03 dicembre 2018

Una bellezza lontana di Sara Comuzzo a cura di Vincenzo Capodiferro


UNA BELLEZZA LONTANA
Una raccolta di componimenti avvincente e profonda di Sara Comuzzo

Una bellezza lontana” è una raccolta di poesie di Sara Comuzzo, edita da Gnasso Editore, Giugliano (NA), settembre 2018. Sara Comuzzo è nata ad Udine nel 1988. Ha girato il mondo, essendo vissuta in Canada, Scozia, Australia, Nuova Zelanda, Africa, Irlanda ed Inghilterra. Queste sue esperienze di vita le ritroviamo nei suoi versi. Ha vinto, tra l’altro, il premio “Valerio Gentile” con una raccolta di racconti: “Dove nessuno può cadere”, edita da Schena nel 2014. Molte sue poesie e recensioni sono apparse su riviste on line e siti letterari. «”Una bellezza lontana” è la storia di una relazione che si sfalda e cade giù, come neve finta nelle palle di vetro …». Si divide in tre parti: E noi [C’era una volta]; Il nulla e il chiasso che segue; Ora che anche le formiche. La raccolta di Sara Comuzzo rivela uno stile libero, a volte aggressivo, in un dispiegarsi continuo, come un torrente inarrestabile di emozioni, che fremono nelle più svariate situazioni esistenziali. Sono questi i «Vicoli ciechi», o le «Conchiglie». Vi sono parole messe là, incastonate in un mosaico surreale. Così lo stile di Sara si dimena tra radici ermetiche ed effusioni impressionistiche. La poetica oggi si avvale di espressioni frammentarie. I frammenti, però, non sono disgiunti e separati, ma si ricollegano idealmente al Logos, al Discorso. Discorso indica appunto il flusso interminabile del Logos: ciò che scorre sempre, come l’etere. Il Discorso è il Panta Rei eracliteo. Data la complessità del testo ci soffermiamo solo su alcune tematiche. «Rimane un lampione, ormai rotto, … rendere una bellezza lontana/ il ricordo dopo il buio». La bellezza è un ideale eterno e quasi trascendente, ma che si materializza come luce: il post obscurum. Il post obscurum è molto simile al post partum. L’uscir fuori alla luce del nascituro è un trauma, bagnato da lacrime e accompagnato da vagiti, provoca angoscia, ansia. Ansia e angoscia derivano dalla radice “stretto”: uscire da una porta stretta verso la luce. Così fa il seme dopo la morte a spuntare dalla terra viva. “Dopo il buio” si vede il bello maggiormente, nello stacco dell’opposizione. Il tema del tempo ricorre sempre nei versi di Sara. Prendiamo alcuni esempi, come in “Orologi”: «Rimane il nonostante oltre l’ancora». Resta forte il motivo della trascendenza esistenzialista del tempo, in una visione futurista. Il passato corre velocemente, il presente è già passato, cosa resta? Il futuro. L’essenza del tempo è l’ancora. Il naufragio della temporalità si aggrappa a quell’ancora dell’ancora. Il dolce naufragio del Titanic umano (cioè del titanismo) si attua romanticamente nel naufragio leopardiano nell’Infinito. Anche in “Deserti”: «Ho paura della fretta degli orologi/ dell’indifferenza dei calendari,» ricorre il tema bergsoniano del tempo spazializzato. Per l’anima esiste solo il presente, che in Agostino era concepito come presente del presente, o intuizione, presente del passato, o ricordo, e presente del futuro, o attesa. L’altro tema predominante è quello dell’amore, che si interseca col tempo: «Anche le mantidi si innamorano». L’amore è una qualità universale della Natura, che può assumere anche risvolti oscuri, come d’odio, ma non se ne può fare a meno. Max Sceler sosteneva che non si può amare senza aver prima odiato. Tutta la raccolta «è la biografia di una coppia, il suo necrologio; morte naturale, incendio doloso, uccisione volontaria, pura causa degli eventi. due voci si alternano, in un incontro/scontro di ciò che si è peso e quello che rimane oltre l’ultimo grammo di solitudine e risentimento». «La sete d’amore è peggiore/ se inferiore/ alla fame di aspettative,» leggiamo in “Insetti”. «Ogni volta che mi chiami Amore/ mi chiedi di essere qualcuno che non sono». In “Solo le rondini capiscono”: «Quando pensi tutto sia finito/ cambia città/ ascoltane le grondaie». Così la vita di Sara pare un’odissea infinita, un omerico viaggio, senza meta, senza porti: questa è l’Australia, questa la Nuova Zelanda, fino all’Inghilterra, tutte isole, grandi e piccole. Così i continenti sono grandi isole nell’oceano infinito. Ma la fuga dall’amore non sfugge all’amore, perché noi siamo amore. La nostra essenza è l’amore, è come aria che respiriamo. E così finisce questa raccolta: «Correre a perdifiato non per raggiungerti/ ma per scappare dal ricordo/ dell’amore/ ora che anche le formiche/ se ne sono andate …». D'altronde come diceva Pessoa: L’amore è uno scampolo mortale di immortalità. Questo viaggio infinito continuerà anche dopo la morte, perché noi non possiamo liberarci dell’amore, mai! E la stessa parola amore, deriva dalla radice indoeuropea non-morte. L’amore è ciò che resiste alla morte. E lo conferma il Cantico:
Mettimi come sigillo sul tuo cuore,
come sigillo sul tuo braccio;
perché forte come la morte è l’amore,
tenace come gli inferi è la passione:
le sue vampe sono vampe di fuoco,
una fiamma del Signore!
Le grandi acque non possono spegnere l’amore
né i fiumi travolgerlo.

Vincenzo Capodiferro

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