17 settembre 2021

M.A.C.A.M. Museo d’Arte Contemporanea all’Aperto di Maglione A cura di Marco Salvario

M.A.C.A.M.

Museo d’Arte Contemporanea all’Aperto di Maglione

A cura di Marco Salvario

Nel torinese, circa a metà strada tra i laghi di Candia e di Viverone, è situato il simpatico paese agricolo di Maglione con poco più di 400 abitanti.                                                     Un’associazione senza fini di lucro, nata nel 1985 sviluppando un progetto di Maurizio Corgnati per “un mondo artistico globale, senza steccati e senza scuole”, ha dato vita al M.A.C.A.M. - Museo d’Arte Contemporanea all’Aperto di Maglione.                                     Maurizio Corgnati, nato a Maglione nel 1917 e morto nel 1992, è stato uomo di grande cultura, laureato in legge, regista, documentarista e lanciò la carriera di Milva di cui fu marito per nove anni; sembra conoscesse a memoria – in greco – l’Iliade e l’Odissea.                                         Artisti di ogni nazione sono stati invitati, e qui Corgnati ha usato le sue amicizie e conoscenze personali, ad arricchire con le loro opere gli spazi del paese, i muri esterni delle case, gli angoli nel verde.                                                                                                                                                         Un percorso particolare è quello in salita lungo via Castello, che conduce al cimitero del paese, da dove si può godere di uno splendido belvedere sui territori circostanti; purtroppo io sono arrivato in una triste giornata di pioggia e foschia. Del castello ivi edificato dalla famiglia Masino, rimane solo una torre che è diventata col tempo l’attuale campanile del cimitero.




Il M.A.C.A.M. è un percorso museale in continuo divenire, nel quale le opere esposte sono destinate a perdersi e a essere sostituite da altre nuove. Le piogge e l’umidità dei vecchi muri rendono spesso inutile il lavoro dei restauratori, volontari anch’essi come gli artisti.                 La morte di Corgnati e il particolare momento che stiamo vivendo, i lunghi mesi della pandemia, hanno rallentato ma non fermato la vitalità del progetto.                                         Museo d’arte contemporanea abbiamo detto, senza preferenza o pregiudizio per correnti e stili; spazio di proposta, dove l’unico canone è la qualità delle opere.                                     Capire l’arte moderna è una sfida difficile per i critici e per gli esperti, categorie a cui chi scrive non crede di avere le conoscenze per appartenere; a Maglione, le opere sono esposte quotidianamente allo sguardo di residenti e turisti, riportando così l’arte alla gente e la gente all’arte in un circolo virtuoso e logico che andrebbe proposto molto più spesso, educando il gusto e la capacità di comprendere il bello.

Elenco alcune delle opere che mi hanno colpito:

Baudelaire”, un sacco traboccante di lettere dell’alfabeto realizzato da Antonio Trotta, scultore apprezzato in Italia e all’estero, morto nell’agosto 2019. Di lui si è detto che trasformava il marmo in carta.                                                                                                                     

Il ritratto intenso e pensieroso di Maurizio Corgnati, modellato in terracotta da Mauro Mazzali.

La scultura/fontana in bronzo di Aldo Mondino, torinese, perfezionatosi a Parigi e affascinato dall’arte orientale.

Le poetiche case di Francesco Tabusso, pittore allievo di Felice Casorati. Come non amarne il cielo rossiccio nel tramonto?



Giulio Picelli propone un tema che è ricorrente nella sua opera: l’uomo, un guerriero a cavallo, e la donna, la dama che egli desidera conquistare non con la forza ma con l’offerta di un mazzo di fiori. Non c’è tracotanza nell’innamorato, solo esitazione, timore di essere respinto, mentre l’amata sembra immobile, in attesa e in qualche modo incoraggiante.

Una parola si deve spenderla per i nidi in ceramica, leggo che in tutto sono ventisei, creati da Luigi Serafini, artista che ha girato il mondo, scrittore, architetto, pittore, scultore, ceramista. Mi dispiace che i suoi nidi non abbiano trovato, per quanto ho potuto riscontrare, nessun inquilino pennuto.

Personaggio a tutto tondo, attivo in molti campi e impossibile da etichettare, è Federico Gismondi. A Magione la sua opera è magia, forza e mistero, un prorompere dove la natura dimostra all’improvviso un’inattesa componente artificiale e meccanica.

Da segnalare per la sua simpatia e vivacità è l’affresco “Bambini a Maglione” di Pietro Manzo, dove l’angolo della casa spezza il disegno, ricreando l’atmosfera di tensione e attesa del giocare a nascondino.



Gianni Asdrubali appartiene al movimento “Astrazione Povera”, che teorizza la pittura come riduzione; via i colori, via la materia, si arriva a un residuo che non è anima quanto essenza, la traccia estrema del limite, il collasso del concetto iniziale alla sua forma finale. Il bianco non contiene il nero e il nero non contiene il bianco, c’è equilibrio, non armonia.

Non ha bisogno di presentazioni il maestro Giò Pomodoro. La proporzione spaziale della sua opera “Sole spirale 1980” è un tale sorprendente equilibrio di spigoli, angoli e curvature, da fare gridare al miracolo. Non è la quadratura del cerchio, piuttosto è la cubatura della sfera!

Lungo la salita al Castello tra le opere che si incontrano, non si può non ammirare “Il Pensatore” dello scultore uruguaiano Ricardo Santerini. Mi sarei volentieri fermato a dare una ripulita per recuperare il colore originale, ma in fondo è giusto che il tempo voglia dare anch’esso il suo tocco personale.

Poco oltre, si trova il Pendolo di Giuseppe Spagnulo, opera in ferro e bronzo. Per favore, lo so che resistere alla tentazione è difficile, però non toccatelo e non giocateci!




A metà tra pittura e scultura è “Come ti modello il cielo”, opera di Antonio Carena, che si definisce: "Vocazionato disopacizzatore di spazi neutri". La sua casa museo, l’artista è morto nel 2010, è visitabile su prenotazione a Rivoli.

Tra le belle opere che purtroppo il tempo sta cancellando, “Skywalkers” dell’americano di nascita ma torinese di adozione Victor Kastelic. Triste questo svanire dei colori e dei contrasti, ma questo è il M.A.C.A.M., la sua filosofia, la sua essenza.

Resistono meglio alle intemperie, pur portandone le tracce, le sculture in ottone “Ottone cartografico” dell’artista inglese Rebecca Forster.

Mi piace chiudere questo articolo, oltremodo veloce e parziale, con la scultura in ferro “O pneu furou” del brasiliano Ricardo Campos Mota, anche conosciuto come “Rica”. Purtroppo più che lo pneumatico, è proprio il cerchione che è a pezzi.




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