02 luglio 2006

"La letteratura e le forme dell'oltrepassamento" di Carlo Augieri

di Pamela Serafino

Se siete appassionati di letteratura, se siete tra gli intrepidi che non resistono al suo fascino anche nel mondo super-tecnologico dell’informazione veloce, sintetica, chiara e dinamica, sappiate attivare in voi stessi la ricerca che induce a rispondere a chiunque dovesse chiedervi in che modo la letteratura si apre alla vita, forma la coscienza dell’uomo, aiuta a superare le cornici culturali, i momenti di crisi del senso della storia. Il libro del professor Carlo A. Augieri propone una indagine che si rivolge ai grandi studiosi di antropologia, linguistica, semiotica, nel tentativo di evidenziare “all’interno del rapporto tra letteratura e significazione, il movimento del senso”, che nella letteratura si spinge fino all’oltrepassamento del significato chiuso nel codice tipologico della cultura che lo emette.
Il libro articolato in quattro capitoli ognuno dei quali è dedicato ad uno studioso diverso- Bacthin, de Martino, Jakobson, Lotman- analizza una serie di concetti, emergenti da alcune riflessioni teoriche degli stessi, che superando le divisioni in cui si articola il contenuto testuale, si rincorrono e si intrecciano in una forte argomentazione tesa a far emergere le strategie dell’oltrepassamento epistemologico della letteratura. Così, la “forma estetica” di Bacthin in quanto forma organizzatrice e configurante affidata alla relazione strutturale fra “autore” ed “eroe”, richiama da un lato la “presenza” di de Martino, intesa come messa in forma valorizzante di un soggetto presente che partecipa ad una storia nel ruolo di personaggio agente, dall’altro, poiché la relazione tra autore ed eroe implica una parola dialogica, rinvia al carattere relazionale del suono linguistico individuato da Jakobson. Su una linea meno contigua si pone, rispetto agli altri, la semiotica ermeneutica di Lotman che, pur non negando la presenza del soggetto-autore, lo relega al ruolo di presenza corale (auore-lettore di codici appartenenti alla cultura) e anonima rifacitrice di un testo nella cui struttura convivono dinamicamente motivi invarianti e temi varianti, eredità archeologica delle culture e apporti nuovi delle culture nelle varie parentesi storiche”, privando il testo al contempo di quella congiunzione alla vita che presignifica prima del testo, che esiste prima di esso e senza la quale il testo stesso sarebbe incomprensibile. Se la semiotica ermeneutica di Lotman individua la potenzialità di oltrepassamento della letteratura nella capacità di rinnovamento dei messaggi, per mezzo dell’interpretazione letteraria del mito in chiave metaforica, Bacthin, de Martino, Jakobson, intendono l’oltrepassamento del confine e del contorno univoco, della datità referenziale imposta dalla modelizzazione della cultura attraverso una libertà creativa che produce informazioni nuove.
Per Bacthin l’oltrepassamento della letteratura si attua attraverso l’intreccio narrativo caratterizzante la forma estetica, forza organizzatrice di senso identificata nella forza autore (che non è da intendersi come uomo storico dotato di sembianze reali) che rappresenta rispetto all’eroe, dotato di un contorno spazio temporale, un orizzonte di senso ‘exotopico’ ed ‘extracronotopico’ che “ raccoglie l’eroe e la sua vita e li integra in una totalità di momenti che dal suo interno gli sono inaccessibili”. In tal modo, l’eroe è raffigurato come identità aperta, in rapporto ad un agire-sentire per l’altro (l’autore) con l’altro o contro l’altro.
La capacità narrativa dell’oltrepassamento è colta da de Martino nell’attitudine a superare i momenti di crisi , lo smarrimento della presenza, l’alienazione del soggetto, la sua capacità di agire provocati, a volte, dal cieco succedersi degli avvenimenti della storia. La forma, intesa come orizzonte autoriale del discorso (orizzonte semantico e temporale) senza la quale non è possibile la ‘presenza’, comprende una soggettività motivata dell’agire e una temporalità entro cui si configura e si realizza il fare del personaggio allontanandosi dalla casualità dei fatti; ma essa si caratterizza anche come forma per narrare l’esserci quando è in crisi nella storia ricorrendo, in tal caso, alla tecnica (esempi di risoluzione tecniche secondo de Martino sono la magia, il lamento funebre, il simbolo mitico rituale).
Per Jakobson l’oltrepassamento della parola poetica presume il superamento della funzione poetica del linguaggio incapace da sola di creare poesia perché aliena dal vissuto e dal senso, vissuto e senso che sono invece espressi dal suono dei fonemi disseminati tra le parole del testo poetico.
Le forme dell’ oltrepassamento attivate dalla letteratura, mentre riaffermano la presenza del soggetto (che la narratologia strutturalista trascurava) allontanano la coincidenza tra significato e significante stabilita arbitrariamente da un codice linguistico, in questa lontananza giocata dal soggetto in base alla sua esperienza e al suo agire sempre in rapporto a qualcun altro (autore-eroe, alterità della parola poetica, soggetto presente/assente nell’illo tempore) è implicita la possibilità come dice l’autore “della creazione di un neoumanesimo allargato nella cui tipologia pluridiscorsiva e dialogica l’uomo diventi soggetto del comunicare e dell’esprimere entro un vissuto storico non solo da osservare e descrivere ma da raccontare”.

(La letteratura e le forme dell'oltrepassamento, Carlo Augieri, Manni Editore, euro 15.00, p. 181, 2002)

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