31 agosto 2021

Prea A cura di Marco Salvario

Prea

A cura di Marco Salvario

In provincia di Cuneo nell’alta valle dell’Ellero, affluente del Tanaro lungo trentacinque chilometri, si trova Prea, una frazione del comune di Roccaforte Mondovì abitata da un centinaio di abitanti.

La sua posizione arroccata e nascosta tra i boschi, è stata probabilmente una scelta necessaria, compiuta dagli abitanti di quelle terre più di mille anni fa per proteggersi dalle terribili incursioni, più corretto parlare di vere invasioni, da parte dei feroci Saraceni.

In queste zone si parla ancora un dialetto occitano che si può trovare usato in molti cartelli e targhe.



Alle autovetture, escluse le poche autorizzate dei residenti e quelle che operano per emergenze, è vietato entrare nell’abitato di Prea, dove d’altronde le vie strettissime e ripide renderebbero problematica la circolazione. Il visitatore deve rassegnarsi ad andare a piedi e lo fa volentieri; camminare dà la giusta misura al tempo, allo spazio e alla fatica dell’uomo.



La bella ed elegante chiesa parrocchiale della Santissima Trinità domina il paese che da inizio secolo, se fa più impressione da inizio millennio, è popolato di murales e realizzazioni in paglia e legno che riportano alle attività del passato, trasformando Prea in una composita ma unica opera d’arte, che ricorda le stazioni di molti Sacri Monti, dove momenti d’ingenua creazione popolare e opere di abili artisti e artigiani, si mescolano in un unico linguaggio.

Troveremo quindi rappresentati contadini che lavorano nei campi o nelle aie, allevatori, fabbri, boscaioli, bottegai, donne che stendono il bucato, che filano, che cucinano, studenti a scuola nella loro aula e scene religiose come una Natività.

Se è vero che in molte installazioni i personaggi in paglia e legno ricordano (sono!) gli spaventapasseri del passato, la cura dell’ambientazione, i vestiti, il realismo delle scene, li rendono rustici capolavori. Una delle attività presentate è la trasformazione delle castagne in farina, un prodotto che ora si sta riscoprendo e che in passato è stata un’importante risorsa alimentare, che permetteva la sopravvivenza delle comunità alpine sostituendo il pane.




Di questo ritorno alla vita di un borgo altrimenti destinato a spopolarsi e a essere dimenticato, molto si deve all’operosità e alle iniziative del circolo ACLI Amici di Prea, un’associazione culturale senza scopo di lucro, che s’impegna a promuovere e a valorizzare l’alta Valle Ellero.

Se passate in zona, non rimpiangerete il tempo di una visita; non dimenticate però che questi posti sono dedicati a un turismo intelligente, contenuto negli accessi, rispettoso della natura e del paesaggio. Non fatevi prendere dalla fretta e dalle preoccupazioni: il paese di Prea è piccolo ma al tempo stesso piene di sorprese che vanno cercate guardando dietro ogni angolo.

Ripartendo, scoprirete di esservi lasciati conquistare da un mondo perduto e forse idealizzato, senza ricordare con esattezza se e quante persone reali (poche) avrete incontrato nel vostro cammino che non può essere organizzato in modo completo o secondo un percorso logico.


 

30 agosto 2021

GUNS contro le armi di Stephen King a cura di Miriam Ballerini


GUNS
contro le armi di Stephen King- 
I mostri sono reali, e anche i fantasmi lo sono. Vivono dentro di noi e, talvolta, vincono -

© 2020 Marotta & Cafiero editori

ISBN 9788831379038

Pag. 107 € 15,00

Uscito per la prima volta nel 2012 in seguito all'ennesima strage causata da un ragazzo. Un altro dei famosi spree killer, cioè persone, spesso giovanissime, che imbracciano un'arma e compiono una strage in scuole, centri commerciali, ecc.                                                                     La fine, solitamente, si compie con la morte suicida o per mezzo della polizia, del colpevole.     Il 14 dicembre 2012 un ragazzo di vent'anni uccide 27 persone, tra cui 20 bambini fra i 6 e i 7 anni.                                                                                                                                                             Ecco che King, conosciuto da noi tutti come uno scrittore horror, sente il bisogno di buttare giù questo libretto. La domanda che più gli preme fare è: “Quanti ancora devono morire, prima che si possa abbandonare questi giocattoli pericolosi?”                                                     Noi europei ci siamo fatti l'idea di un'America amante delle armi, perlomeno questa è l'immagine che la maggior parte di noi ha di questa nazione. King ci dimostra, tramite ricerche sui gusti letterari, sui film di successo più visti, ecc. che in realtà gli americani vedono e leggono cose che non contengono sparatorie. Preferiscono i cartoni armati a scene di violenza!                                                                                                                                                             Il problema, sempre secondo King, è che non ci sia nessun controllo sulle armi. Chiunque può comprarle e detenerle senza eccessivi controlli.

