10 giugno 2019

500 CHICCHE DI RISO di Alessandro Pagani



500 CHICCHE DI RISO di Alessandro Pagani


Rue de-La-Fontaine Edizioni
Immagine di copertina e illustrazioni di Massimiliano Zatini
ISBN: 978-88-9399-006-6


Ormai sono uno specialista in prefazioni. Ho scritto più prefazioni che libri, evidentemente mi vengono benino. Come funziona? Un autore ti fa leggere il suo libro in anteprima e tu devi scrivere qualcosa di brillante, spiegando grossomodo al lettore cosa troverà all’interno del volume e se quest’ultimo ti è “garbato” o meno. Naturalmente nel 99,99% dei casi il prefatore scrive bene del libro in questione e l’esercizio diventa una sorta di trip advisor a senso unico: si articola una sorta di recensione dell’opera cercando di non – come si dice oggi – spoilerarla eccessivamente. Il tutto contrappuntato da note che riferiscano del legame, dell’empatia e dei punti di contatto tra l’autore e il prefatore. Quando esistono. Mentre quando i due non si conoscono nemmeno bisogna “ravanare” e produrne di freschi!
Pur trovando singolare che uno che si chiama Pagani si rivolga a uno che si chiama Cristiano, ritengo che tra noi sussistano diversi tratti comuni.
Entrambi siamo toscani e, si sa, la Toscana ti dà una lente tutta sua per mettere a fuoco le cose, per filtrarle, per giocarci su. Questo è un imprinting che non viene rimosso né spostato dalla latitudine. Io vivo a Milano da 13 anni ma continuo a vedere il mondo con sguardo toscano. L’autore è un batterista, io sono o, meglio, sono stato un percussionista. Entrambi dunque amiamo andare a tempo, probabilmente anche con la vita, una vita il più possibile ritmata, s’intende. Chi sa tenere il tempo musicale è avvantaggiato coi tempi comici.
Il Pagani è un umorista, portatore sano di sorrisi e per questo, come il sottoscritto, a pieno titolo impegnato nel sociale. Come poter definire altrimenti, visti i tempi grami che viviamo, chi riesce a distogliere un lettore, un ascoltatore, uno spettatore dai problemi e dai brutti pensieri?
In “Chicche di riso” il Pagani, si mette nel solco dei Bartezzaghi e dei Campanile, passando per Woody Allen (la numero 499 avrebbe potuto scriverla tranquillamente lui). Il nostro ci regala o, meglio, ci fa pagare il giusto, una valanga di freddure con predilezione per il calembour, anzi, ad esser precisi, per i metaplasmi, le metatassi e i metasememi. Non vi spaventate: nel mesozoico (1994) mi sono laureato con una tesi dal titolo “Aspetti comunicativi e pragmatici del cabaret come tecnica di satira” e nel capitolo 5 misi in fila, appunto, tutte le tipologie di battuta esistenti. Da allora le ho sempre genericamente chiamate “battute”, diamine, ma vedi che alla fine arriva un momento nella vita in cui il pezzo di carta serve davvero?

Cristiano Militello

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