza di un «un mondo tanto diverso dal suo quanto più vero e più legato all’essenza stessa della vita». Levi osserva e analizza la miseria materiale in cui i contadini lucani degli anni Trenta sono costretti a vivere, abbandonati da uno Stato in cui non possono riconoscersi, da uno Stato che impone, pretende e vessa. E nonostante tutto i giorni trascorsi a Gagliano, sempre uguali a sé stessi, lo rendono partecipe di un mondo nuovo che trae la sua linfa vitale dalla grande forza interiore dei contadini, dalla rassegnazione, dalla pazienza, dalla grande saggezza che li guida. Gli insegnamenti di questo popolo lasciano quasi stupito Levi, l’immenso senso dell’ospitalità e l’attaccamento a valori veri, la dignità ferma e salda anche nella povertà e l’entusiasmo dei bambini desiderosi di apprendere sono lezioni importanti per l’autore. Tutto il libro è attraversato dalla scoperta di una nuova dimensione dell’animo umano, fino ad allora sconosciuta. Egli si adopererà molto per i gaglianesi, ma molto di più faranno i gaglianesi per lui, curando il suo animo. Cristo si è fermato ad Eboli è scoperta e delusione, amarezza e gioia, impossibilità e speranza, storia e mito, un affresco pietroso e emozionante di una civiltà fuori dal mondo eppure così fermamente legato ad esso. Il romanzo colpisce anche per la straordinaria capacità dell’autore di cogliere ogni singola sfumatura della miseria e della solitudine arcana del Meridione. Libro attualissimo, da non perdere. Un libro pubblicato da Giulio Einaudi nel 1945 dopo la liberazione, in un’edizione dalla carta grigiastra. Rocco Scotellaro disse: «Cristo si è fermato a Eboli è il più appassionante e crudele memoriale dei nostri paesi», mentre Asor Rosa in Scrittori e popolo afferma «Levi giudica la realtà secondo gli schemi semi-mitici dell’Uomo e della Storia. Ma l’Uomo a cui guarda, e la Storia, secondo cui giudica, non restano opinioni generali, volontaristiche affermazione di verità». Carlo Levi è senza dubbio il testimone della presenza d’un altro tempo all’interno del nostro tempo, è l’ambasciatore d’un altro mondo all’interno del nostro mondo. Possiamo definire questo mondo il mondo che vive fuori della storia di fronte al modo che vive nella storia. È in quel mondo finora tenuto fuori dalla storia che Carlo Levi vede una potenziale forza storica determinante. Dai suoi inizi ci ha posto, sempre, contemporaneamente su due piani: quello della Storia e quello delle sue storie, specchiatisi l’uno nell’altro. Egli sa farci vivere nei suoi scritti, come nella sua conversazione, il senso ambiguo della nostra epoca. Ma il segreto della sua opera risiede in un fondamentale atteggiamento cui, Sartre, definì bontà. Si direbbe che la sua vita l’abbia scelto per amarsi in lui e attraverso lui, in tutte le sue forme. Levi mostra come la questione meridionale riveli l’insufficienza del processo di unificazione costituzionale avvenuto secondo modalità centralistiche. Per uscire dall’ “eterno fascismo italiano”, Levi ritiene che “bisogna che noi ci rendiamo capaci di pensare e di creare un nuovo Stato." L'idea meridionalista rappresenta dunque una vera e propria possibilità per la redenzione della terra meridionale: dovremmo tornare a riscoprire un patrimonio intellettuale che ci ricorda come il Mezzogiorno ed il suo potenziale rivoluzionario, ieri come oggi, rappresentino il più impegnativo terreno di prova ma anche la più solida prospettiva di riscatto e per gli ideali della costituzione repubblicana.
   CAMILLA FOCHI (AIL)

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