“MIO FRATELLO GIOVANNI. UOMO E SACERDOTE” a cura di Vincenzo Capodiferro
“MIO FRATELLO GIOVANNI. UOMO E SACERDOTE”
Toccante biografia della sorella Maria su un prete autentico e vicino agli ultimi
“Mio fratello Giovanni. Uomo e sacerdote” è un libro di Maria Iantorno, dedicato alla nobile figura di don Giovanni Iantorno, edito da Pubblisfera nel 2024. La sorella dell’intrepido parroco, Maria, insegnante per tanti anni di lettere nelle nostre scuole, ci ha voluto lasciare questo indelebile ricordo, ricordo di un uomo autentico, di un sacerdote vero. Ci ricorda quasi un “In morte del fratello Giovanni”, quel verso di “Straniere genti l’ossa mia rendete!”. Ci ricorda ancor di più quel discepolo prediletto, Giovanni, che ardito segue Gesù fin sotto la croce. E c’è Maria. Sembra quasi una “celeste corrispondenza” di nomi. Don Giovanni Iantorno, nato a Sant’Arcangelo il 18 dicembre del 1930, è morto il giovedì santo, il 13 aprile del 2006. Don Giovanni Iantorno è ricordato soprattutto per le grandi battaglie che ha fatto a Sapri nel 1979, per l’apertura del centro ospedaliero. La sua famiglia si era trasferita nel paese della Spigolatrice per motivi di lavoro. Chiamato dall’Eterno Padre a servire la sua Chiesa non si era tirato indietro dinanzi alla vocazione dell’Essere. La sua è stata un’esistenza autenticissima, perché ha risposto a quell’Essere che ci chiama continuamente, ci chiama e ci ama e ci vuole realizzati pienamente. Questo anche aveva capito il grande Heidegger - credo - prima del suo ultimo richiamo dell’essere-per-la morte. Noi ci accorgiamo spesso della grandezza degli uomini quando non ci sono più, quando non li vediamo più intorno a noi. Don Giovanni Iantorno, non per il cognome, ma era quella persona accogliente, che ha saputo concretizzare quell’”intorno”, proprio come diceva il suo nomen-omen, per migliorare le condizioni delle masse lavoratrici, degli abbandonati, degli ultimi. Don Giovanni si è sporcato le mani, le vesti. Dinanzi al grido del povero si è levato, proprio come il Battista, contro i potenti, contro gli Erode, che l’hanno contrastato. La canonica di Sapri era diventata il centro della rivoluzione proletaria, popolare. Dio e popolo! Diremmo con voce conosciuta. Vox populi, vox Dei! E come quel Sapri aveva conosciuto quel Carlo Pisacane, che prima di Garibaldi aveva tentato la liberazione, se così possiamo chiamarla e se così è stata, delle nostre terre, così ha conosciuto don Giovanni Iantorno. Garibaldi riuscì laddove Carlo aveva fallito perché fu sostenuto in fondo dai poteri forti, dall’ammiraglio Nelson, dal recalcitrante Cavour. Forse Pisacane sognava un’altra Italia, quella democratica, quella che è oggi, dopo tante fatiche, non quella che fu fatta allora, con tanta facilità, ma anche con tanta faciloneria, sostituendo un re ad un altro. Don Giovanni è stato come un novello Pisacane, si è fatto carico degli ultimi aneliti, ha combattuto per i deboli ed in questo ha seguito quel Cristo rivoluzionario. Dio non è mai coi potenti, coi ricchi! Raramente! Dio non ama il capitalismo, l’avarizia, ama il dono. Laddove il socialismo reale è fallito nei governi civili, trasformandosi nel mostro del totalitarismo, non è fallito nella Chiesa, vera comunità. Quella rivoluzione del settantanove, quasi a epilogo della grande rivoluzione europea del Sessantotto, è riuscita. Don Giovanni ha sollevato le masse indigenti e misere. Ha guidato il popolo nella sua battaglia. Hanno bloccato le strade, le ferrovie. Hanno ottenuto ciò che volevano. I giovani