02 luglio 2006

"Gli amanti del lago. Sotto il sole di mao" di Shen Dali

di Elisabetta Costa (tratto da La Prealpina del 13 ottobre 2005)

Se volete avere un panorama preciso della Cina del ventesimo secolo, se volete incontrare un nuovo autore di narrativa, se volete leggere un bel romanzo, come quelli che non si trovano (quasi) più, allora prendete l’ultimo romanzo di Shen Dali, Gli amanti del lago. Sotto il sole di mao, Spirali, agosto 2005.
Shen Dali è nato a Yan’an nel 1938 ed è autore di romanzi, poesie, saggi, pièce di teatro in Cina, in Francia e in Italia. Traduce in francese e in cinese, è docente e direttore delle tesi di dottorato all’università di lingue straniere di Pechino.
L’ho incontrato in occasione dei congressi che si tengono alla villa San Carlo Borromeo e la lettura di questo suo romanzo mi ha piacevolmente sorpreso, innanzitutto per la lingua. Lingua sobria e pragmatica, intervallata da brevi poesie o dell’autore o di altri autori noti e notissimi in Cina.
Con il pretesto di una storia d’amore, una di quelle impossibili, alla dottor Zivago o alla Anna Karenina, Shen Dali racconta la storia di un “intoccabile” nella Cina di Mao.
“Destrorso da uno jiao” era il nomignolo affibbiato a Yi Mong, professore di francese all’università di Pechino, controrivoluzionario, e perché ? Perché nell’autunno del 1957 aveva dato uno jiao, che nel 1960 equivaleva a 10 centesimi di franco francese, a un amico che glielo chiedeva per fondare una rivista libera di studenti.
Nell’estate 1957 Mao Zedong lanciava la campagna di “rettificazione dello stile di lavoro”, più nota in Occidente con il nome di “modernizzazione”.
Questa campagna invitava i cittadini a battersi contro la burocrazia, il dogmatismo, il settarismo che “contaminavano il Partito”. Tuttavia, presto, il clima politico cambiò bruscamente. Il “Quotidiano del popolo”, l’organo centrale del partito popolare cinese, pubblicò una serie di articoli, denunciando gli elementi “malintenzionati” che cercavano di utilizzare il movimento in corso per mettere in questione la direzione del partito.
L’amico fondatore della rivista studentesca era finito in quella lista. Emblematico il processo che i compagni di università fanno a Yi Mong:”In effetti, ho dato uno jiao per quel bollettino di cui non conoscevo neppure il nome”. […] “Sporco mentitore! Non sai che si contrappone la democrazia occidentale alla direzione del Partito e che i fautori della gestione democratica della scuola cercano di prendere il potere!”, sbraitò il segretario della Lega. “Uno jiao è una somma insignificante, e tuttavia è una freccia avvelenata che tu scagli sul Partito. Il tuo gesto è di per sè grave e rivela che sei un membro antipartito nascosto nei nostri ranghi…!”. Poi fu il turno degli altri membri della Lega […]: “Yi Mong ha sempre trascurato la rieducazione ideologica. Ha letto Il rosso è il nero ed è stato conquistato dalla spirito di rivolta piccolo borghese di Julien Sorel; è evidente che non può che opporsi alla dittatura del proletariato esercitata dal nostro grande e glorioso Partito comunista”. “Figuratevi che suona il violino, e la sua aria preferita è Airs bohèmiens. Quindi s’identifica con un vagabondo. Che cosa significa questo, se non che critica il nostro sistema ? E’ immerso fino al collo nel pantano antipartito, e deve essere escluso dalla lega della gioventù ”.
Sbalordito Yi Mong ascoltava a fatica. Cercava il modo di difendersi, ma il presidente della riunione non gli diede neanche la parola. Finiti i discorsi di denuncia, si lesse il verdetto finale della cellula della Lega, già ratificato in precedenza dalla direzione universitaria del Partito, a norma del quale Yi Mong fu classificato come destrorso, escluso dalla Lega della gioventù comunista e sottoposto alla rieducazione attraverso i lavori forzati. Ormai, avrebbe portato il “cappello di destrorso”, un etichetta immaginifica inventata da Mao Zedong in persona e affibbiata ad ogni elemento antipartito, proprio come, anticamente, un forzato era bollato a fuoco. L’ultima tappa della procedura fu la firma della sentenza da parte dell’interessato…”.
Dopo questa assurda condanna, Yi Mong venne ancora condannato di sottrazione di beni dello stato per aver dato un po’ di pastura per i maiali, durante i lavori forzati, , alla figlioletta di una contadina affamata.
Leggendo questo racconto si constata come l’ideologia si avvalga di un linguaggio senza materia, di frasi che non seguono un ragionamento, ma che sottendono sempre un fine e, di solito, il fine coincide con la soppressione dell’altro, supposto nemico. Una bella lezione, soprattutto pensando che la storia di Yi Mong è la storia stessa di Shen Dali.

(Gli amanti del lago. Sotto il sole di Mao, Shen Dali, Edizioni Spirali, p. 308, 2005)

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