Vediamo qualche dato (ovviamente riferiti alla prima stesura del saggio 2012):

  • ogni giorno 8 fra bambini e ragazzi vengono colpiti per sbaglio dalle armi da fuoco in famiglia.

  • Ogni sedici ore 1 donna viene uccisa con un colpo d'arma da fuoco dal suo compagno attuale o da uno precedente.

  • Si stima che la violenza armata costi ogni anno 229 miliardi all'economia americana.

  • Avere un'arma in casa aumenta il rischio di suicidio del 300%.

  • Nelle sparatorie in cui sono coinvolte armi d'assalto o ad alta capacità di fuoco, viene colpito il 155% di persone in più.

  • Il 97% degli americani vuole un controllo dei precedenti più approfondito.

  • Gli americani si uccidono con le armi da fuoco 25 volte in più degli altri stati ricchi.

King scrisse, quando era al liceo, il romanzo “Ossessione” che trattava proprio del problema di un ragazzo che imbraccia un'arma intenzionato a compiere una strage nella sua scuola. Erano altri anni, dove alcune vicende non erano ancora successe, addirittura nemmeno pensate! Negli anni, ad alcuni ragazzi responsabili di eventi simili, venne trovato in loro possesso, il romanzo di King. Ecco perché King tolse dal mercato il suo libro, non perché si sentisse in qualche modo responsabile della loro follia, ma perché ha compreso che, nel suo protagonista, ritrovavano un compagno di sventure. Perciò “Charlie doveva sparire. Era pericoloso. E per più di un motivo”.                                                                                            Ritroviamo in questo breve saggio l'uomo Stephen King, con le sue paure, le sue emozioni da persona comune: la rabbia, lo smarrimento, i suoi suggerimenti.                                          Purtroppo, come sempre, al momento delle tragedie tutti si scandalizzano, ne parlano, se ne fanno questioni; ma poi la vita riprende il suo corso, c'è posto per la notizia di cronaca successiva e, tutte le soluzioni, se ne vanno a farsi benedire. Ogni voce, comunque, serve, soprattutto se autorevole come quella di uno scrittore conosciuto a livello mondiale.


© Miriam Ballerini

fonte: "Guns. Contro le armi" di Stephen King: i mostri sono reali, ed anche i fantasmi lo sono - OUBLIETTE MAGAZINE 

27 agosto 2021

"HORROR VACUI" MATTEO SARRO a cura di Maria Marchese

 

"HORROR VACUI" MATTEO SARRO


a cura di Maria Marchese 


"Quando perfino il vuoto ci appare troppo pesante o troppo impuro, ci precipitiamo verso una nudità di là da ogni forma concepibile di spazio, mentre l'ultimo istante del tempo raggiunge il primo e vi si dissolve" (Emile Cioran) 



Per "Horror Vacui"  si intende, nell'universo artistico, la paura di spazi scevri da "segno" e si traduce nell'esigenza di affrontare ogni silenzio, colmandolo con l'eloquio dissertativo/immaginifico. 

Matteo Sarro fa propria "la paura del nulla" durante il periodo del primo lockdown: l'asservimento ai limiti delle pareti domestiche diviene una muta pagina bianca, che involve l'eco delle solitudini umane. Ivi sono ascritte le sofferenze consumate negli ospedali, i deliri inascoltati dei manicomi, la destabilizzazione, che avvince lo scrittore di fronte ad una tardiva ispirazione. 
Il candore allora annichila presenza e fermezza, liberando il peso di uno stato ansiogeno, di sconforto, che preme sull'individuo. 
Matteo Sarro lo immacola, liquefacendo, impeccabilmente, sulla tela l'istante acrilico. 
Tra impalpabili trame e orditi di anima e mente, l'autore adombra quindi una sequela di mute preci. 