l’hanno seguito. Come Gesù, fin sotto la croce. Sono stati perseguitati, ma poi amnistiati da un grande uomo di Stato, come Sandro Pertini, quel Pertini che diceva a pugno stretto: «è meglio la peggiore delle democrazie della migliore di tutte le dittature». Perché aveva sperimentato sulla propria pelle cosa è il fascismo. Don Giovanni si era impegnato molto anche a Latronico, quando aveva svolto il suo ministero sacerdotale. Grazie al suo impegno fu riconosciuta da Paolo VI la basilica di s. Egidio nel 1971. Come lo dice Egidio Giordano era pellegrino sulle strade d’Italia. La sorella Maria ci rende un sacerdote dal volto umano, con le sue forze e le sue debolezze. Come una Veronica ci rende quel fazzoletto che aveva asciugato le lacrime e il sudore del Maestro. Ha sottolineato l’importanza e l’ausilio, soprattutto della famiglia per un sacerdote. Un sacerdote rischia di rimanere solo nella lotta contro il male. È sostenuto sì da Dio, ma essendo di carne e d’ossa abbisogna più di ogni altro dell’affetto e del sostegno dei cari. Questa testimonianza della sorella è notevole, bella. Oggi dopo tanto l’impegno civile e sociale di don Giovanni è stato riconosciuto. Esiste un premio nazionale a suo nome. Questo ricordo serva come esempio per la Chiesa di oggi. La Chiesa deve essere forte. La Chiesa è una comunità autentica che più di ogni altra deve farsi carico delle lotte sociali, che deve ergersi dalla parte dei deboli, dei poveri, degli ultimi. Una Chiesa vicina a chi soffre! Una Chiesa vicina a chi ha bisogno anche di sostegno materiale! È facile fare le prediche dagli amboni, ma chi è che scende a combattere? Chi è che difende gli oppressi? Con l’esempio della sua vita don Giovanni ha dimostrato di voler seguire quel Dio che da tutto si è fatto nulla per risollevare il nulla e renderlo tutto. Noi non possiamo dimenticare in quegli anni di fuoco anche l’impegno della Chiesa. La Chiesa è la Chiesa del vicino, del prossimo, dell’intorno. Gesù nella sua vita ebbe una predilezione speciale per tre categorie di persone: i poveri, gli ammalati e i fanciulli. Per i primi stabilì che tutto ciò che si fa ad essi si fa a lui stesso. Per i secondi fece innumerevoli miracoli. Per i terzi disse addirittura di tornare come bambini. Sono quelle tre categorie sociali che spesso sempre sono trascurati. Anche Nietzsche nel descrivere il superuomo o sperava come un fanciullo. Ma fino ad oggi il superomismo più sublime che abbiamo potuto sperimentare, non è quello degli eroi cosmici, dei grandi della storia, degli esaltati che pretendevano il culto della personalità, dei Napoleone, degli Hitler, dei Mussolini, degli Stalin, degli scienziati degli artisti, dei letterati, ma proprio quello dei santi. Don Giovanni è stato innanzitutto un grande uomo e poi un grande prete.
Vincenzo Capodiferro
Vincenzo Capodiferro
Una recensione quanto mai attuale, oltre che curata. Credo che alla vigilia dell'elezione di un nuovo pontefice, ci sia bisogno di sacerdoti come don Giovanni Iantorno. Mi ricorda il curato di campagna di Bernanos e per altri versi fra' Pietro Angelerio, Celestino V. L'unico papa nella storia della Chiesa che abbia abiurato. E per questo condannato a morire di stenti a Castel Morrone dal cardinale Caetani, salito poi al soglio come Bonifacio VIII, papa-imperatore. C'è bisogno di sacerdoti consacrati come don Giovanni, di una guida che sappia fare tesoro degli insegnamenti di papa Francesco.
RispondiEliminaGrazie Marcello!
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