14 ottobre 2020

“ITALIA IN ARTE E ITALIAN AND EMIRATES PAVILLIONS” a cura di Marco Salvario

 

ITALIA IN ARTE E ITALIAN AND EMIRATES PAVILLIONS”

Museo MIIT – C.so Cairoli 4, Torino

17 settembre – 23 ottobre 2020

a cura di Marco Salvario




La mostra itinerante “Italia in Arte” partita dagli Emirati Arabi Uniti, si è fermata a Torino una settimana prima di proseguire per Fonte dei Marmi e Roma. Presenta artisti di molti paesi diversi: Italia, Siria, Perù, Canada, Guatemala, El Salvador, Iran, Olanda, Libano, Ucraina, Spagna, Albania, Francia, Haiti, Argentina, Messico, Romania e ovviamente Emirati Arabi Uniti. Nella tappa a Torino presso il museo Miit, Museo Internazionale Italia Arte, alle opere del nucleo base si sono affiancate quelle di alcuni maestri del Miit, rendendo le stanze e le pareti dense, in certi casi sovraccariche, di messaggi e suggestioni. Stili, ispirazioni, culture e personalità diverse parlano al visitatore in un coro cacofonico, che magicamente riesce a fondersi in un’unica armonia.

Questo articolo si soffermerà solo su alcuni lavori dei maestri del Miit.



Il settantenne artista siciliano Giuseppe Oliva riesce nelle sue opere a ricreare con amore e passione i riflessi e i colori cangianti del mare. I due oli su tela presentati, come suggerisce uno dei due titoli, sono l’emozione di un ricordo, una poesia descritta col pennello, perché spesso dove le parole non riescono ad arrivare, può giungere la pittura.

Dai quadrati di Oliva, passiamo ai cerchi di Roberta Gulotta, scudi luminosi di un metro di diametro in cui galleggiano oggetti del presente e del passato in una danza di immagini quasi trasparenti, oblò aperti su un mondo fantastico e perduto: anche qui ricordi, ricerca e rimpianto, nell’angoscia del tempo che non si ferma e che trascina via tutto con sé.



Ammirare le opere di Andrea Zanchi è come immergersi in un mare di simboli nascosti e immagini accennate, che suggeriscono complesse verità e svaniscono nello stesso attimo in cui si crede di averle raggiunte. Artista torinese, nato come me nel 1961, offre tracce lievi di una realtà inseguita e mutata a un livello metafisico. In “Architettura prospettica – Strutture verticali”, le linee parlano di una via stretta, di case che sono quasi ruderi, di un’arcata asimmetrica, lasciando immaginare a chi l’ammira molto di più di quanto è realmente sulla tela; ancora più nascosti e intriganti i messaggi di “Visione della legge mistica” e di altre opere, dove è l’intuizione a guidare l’interpretazione tra i possibili livelli d’introspezione.



Si torna al cerchio con Silvia della Rocca, credo sarebbe più corretto definirlo tondo, forma che ricorda un pianeta di magma incandescente come in “Red Moon” oppure in fase di condensazione come in “Gold Moon”, mentre il mondo evocato diventa freddo e lontano, perso ai limiti del sistema solare, in “Cosmos”. I colori densi riflettono le luci e le ombre degli ambienti come specchi che oltre l’opera catturano il visitatore stesso.



Segnalazioni colpevolmente veloce che spero di potere ampliare in futuro per “Luce” di Antonio Saporito, “Cavallo”, scultura in ferro di Carlo Bellomonte, “L’Emiro” di Fabiana Macaluso e “Mari del Sud” di Attilio Azimonti.


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