04 luglio 2006

Mimose: ciò che non fa notizia

Intervista di Pamela Serafino
La rivista letteraria Mimose, che da più di dieci anni anima il dibattito culturale salentino, cambia veste ed esce in una nuova versione formato libro, affrontando la tematica del tempo. Più spazi, più cose da raccontare quindi, perché, sin dal suo sorgere, è stato questo il suo intento principale, al di là dei numerosissimi temi trattati, raccontare attraverso la scrittura, per appagare il desiderio umano della ricerca insieme ai tanti lettori-scrittori possibili compagni di viaggio. Ne parliamo al Direttore responsabile nonché editore della Officine delle Parole, Pompea Vergaro.
Direttore come nasce l’idea di questa rivista letteraria?
Mimose nasce in un paese dell’entroterra brindisino allo scopo di dare voce alle donne in un luogo in cui non c’era neppure un cinema. La scrittura, non a caso, è un modo nuovo di rapportarsi alla realtà e di ricrearla. Col tempo il suo respiro si è allargato, infatti è stato pubblicato come supplemento a periodici salentini. Ogni numero della rivista si sviluppa partendo da un nucleo tematico di particolare importanza ed evidenza, che, come la tessera di un mosaico, prende forma e si allarga spaziando nei settori dell’arte, del cinema, del teatro, della musica, il tutto supportato da riferimenti bibliografici. L’interazione tra i linguaggi è indispensabile per una comprensione più completa del fenomeno preso in esame, consente di assumere punti di vista diversi sulle cose. Seguendo questa logica, nel corso degli anni, sono stati trattati vari argomenti: il viaggio, i colori, il silenzio, i veli, lo specchio, le mani, ecc. che sono approfonditi e commentati da appassionati di scrittura, studiosi, esperti e sono arricchiti da un ricco repertorio di immagini: foto, miniature d’epoca, stampe numerate, infatti il progetto grafico, proprio in virtù dell’interazione tra le varie arti è molto curato.
Perché questo titolo?
La mimosa è il primo fiore che nasce in inverno, quindi può essere usato come metafora della resistenza, mentre il suo colore, il giallo, simbolicamente rinvia al rumore, naturalmente inteso come voce. La scrittura di Mimose, infatti, vuole essere una voce da ascoltare e non restare chiusa tra le pagine.
Come definirebbe questa rivista?
Innanzitutto Mimose parla di ciò che non fa notizia, di ciò che non è legato alla moda del momento, entra nel mondo quasi in punta di piedi a raccogliere i frammenti marginali e misteriosi della vita che, se ascoltati, hanno sempre qualcosa da raccontare. E lo fa con attenzione, consapevole che anche un piccolo pezzo è indispensabile per ricreare un puzzle, la cui immagine però non è composta una volta per tutte ma si ricompone continuamente. La rivista, infatti, ha lo spirito di un laboratorio culturale animato dal continuo tentativo di tenersi lontano da ogni pretesa di dogmatismo, guardare il mondo con occhi diversi, e staccarsi, per quanto possibile, dal conformismo, dai clichés, senza pretese di fornire alcuna verità.
C’è un motivo particolare per cui Mimose ha cambiato volto?
Nell’ultimo numero abbiamo affrontato la tematica del tempo, strutturando la ricerca nel modo consueto alla rivista, ossia in maniera interdisciplinare, man mano che procedevamo però la tematica ci sfuggiva di mano, sembrava traboccare dal suo contenitore, era diventata una lotta non contro il tempo, ma contro lo spazio. Occorrevano più pagine perché un argomento si legava all’altro… il seguito è venuto da sé…
Qualche anticipazione sul prossimo numero?
Parleremo dello spazio, mi sembra doveroso…

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