03 febbraio 2013

La connoisseurship ottocentesca di Maurizio Lorber

"Vedere, riconoscere e interpretare. Strategie cognitive e criteri d'interpretazione della connoisseurship ottocentesca" di Maurizio Lorber.
Collana Sguardi- Saggistica, Edizioni Kolibris
.


La connoisseurship ha una storia appassionante, costellata di approcci differenti e modelli mutevoli. Se ne ricercano le premesse nell’Antichità, la sua costituzione effettiva risale a Vasari e ai primi storiografi, quando s’impose a poco a poco la necessità di dare un nome d’autore alle opere che si trovavano nelle chiese e nei palazzi, poi, a partire dal XVII secolo, a quelle contenute nelle grandi collezioni. Con la nascita dei musei pubblici alla fine del XVIII secolo, ma anche con lo sviluppo senza precedenti del mercato dell’arte, gli esperti si moltiplicano in tutta Europa. Si conta perciò sulle loro competenze per stabilire con rigore il catalogo ragionato dell’opera dei grandi maestri e raffinare la storia della creazione artistica in funzione di paesi, periodi e scuole. La scelta di Lorber di porre l’attenzione sul XIX secolo è assolutamente pertinente. Infatti, per varie ragioni, questo periodo si rivelerà essere decisivo. In primo luogo, perché l’idea che l’opera d’arte sia un oggetto unico creato da un artista unico si è ritrovata rafforzata dall’esaltazione romantica del genio creatore e della sensibilità individuale. È a partire da quel momento e fino al XIX secolo che i pittori e gli scultori hanno iniziato a dare sistematicamente forma alle proprie opere. Ed è ancora a partire da quel momento che la storia dell’arte ha cominciato a evolversi in una vera e propria disciplina scientifica: ormai i dipinti e le sculture erano acquisiti come documenti storici, prima di essere studiati sulla base di concetti precisi. A quei tempi, i primi connoisseurs professionisti s’incaricavano di scovare le opere dei grandi maestri perché potessero trovare posto in seno ai musei pubblici o a particolari collezioni prestigiose. Ne sono testimonianza i lavori condotti da Gustav Friedrich Waagen, il primo direttore della la Gemäldegalerie di Berlino, per compilare i cataloghi dei musei di Francia, Inghilterra e Russia. Sotto questi aspetti differenti, l’opera che stiamo per leggere è ricca d’informazioni. Ma se occupa un posto singolare, è anche perché offre prospettive teoriche e critiche su approcci metodologici che hanno accordato il primato alle informazioni visive.
dalla prefazione di Martial Guédron
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