25 aprile 2022

Àlvaro Mutis - Trittico di mare e di terra – a cura di Marcello Sgarbi


 Àlvaro Mutis - Trittico di mare e di terra(Einaudi)

Collana: I coralli

Pagine: 176

Formato: Brossura

EAN: 9788806144098

Quando penso a Mutis non posso fare a meno di ricordare due figure molto apparentate al personaggio di Maqroll il gabbiere, protagonista delle tre storie raccolte nel romanzo: la prima è quella del veneto Hugo Pratt, maestro del fumetto creatore di un marinaio avventuriero come Corto Maltese e lui stesso amante dei viaggi in mare, tanto da avere posseduto una barca insieme a Milo Manara, altro grande fumettista. La seconda è quella di Fabrizio De André e la sua “Smisurata preghiera”, ispirata proprio alle vicende di Maqroll, legate all’amicizia, alla vita e alla morte. Tre racconti, tre esistenze, tre diversi percorsi del destino. C’è la struggente e malinconica ballata di addio al mondo di Sverre Jensen, pescatore amico del gabbiere. L’incontro con il pittore Alejandro Obregòn, capace di osservare il lato nascosto della realtà per trarne insegnamento. E infine i giorni trascorsi con Jamil, figlio di Abdul Bashur, un caro compagno di navigazione di Maqroll. Dedicato a chi non si pone limiti e a chi cerca la sua rotta.

Il mare è la cosa più importante che ci sia al mondo. Bisogna saperlo vedere, seguire i suoi cambiamenti d’umore, ascoltarlo, annusarlo. Sa perché? Per una ragione molto semplice che tutti credono di conoscere e che non riescono mai a capire fino in fondo: perché lì è nata la vita, da lì siamo venuti e una parte di noi rimarrà sempre sommersa laggiù tra le alghe e le profondità nelle tenebre”.

Richiamò particolarmente la mia attenzione il volto espressivo del parroco, con le spesse ciglia scure, la bocca dalle labbra delicate, sempre con il sorriso spontaneo e ironico di chi ormai ha vissuto a sufficienza per dare importanza solo all’essenziale e lasciare da parte l’indulgenza per le miserie dei propri simili. Gli occhi scuri e sempre attenti, aperti di fronte all’interlocutore, denunciavano da lontano l’origine saracena degli abitanti dell’isola”.

L’unico ordine – mi disse in quell’occasione – in cui possiamo confidare, l’unico sicuro e definitivo, è quello della morte. Questo lo capiamo tutti, ormai lo so. Ma l’astuzia consiste nel continuare a vivere e nel cercare di non avere relazioni troppo strette con lei. Quando la morte invita bisogna voltarle le spalle. Non per paura, naturalmente, ma con la certezza che non è interessata a noi ma alle nostre povere ossa, alla nostra carne con cui alimenta le sue legioni”.


© Marcello Sgarbi

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