21 giugno 2021

IL TEMPLARE E LA MONACA Un libro intrigante e maestoso con sottofondo la storia medievale di Piergiorgio Solbiati a cura di Vincenzo Capodiferro

 


IL TEMPLARE E LA MONACA

Un libro intrigante e maestoso con sottofondo la storia medievale di Piergiorgio Solbiati


Il templare e la monaca” è un libro di don Piergiorgio Solbiati, edito da Macchione, Varese aprile 2021. Don Piergiorgio ha pubblicato con Macchione: “L’Inverna” (2019); “Un solo Padrone” (2018); “Almeno lasciatemi le favole” (2017); “Un prete superfluo” (2016). Si tratta di un romanzo storico che si ambienta nell’età medievale, un’età malamente etichettata dagli illuministi come di “oscurantismo e barbarie”. In verità che possiamo dire: più oscurantismo e barbarie del novecento la storia non ha conosciuto! Stermini di massa, guerre mondiali, totalitarismi! Don Piergiorgio, invece, si fa vivo interprete di quelle forti esigenze di rinnovamento spirituale, che culminarono in movimenti non sempre ereticali, come quello degli umiliati lombardi: «A Milano il ritorno al Vangelo, praticato dai Patarini con estrema radicalità, provoca forti contrasti, al punto da estinguere l’urgenza riformatrice che torna ad ardere negli Umiliati che si strutturano con un primo ordine di sacerdoti, un secondo di religiose e un terzo di famiglie, unite secondo l’ora et labora … ». Questa esigenza riformatrice non è tanto medievale, ma è perennemente attuale: l’uomo di ogni tempo ha bisogno di profondo rinnovamento spirituale. «Ogni anno le famiglie del terzo ordine degli Umiliati milanesi trascorrono la Settimana Santa nella grangia di Mirasole tra penitenze e preghiere, meditazioni e istruzioni che coinvolgono uomini e donne con tematiche pertinenti». I protagonisti di questo romanzo storico sono coppie di giovani, tutti desiderosi di una conversione individuale profonda. Il tema è un viaggio che li vede coinvolti come pellegrini d’Europa, alla ricerca del santo Graal, non il Graal come cimelio, quasi magico, ma inteso invece come vaso spirituale ricolmo d’amor divino: solo l’amor divino può rinnovare profondamente la radice umana. Ciò dimostra ancor di più che la storia medievale non finisce nel medioevo, o nella critica illuministica, o nella rivalutazione romantica, ma perdura sempre. Ancora il folle Hitler cercava il Graal. Egli non è folle. Folle ha a che vedere con folla. Follia sta con folla. La follia non è mai un atto individuale, ma va rapportato alla comunità, è il limite della normalità, necessario quanto mai per farci prendere coscienza della nostra pazzia, perché la pazzia incosciente è peggiore di quella cosciente, come Freud docet. La figura del pellegrino è una figura particolare: «Il pellegrino, anche se diretto a Roma o a Santiago di Compostela, nelle città era considerato ladro, insidiatore delle donne o espressione demoniaca, questo perché mercanti e pellegrini sovvertivano la sedentarietà dei cittadini che come i monaci obbedivano alla stabilitas loci, cioè alla residenza. Il viaggio si riscatta nella metafora della vita che conosce un punto di partenza, poi tante tappe per giungere infine al Paradiso». Si ripropone il tema del cosmopolitismo cristiano. Siamo tutti pellegrini, cioè di passaggio sulla terra. Chi cammina è spesso malvisto. Chi fa progressi non è visto di buon occhio. L’uomo mediocre tende alla stabilità, cioè al quieta non movere. Ma come direbbe Agostino: Non progredi, regredi est. La vita cristiana è un cammino, non è uno star fermi. I pellegrini sono sospettati numero uno, un esempio lampante lo abbiamo in san Rocco: pellegrino non riconosciuto, messo in prigione. Viene riconosciuto solo dopo la morte, dal segno di croce sul petto. Così è di ogni pellegrino: trova riconoscimento pieno alla fine del viaggio. Non è l’Ulisse dantesco: il viaggio cristiano ha sempre una meta. E Manzoni commenterebbe: da la meta/ mai non torcer gli occhi (In morte di Carlo Imbonati). Don Piergiorgio si richiama al gran San Bernardo, non il cane buono, ma a San Bernardo, anche se molto hanno in comune, e ad Ildegarda di Bingen: mistici medievali sommi. Richiama più volte anche il maestro Ugo di San Vittore, a parte le citazioni dotte che si richiamano alla sapienza antica riportate a principio di ogni capitoletto. Come questa prima coppia, anche Angelo e Clelia, e l’altra successiva coppia, Giovanni ed Amelia, intraprendono il cammino, che è anche un cammino esoterico, che li porta sempre verso una cattedrale, Troyes in primo luogo (“Senza cattedrali non si può vivere”, commenta il Nostro), capoluogo dei Templari, a ricevere l’investitura, ognuno in modo diverso. Un po’ queste mistiche coppie ci ricordano Chiara e Francesco, Abelardo ed Eloisa. La coppia rappresenta l’umanità completa che si presenta a Dio. Le vicende di Angelo sono legate poi alla Terza Crociata, dove il giovane templare cavaliere dà prova delle sue notevoli doti nell’arte della guerra, tanto da essere promosso maresciallo. Il libro si conclude con la maledizione che il Gran Maestro Giacomo de Molay, arso vivo sul rogo, assieme al compagno di prigionia Goeffrey de Charney, sull'isola dei Giudei, sulla Senna, lancia alla Francia. Questa maledizione ancora grava sulla storia della nazione francese. Come ci ricorda don Piergiorgio: «Gesù è morto in croce per liberarci dalla schiavitù di un sistema teocratico forte per le opere e non per la fede». Dio stesso paradossalmente vuol liberarci dalla religione, cioè dai vincoli, che spesso sono umani, più che divini, per incamminarci verso di lui. La vita è pellegrinaggio, cammino verso Dio. In questo senso potemmo dire che Gesù è stato il vero rivoluzionario, che ha voluto salvarci da una religione teocratica e da una religione, per così dire marxianamente e freudianamente “oppiacea”, cioè allucinatoria, per riportarci sui passi reali. La vicenda dei Templari ha suscitato poi sempre interessi e remore: è stata una vera ingiustizia, comminata dalla ragion di stato. Il libro di don Piergiorgio riprende in maniera esemplare questi temi forti.

Vincenzo Capodiferro

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