07 dicembre 2006

Nostalgia del latino

Nostalgia del latino motore nostro di Francesco Ogliari (tratto da "La Prealpina" del 3 dicembre 2006)

Torna agli onori delle cronache il richiamo in occasione di scadenze legate al calendario scolastico o sondaggi dai quali si evince che il livello medio di istruzione non accenna ad aumentare. In queste circostanze si nota il fuoco sotto la cenere di una lingua morta che si vorrebbe riabilitare, rilanciare, riscattare quasi fosse la bella addormentata nel bosco alla quale basta il bacio d'un (bellissimo) principe per rientrare nell'inferno dei vivi. Il latino insomma è come il sole : torna ad ogni alba, al cadere delle lunghe interminabili notti. E' un argomento con il quale il Borges confessò d'aver attraversato l'Atlantico meridionale , da Buenos Aires a Casablanca, occupando il tempo dell'intera traversata in una discussione con un compagno di viaggio, un professore di materie umanistiche al liceo francese di Costantina, frequentatore di tutte le Accademie internazionali dove s'incontrano gli amici del latino. Si dichiara guerra alla lingua di Roma perché " non è più indispensabile". Dovremmo accordarci prima sul significato della parola indispensabile:, cioè di cui non si può fare a meno. Al mondo, salvo l'osso del collo e poche altre contiguità di natura metafisica, non c'è davvero molto di cui si soffra penuria fino a perdere il respiro. Anche un'automobile si può guidare benissimo senza conoscere ingranaggi , valvole, cilindri, giunto cardanico , farfalla, differenziale, spinterogeno: però si ha il bisogno del meccanico, del garagista. Il latino è stato il motore dell'italiano (dello spagnolo, del portoghese, del romeno, del francese, del romancio). Ne è anche la radice. Lo si studia per imparare l'italiano. Giova ai matematici dei quali il nostro tempo non potrebbe fare a meno. Non è sempre essenziale la ginnastica. Per secoli si sono abbuffati di consecutio temporum senza curare muscoli, linea,scatto,ritmo cardiaco. Ciò non toglie che la ginnastica sviluppi sull'organismo possibilità che giovano alla salute fisica, a quella morale permettendo forse più della filosofia e delle scienze esatte - di salvare la vita. Cos'è più necessario per il povero, si chiede quell'umanista finissimo che è stato don Giuseppe De Luca , amico dei migliori letterati e letterato di eccelso ingegno? Il povero vuole sì il pezzo di pane che lo sfama , che gli è indispensabile, ma questo tozzo di pane non lo rallegra, anzi lo umilia;vorrebbe piuttosto un bicchiere di vino -che non è indispensabile -, una sigaretta e meglio di tutto, un sorriso. Noi uomini in realtà non abbiamo bisogno che del superfluo ;eppure solo gli animali s'accontentano del necessario. Una lingua per restare vivente non può rinunciare al freno e allo sperone. Senza lo sperone - le novità, i neologismi, i prestiti,le invenzioni del linguaggio parlato - diventa presto una lingua morta. Senza freno - le grammatiche, i puristi , gli ortodossi,gli accademici della Crusca - cambierebbe con tale rapidità che in pochi anni sarebbe più compresa da nessuno nell'originale. L'umanità passerebbe il suo tempo a ricoprire l'America. Ma è proprio a questo che mirano , ingenui o sornioni, certi riformatori che sognano di eliminare dalle menti il ricordo di ciò che conobbe in passato , lasciando solo il brodino dietetico di qualche filosofo da tribuna televisiva. Invece di presentare Platone, Seneca,Tommaso d'Aquino, Cartesio , Pascal, Voltaire,Rosmini, si offre al candidato la lettura e l'interpretazione di Marx o Marcuse o il testo indigente di qualche redattore illetterato. Cosi impregnato , si rinuncerà a ogni istinto critico e si diverrà maturi per tutti i fanatismi. Lo scolaro insegnerà al maestro (come nel Paese di Cuccagna);gli studenti in piazza suggeriranno la strategia di insegnamento che crederanno la migliore. Una civiltà tuttavia non sopravvive soltanto per i propri monumenti, arti o letterature bensì con il genio e col mestiere. Genio letterario che consiste nel buonsenso di ritrovare le stesse cose da millenni - tutto è stato detto, da diecimila anni: tutto essenziale, e il contrario di tutto - illuminandolo di luce nuova. Mestiere che è basilare da conoscere, apprezzare, usare con intelligenza. Picasso poteva permettersi di dipingere dei mostri con tre occhi e il naso di traverso perché conosceva il disegno, suo mestiere. Il Rousseau in una celebre pagina sostiene che se non fosse per via dei bisogni fisici, avremmo potuto benissimo fare a meno di parlare , limitandoci al linguaggio gestuale con il quale ci si intenderebbe. A maggior ragione dunque visitiamo il latino, che non cositituisce un'ostacolo all'inarrestabile progresso della lingua (neolatina). Diffidiamo da quelli che proclamano la necessità di rinnovare la lingua -scriveva Prezzolini- perché costoro con le parole cercano di produrre gli effetti che non sanno produrre con le idee. Si può essere certo chiari, comprensibili, perfino spiritosi ed eleganti senza occuparsi troppo dell'etimologia, delle declinazioni , delle subordinate relative. La persona che evita di fare per qualche giorno shopping afferma, fieramente, che sta raffredando l'inflazione domestica. La lingua rimane umida, tiepida, dolce. Non è il latino, naturalmente. Non è neppure la lingua parlata: è l'organo muscoloso e mobile dell'uomo e dell'animale che sta nella bocca. Così la vede il Chaucer nei Racconti di Canterbury. Dovremo accontentarci di questa?
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