24 settembre 2006

"Chiedi alla polvere" di John Fante

di Augusto da San Buono
Il Comandante Mariano Marrone, di Guardiagrele (Chieti), era imparentato con la famiglia Fante, e molti anni fa, prima di diventare ufficiale di porto, Mariano era imbarcato su un Mercantile come Ufficiale di Macchina, quindi capitava di frequente negli States, dove aveva fatto amicizia con i Fante americani, in specie Frank, il nipote dello scrittore John; ebbe anche occasione di incontrare John e me ne parlò, a Roma, quando eravamo insieme al Ministero. Io ero molto incuriosito, ma Mariano mi deluse: “per la verità l'ho visto e ci ho parlato una sola una volta e tuttavia m'è parso chiaro che si trattasse di un "wope", cioè il tipico italo-americano non integrato, nonostante lavorasse a Hollywood come sceneggiatore. L'ideologia sottesa nel libro “Chiedi alla polvere” è da non integrato, o peggio da sradicato, o peggio ancora, da assediato, come accade ai gruppi etnici minoritari ed emarginati delle grandi città americane, un’ideologia che puo’ dar frutti " mostruosi". Gli italiani d'America per moltissimo tempo hanno rappresentato un caso tipico di comunità "assediata" , che si barricava a difesa dei propri valori e delle proprie caratteristiche di razza e di cultura per reagire all'ostilità dell'ambiente sociale. Con il risultato che fino a qualche tempo fa l'italo-americano non era più un italiano, ma neppure compiutamente un americano, perchè si comportava in modo tale da apparire un fenomeno sociologico e culturale aberrante, una commistione confusa di sentimenti, aspirazioni, e convinzioni contrastanti, il che senza dubbio ritardava l'integrazione nella società americana e la sua definitiva promozione al rango dei cittadini americani di origine nord-europea. L'Italo americano non era considerata pertanto "bianco"; faceva parte della popolazione "grigia" degli States che corrispondeva ad una condizione di media inferiorità, a metà strada tra gli americani di colore e gli americani bianchi. Questo è stato a lungo il pericolo per i meridionali, cioè nel farsi essi stessi esiliati in patria.
Fante per tutta la vita soffrì di questo complesso, probabilmente. Di fare lo sceneggiatore gli interessava molto poco, la sua ambizione era di essere riconosciuto per quel che sentiva di valere come scrittore, scrittore intenso, di raro equilibrio, nuovo, originale, al punto tale da essere ammirato e preso come modello dal grande Charles Bukowski. Ma anche Elio Vittorini intuì la sua grandezza di scrittore e non esitò a tradurlo e farlo stampare, in Italia, già nel 1941, quando la fama di Fante come scrittore era praticamente zero. E infatti in Italia il suo libro “Chiedi alla polvere” fu un fallimento. Ma il suo "Arturo Bandini", scrive Santoro, "ci trasporta in un universo marginale, fatto di squallidi albergi e di locali dozzinali; uno straordinario viaggio interiore, un percorso tra i pensieri e i sentimenti di un giovane di vent'anni, con le sue ingenuità e contraddizioni ma anche con la sua sostanziale nobiltà ed elevatezza spirituale".

“Molti scrittori americani - scrive Capossela, grande estimatore di Fante - hanno reso grande il mito dell’America asfaltandone le strade, cantando i posti di ristoro, gli occhi di marmellata delle cameriere, il fresco, la penombra dei bar prima dell’assalto della sera. John Fante ha fatto tutto questo, ma, a differenza di Bukowskj, il Cristo che l’ha resuscitato in vita, ha conservato anche gli occhi italiani, occhi malinconici, occhi di sua madre, ostia sacra, sacrificio della carne della Famiglia”.
“Chiedi alla polvere” mi fa lo stesso effetto che faceva a lui leggere Dostoevskij . Maccheroni riscaldati e bestemmie, il velo di caglio ossidato e la tazza iridescente del tè senza limone. La sua scrittura scioglie il nodo del risentimento, ti permette di abbracciare i tuoi vecchi nella loro disgrazia, nella loro miseria, nel loro decadimento… Io me lo ricordo, il vecchio John - scrive Diego Ramirez , che gli fu amico dai tempi di Hollywood-, poco prima di morire , era cieco e malato di diabete, dettava alla moglie il suo ultimo romanzo, “Sogni di Bunker Hill” e lì dentro c’era c’è tutto il dramma e il destino degli immigrati italiani in America …
John Fante era uno scrittore vero, - mi dice Marone - ma uno di quelli che hanno bisogno di tempo per essere riconosciuti… Era un minimalista, ma proprio questa è la sua grandezza. I veri grandi sono i minori. Non è un paradosso, è una verità. Lui era come l'allodola greca , nata prima di tutte le altre creature, anzi prima della stessa terra, nata da un padre che morì di malattia quando la terra ancora non esisteva. Dopo cinque giorni di insepoltura, l’allodola seppellì il padre nella propria testa e amen. E’ chiaro che la terra che ancora non esisteva era l'America, mentre il padre, - che gli era morto addosso con la canottiera impregnata di vino e di sudore da scalpellino abruzzese sempre incazzato - era l'Italia.
(Chiedi alla polvere - J. Fante - Einaudi - euro 9.50 - 2004)

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