UNA
BELLEZZA LONTANA
Una
raccolta di componimenti avvincente e profonda di Sara Comuzzo
“Una
bellezza lontana” è una raccolta di poesie di Sara Comuzzo, edita
da Gnasso Editore, Giugliano (NA), settembre 2018. Sara Comuzzo è
nata ad Udine nel 1988. Ha girato il mondo, essendo vissuta in
Canada, Scozia, Australia, Nuova Zelanda, Africa, Irlanda ed
Inghilterra. Queste sue esperienze di vita le ritroviamo nei suoi
versi. Ha vinto, tra l’altro, il premio “Valerio Gentile” con
una raccolta di racconti: “Dove nessuno può cadere”, edita da
Schena nel 2014. Molte sue poesie e recensioni sono apparse su
riviste on line e siti letterari. «”Una bellezza lontana” è la
storia di una relazione che si sfalda e cade giù, come neve finta
nelle palle di vetro …». Si divide in tre parti: E
noi [C’era una volta]; Il nulla e il chiasso che segue; Ora che
anche le formiche. La
raccolta di Sara Comuzzo rivela uno stile libero, a volte aggressivo,
in un dispiegarsi continuo, come un torrente inarrestabile di
emozioni, che fremono nelle più svariate situazioni esistenziali.
Sono questi i «Vicoli ciechi», o le «Conchiglie». Vi sono parole
messe là, incastonate in un mosaico surreale. Così lo stile di Sara
si dimena tra radici ermetiche ed effusioni impressionistiche. La
poetica oggi si avvale di espressioni frammentarie. I frammenti,
però, non sono disgiunti e separati, ma si ricollegano idealmente al
Logos, al Discorso. Discorso indica appunto il flusso interminabile
del Logos: ciò che scorre sempre, come l’etere. Il Discorso è il
Panta
Rei
eracliteo. Data la complessità del testo ci soffermiamo solo su
alcune tematiche. «Rimane un lampione, ormai rotto, … rendere una
bellezza lontana/ il ricordo dopo il buio». La bellezza è un ideale
eterno e quasi trascendente, ma che si materializza come luce: il
post
obscurum.
Il post
obscurum
è molto simile al post
partum.
L’uscir fuori alla luce del nascituro è un trauma, bagnato da
lacrime e accompagnato da vagiti, provoca angoscia, ansia. Ansia e
angoscia derivano dalla radice “stretto”: uscire da una porta
stretta verso la luce. Così fa il seme dopo la morte a spuntare
dalla terra viva. “Dopo il buio” si vede il bello maggiormente,
nello stacco dell’opposizione. Il tema del tempo ricorre sempre nei
versi di Sara. Prendiamo alcuni esempi, come in “Orologi”:
«Rimane il nonostante oltre l’ancora». Resta forte il motivo
della trascendenza esistenzialista del tempo, in una visione
futurista. Il passato corre velocemente, il presente è già passato,
cosa resta? Il futuro. L’essenza del tempo è l’ancora. Il
naufragio della temporalità si aggrappa a quell’ancora
dell’ancora. Il dolce naufragio del Titanic umano (cioè del
titanismo) si attua romanticamente nel naufragio leopardiano
nell’Infinito. Anche in “Deserti”: «Ho paura della fretta
degli orologi/ dell’indifferenza dei calendari,» ricorre il tema
bergsoniano del tempo spazializzato. Per l’anima esiste solo il
presente, che in Agostino era concepito come presente del presente, o
intuizione, presente del passato, o ricordo, e presente del futuro, o
attesa. L’altro tema predominante è quello dell’amore, che si
interseca col tempo: «Anche le mantidi si innamorano». L’amore è
una qualità universale della Natura, che può assumere anche
risvolti oscuri, come d’odio, ma non se ne può fare a meno. Max
Sceler sosteneva che non si può amare senza aver prima odiato. Tutta
la raccolta «è la biografia di una coppia, il suo necrologio; morte
naturale, incendio doloso, uccisione volontaria, pura causa degli
eventi. due voci si alternano, in un incontro/scontro di ciò che si
è peso e quello che rimane oltre l’ultimo grammo di solitudine e
risentimento». «La sete d’amore è peggiore/ se inferiore/ alla
fame di aspettative,» leggiamo in “Insetti”. «Ogni volta che mi
chiami Amore/
mi chiedi di essere qualcuno che non sono». In “Solo le rondini
capiscono”: «Quando pensi tutto sia finito/ cambia città/
ascoltane le grondaie». Così la vita di Sara pare un’odissea
infinita, un omerico viaggio, senza meta, senza porti: questa è
l’Australia, questa la Nuova Zelanda, fino all’Inghilterra, tutte
isole, grandi e piccole. Così i continenti sono grandi isole
nell’oceano infinito. Ma la fuga dall’amore non sfugge all’amore,
perché noi siamo amore. La nostra essenza è l’amore, è come aria
che respiriamo. E così finisce questa raccolta: «Correre a
perdifiato non per raggiungerti/ ma per scappare dal ricordo/
dell’amore/ ora che anche le formiche/ se ne sono andate …».
D'altronde come diceva Pessoa: L’amore
è uno scampolo mortale di immortalità. Questo
viaggio infinito continuerà anche dopo la morte, perché noi non
possiamo liberarci dell’amore, mai! E la stessa parola amore,
deriva dalla radice indoeuropea non-morte. L’amore è ciò che
resiste alla morte. E lo conferma il Cantico:
Mettimi
come sigillo sul tuo cuore,
come
sigillo sul tuo braccio;
perché
forte come la morte è l’amore,
tenace
come gli inferi è la passione:
le
sue vampe sono vampe di fuoco,
una
fiamma del Signore!
Le
grandi acque non possono spegnere l’amore
né
i fiumi travolgerlo.
Vincenzo
Capodiferro
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