08 giugno 2010

"Perché una madre viene separata dai suoi figli" di Lorenza Mondina

PERCHE' UNA MAMMA VIENE SEPARATA DAI SUOI FIGLI

Qualche tempo fa avevo acceso la televisione e distrattamente prestavo un orecchio a quanto scorreva sul video: era l’ennesima mamma che invocava ad alta voce la restituzione dei suoi figli, che le erano stati ingiustamente tolti, senza alcun motivo dichiarato; e per l’ennesima volta ho sentito dentro di me la necessità ed il desiderio che un’altra storia non prendesse la stessa standardizzata immagine.

Come è consuetudine della Tv dei nostri giorni, i programmi maggiormente in onda hanno come tema dominante le storie della gente, quella “gente comune” nella quale ognuno di noi dovrebbe riconoscersi e con la quale solidarizzare. Così la storia di questa mamma si è sviluppata a partire dalla descrizione del tragico allontanamento dei/l figli/io e di quanta inumanità c’è in un gesto di questo genere, perpetrato da chi ne ha potere. Di fronte a tale straziante descrizione mi ritrovo a parlare da sola nella stanza, a chiedere se nessuno ha mai la curiosità di capire il perché accadono queste cose. Perché? Perché una madre viene separata dai suoi figli? Chi si permette di intraprendere un’azione giudicata ancora così crudele dalla società in cui viviamo?
Mi piacerebbe portare un nuovo punto di vista su questa tematica, che poi, a mio avviso, tanto nuovo non è, ovvero su cosa ha portato a percorrere questa strada, e come si è giunti ad una decisione di tale portata. Ad occuparsi dei diritti dei minori, sia per quanto riguarda aspetti giuridici sia per quanto riguarda aspetti più tecnici legati al sostegno sociale, educativo e psicologico, sono professionisti (giudici, psicologi, assistenti sociali, educatori, neuropsichiatri infantili) con una preparazione professionale specifica; tenendo a mente questo primo assunto, dovremmo già essere in grado di partire dal presupposto che la scelta compiuta dovrebbe avere delle radici di riflessione profonde, come approfondito e dettagliato deve essere il lavoro che l’ha accompagnata.
Da qui, dalla fiducia nella professionalità delle persone che, talvolta loro malgrado, si trovano a dover disporre un allontanamento di un minore dalla sua famiglia di origine, possiamo prenderci poi la libertà di riflettere su quali possono potenzialmente essere le motivazioni, i contesti ambientali che possono non essere adeguati allo sviluppo emotivo e psico-fisico di un bambino.
Perché ci sono, questo non lo si può negare, esistono contesti in cui un bambino può non crescere sereno, non avere gli stimoli adeguati a farlo crescere in maniera equilibrata, ed è proprio qui che l’opinione del mondo si divide prevalentemente tra l’emisfero di coloro che pensano che la genitorialità vada salvaguardata ad ogni costo, e l’emisfero di coloro che credono invece che la presenza di un genitore inadeguato possa essere più dannoso della sua assenza.
Non è mia intenzione illustrare perché ritengo che un emisfero sia più giusto dell’altro, ma vorrei soltanto porre l’accento sul fatto che un minore allontanato è un minore a rischio di incolumità, fisica e/o psicologica, è un minore al quale si prova a fornire una possibilità in più, allontanare un bambino non è cosa facile, non si fa a cuor leggero e la speranza di regalargli una carezza che non ha ricevuto all’interno di quel contesto favorevole che dovrebbe essere la famiglia, talvolta rende un po’ meno duro il tragitto per andarlo a prendere e portarlo in un nuovo posto.
Questi risvolti restano sempre nell’ombra, le motivazioni non finiscono al telegiornale o nei programmi di storie quotidiane di gente comune, i professionisti non parlano, perché, talvolta, “fare” è l’unica cosa che resta, quando le strade da percorrere sono terminate, senza successi.
E a quel punto, a nulla possono e devono valere gli appelli accorati di conduttori televisivi che ci vogliono ancora far credere nelle favole.

(c) Lorenza Mondina
Foto di Miriam Ballerini

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