The game di Alessandro Baricco - a cura di Claudio Giuffrida
The Game
di Alessandro Baricco – Editore Einaudi - pag. 324 - 2018 a cura di Claudio Giuffrida
Sono passati alcuni anni dall’uscita di questo THE GAME ma risulta assolutamente attualissimo e perfetto per comprendere cosa è successo in questi 30 anni di evoluzione del digitale, un racconto piacevolissimo che per gradi porta il lettore attraverso la storia da cui tutto è nato e attraverso i cambiamenti che questa rivoluzione ha prodotto.
Baricco traccia una sorta di continuità con il suo precedente I Barbari (Einaudi-2006) , un saggio sulla mutazione, una conversione collettiva a nuove tecniche di sopravvivenza verso un cambio di paradigma, contro il ricorrere alla narrazione del declino, alla compiaciuta denuncia di un qualche apocalisse in arrivo.
Nel THE GAME ripercorre i cambiamenti di questi ultimi decenni in cui il digitale ha apportato, con la ricostruzione accurata degli eventi e soprattutto con attente riflessioni su quella mutazione che si è di fatto realizzata. Un abbinamento importante tra rivoluzione tecnologica e metamorfosi antropologica, un avvincente percorso di consapevolezza per essere presenti ai cambiamenti nella nostra vita quotidiana di ora.
“Pensiamo che i computer abbiano generato una nuova forma di intelligenza, ma è un nuovo tipo di intelligenza che ha generato i computer: una certa mutazione mentale si è procurata gli strumenti adatti al suo modo di stare al mondo”.
Rivoluzione tecnologica e rivoluzione mentale: la capacità di generare una nuova idea di umanità: “L’uomo nuovo non è quello prodotto dallo smartphone è quello che lo ha inventato, che ne aveva bisogno”.
C’è lo scorrere delle tappe delle date di questa rivoluzione che fa partire dal 1978, l’epoca dei videogame, ma è negli anni 80 che il computer diventa personal, uno strumento personale, individuale concedendo a qualsiasi individuo quello che stato creato per essere di pochi, un fatto visionario soprattutto per allora pensare che il computer sarebbe finito sulle nostre scrivanie, riuscendo a scomporre il potere e distribuirlo alla gente.
Nel 1991 c’era un solo sito web mentre al momento di scrivere il libro i siti erano diventati 1 miliardo 284 mila 792, una ragnatela grande come il mondo: il World Wide Web.
Quindi la rivoluzione digitale nasceva da questi due passaggi, realizzare i personale computer e metterli in rete tra di loro a cui si aggiungeva la possibilità di digitalizzare testi, suoni, immagini.
Ridurre allo stato liquido i dati che contenevano il mondo in modo da poterli far scorrere a tutta velocità nelle case degli umani: come in un acquedotto che facesse circolare informazioni personali, merci e mappe dell’acquedotto stesso. L’annientamento delle mediazioni e la distruzione delle elite, cambia il modo di pensare, non è più solo uno strumento che compri e poi usi continuando a pensare nello stesso modo di prima. Il campo di gioco si allarga con il webbing e prevede due generatori di realtà il mondo e l’oltremondo (fatto di pagine Web) “seduti nel primo viaggiamo nel secondo” dove il mondo lo elaboriamo, non con una teoria del mondo ma con una pratica del mondo.
L’insurrezione digitale nasce con la comprensione di far girare la realtà anche nell’oltremondo (poi colonizzato anche dai social) facendo nascere “un’umanità aumentata”, questa diventa storia di una ribellione nata nella controcultura californiana, da una comunità figlia degli anni ‘70, degli hippies e libertari con in comune l’insofferenza verso il mondo com’era: erano folli, erano affamati! Generata da intelligenze tecnico-scientifiche non avevano un’ideologia ma avevano un metodo: fu il contributo di Stewart Brand in grado di teorizzare l’insurrezione digitale come processo di liberazione e di rivolta collettiva, programmando software come modo di andare contro il sistema.
“Molte persone provano a cambiare la natura degli uomini, ma è davvero una grande peridta di tempo. Non puoi cambiare la natura degli umani quello che puoi fare è cambiare gli strumenti che usano, cambiare le tecniche.” S. Brand.
Con la nascita dello smartphone si è resa la migrazione tra mondo e oltremondo il più facile possibile, quindi l’insurrezione digitale realizza l’inespressa pretesa che l’esperienza potesse diventare non la ricompensa ad una fatica ma la conseguenza di un gioco, infatti per la prima volta le skill non vengono insegnate ma si apprendono giocando come nei videogame, tutti strumenti che risolvono dei problemi ma nessuno aveva immaginato che dovessero farlo in modo divertente.
Un’insurrezione che diventa civiltà: la frontiera dell’oltremondo che si spalanca accessibile a tutti, con velocità, in libertà, colpendo al cuore la cultura novecentesca, sfilando il nocciolo dell’esperienza dagli artigli delle elite e liberandolo sulla superficie del mondo.
Baricco rende avvincente questo succedersi di storie legate alla nascita di tutti i cambiamenti prodotti dal digitale e c’è ovviamente anche un capitolo sulla musica e i suoi cambiamenti, il passaggio dalla vendita di 1 miliardo di vinili nel 1981 ai 40 milioni venduti nel 1991, l’avvento del cd, dell’mp3.
Le guerre di resistenza al cambiamento sono ben descritti nei “commentari all’epoca della colonizzazione”: l’individualismo di massa che elimina le masse, l’individualismo senza identità, l’egoismo di massa, importanti aspetti su cui si deve riflettere.
Nel capitolo finale Baricco si pone le domande critiche sul futuro del GAME, il suo rapporto con l’umanesimo e si augura che si finisca di costruirlo in modo che sia adatto agli umani, non solo prodotto dagli umani, ma adatto a loro.
“Ci volevano ingegneri per scassinare il ‘900 e farlo esplodere, ma se l’altra intelligenza non entra al più presto nei processi di produzione del GAME, è difficile che il futuro ci riservi un habitat sostenibile. C’è bisogno di cultura femminile, di sapere umanistico, di sapere non americano, di talenti cresciuti nella sconfitta e di intelligenze che vengono dai margini”.
https://freezonemagazine.com/articoli/the-game-di-alessandro-baricco/
Quanto mai attuale in uno scenario dove sempre più tende a imporsi sulle capacità del pensiero umano, travalicandolo, l'intelligenza artificiale (AI).
RispondiElimina