12 ottobre 2009

Libri: "L'alfier nero" di Arrigo Boito

La narrativa di Arrigo Boito, così come la sua poetica, è caratterizzata da una serie di antitesi: tra virtù e peccato, sorriso e angoscia, luce e ombra… Il nuovo classico di ALBUSedizioni riporta tre delle sue novelle e si apre proprio con un racconto molto coinvolgente, che ci trascina su una scacchiera come fossimo su un campo di battaglia, in una guerra in cui si scatena tutta la ferocia umana e si accanisce contro le diversità altrui. “Le torri, le pedine, i cavalli, la regina stessa attorniavano, obbedivano, difendevano quell’alfiere. Era appunto l’alfiere ch’era stato rotto e aggiustato dall’Americano; un filo sanguigno di ceralacca gli rigava la fronte e, calando giù per la guancia, gli circondava il collo. Quel pezzo di legno nero era eroico a vedersi; pareva un guerriero ferito che s’ostinasse a combattere fino alla morte; la testa insanguinata gli crollava un po’ verso il petto con tragico abbattimento; pareva che guardasse anche lui, come il negro che lo giuocava, la fatale scacchiera; pareva che guatasse di sott’occhi l’avversario e aspettasse stoicamente l’offesa o la meditasse misteriosamente. Nel cervello di Tom quello era il pezzo segnato della partita; egli vedeva colla sua immaginosa e acuta fantasia diramarsi sotto i piedi dell’alfier nero due fili, i quali, sprofondandosi nel legno del diagramma e passando sotto a tutti gli ostacoli nemici, andavano a finire come due raggi di mina ai due angoli opposti del campo bianco”. L’alfier nero è una novella molto densa nelle sue descrizioni, che per lo più pongono l’accento sull’egoismo, sull’ambizione, sull’aggressività, e sull’irascibilità umana, che possono sfociare fino alla follia.Stesse caratteristiche ritroveremo nell’ultimo racconto, Il pugno chiuso, che in più ci mostra un altro aspetto: l’avidità. “Il fiorino rosso era nel centro del cervello di Levy come un ragno nel mezzo della sua tela, tutti i pensieri di Simeòn cadevano nel fiorino d’oro”.Il bene e il male sono sempre in contrasto nelle novelle e nelle poesie di Boito, autore anche del Dualismo, considerato un manifesto delle irrequietudini degli scapigliati. Dai suoi racconti però emerge anche tanto romanticismo, che in questa piccola raccolta è racchiuso tutto nel racconto centrale, Iberia. “La storia che raccontiamo è l’eterna storia dell’amore nell’eterno paese della poesia; non mettiamo date all’eternità.[…] Estebano era un fiore vivace con un profumo gentile. Elisenda era un fiore gentile con un profumo vivace. Il gherofano e la viola avevano fra essi scambiato l’olezzo, e per ridonarselo entrambi era forza che l’uno penetrasse nell’essenza dell’altra”.
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Poeta, narratore e compositore, Arrigo Boito nasce a Padova il 4 febbraio 1842 e muore a Milano il 10 giugno 1918. La sua poetica ripercorre quasi sempre il tema disperato e romantico del conflitto fra il bene e il male, e il Mefistofele, il melodramma che ha segnato la sua notorietà insieme ai libretti d’opera, ne costituisce l’esempio più emblematico. La sua produzione si compone anche di poesie, novelle e saggi critici.
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Fonte: Elena Grande - www.albusedizioni.it

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