Il duro sasso, in cui l'autore beneventano trasla la vivida essenza umana, cede, compresso dal niveo e intatto immaginario. 
L'individuo di Sarro nasce e assurge dalla sensatezza dell'ossimoro: la pietra viene animata dalla reazione alchemica tra l'argomento artificiale (schiume espanse) e quello naturale (farina), tra tecnica e tradizione, tra attualità e ricordo, tra aiku e romanzo... le nozze tra condizioni così lontane accendono un processo euritmico, che culmina in un assolo plastico/umano:
laddove, come dice Cioran, il primo e l'ultimo istante arrivano a coincidere per dissolversi. 



L'innocente veste, con cui l'autore ammanta la quasi totalità dell'opera, serba in sé amari nodi, il cui gravame frange il  marmoreo grembo. 


"Ma procediamo con disordine. Il disordine dà qualche speranza. L'ordine nessuna. Niente è più ordinato del vuoto" 
(Marcello Marchesi) 

Matteo Sarro sembra ghiacciare quel bianco caos: in quel vuoto, come asserisce Marchesi, è indovata la divinazione del futuro prossimo ordine. 

 L'opera era presente alla collettiva genevose "ΓΕΦΥΡΑ:TRA PASSATO E PRESENTE" , il cui art director è stato lo storico dell'arte Valeriano Venneri e la cui curatela è stata seguita da Loredana Trestin e da Maria Marchese. 




Qui di seguito il link per accedere al video realizzato nel contesto della collettiva genovese per AArtChannel 
"HORROR VACUI" MATTEO SARRO 
a cura di Maria Marchese 


23 agosto 2021

Il corridore di Maurizio Foddai a cura di Miriam Ballerini

 


IL CORRIDORE – dentro ciascuno di noi si cela un potenziale assassino - di Maurizio Foddai

© 2021 DeA Planeta Libri

ISBN 978-88-511-9521-2 Pag. 303 € 10,00

Per fermare un assassino, devi diventare come lui”, così ci presenta l'autore il suo romanzo, già dalla copertina.                                                                                                                                        Il corridore è Gabriele Costanzo, funzionario tecnico presso il Parlamento Europeo. Ha smesso da tempo di gareggiare, ma ama la corsa ed è una sua abitudine quotidiana. Lui è il fulcro di questo giallo, a breve vedremo in quale modo.                                                                            Gabriele, con la moglie e il piccolo David, abitano in Belgio e, in pochi attimi, la loro vita viene stravolta: il bambino viene rapito e, poi trovato morto. L'ultima immagine di David, quella che Gabriele avrebbe conservato per tutto il tempo a venire, fu il suo sorriso spensierato e la manina guantata che lo salutava”.                                                                                                     Poco tempo dopo la moglie di Gabriele, sopraffatta dal dolore, si suicida e lui torna a vivere nella sua città natale, Torino. In Belgio ha conosciuto il commissario Wouters che rimarrà in contatto con lui. Gabriele comincia a fare delle indagini per suo conto, perché nella mente esiste solo la voglia di vendicarsi di tutti coloro che hanno permesso il rapimento del suo bambino, e hanno filmato il suo omicidio per vendere la cassetta del filmato. E lo fa: diventa un assassino a sangue freddo e mai, in nessun punto del libro, la sua coscienza ha un minimo di cedimento. Wouters, da persona integerrima e ligia al dovere, quando comprende che Costanzo sta uccidendo i colpevoli, lo lascia fare, anche lui convinto che sia la cosa giusta da fare.                                                                                                                                                                 Nel frattempo, a Torino, arriva Sara Merz, sostituto procuratore, in fuga da un marito violento. Ha la possibilità di ricominciare una nuova vita e, caso vuole, la sua esistenza si incroci proprio con quella di Gabriele: oltre che essere il suo vicino di appartamento, una mattina, durante la sua corsa nel parco, scopre proprio lui il cadavere di una ragazza. Sara Merz è da subito coinvolta in un caso importante e, assieme al Maresciallo Pintus, cominciano le indagini e i vari interrogatori.                                                                                                             Sara e Gabriele cominciano una sorta di relazione amicale, di confidenza, di scambio quando si tratta dell'indagine in corso. E alla soluzione del caso si arriva, ma prima che il colpevole possa venire arrestato, viene ucciso dal padre della vittima. Ecco un altro vendicatore che non sa che farsene della giustizia. A questo punto, pure il sostituto procuratore pensa che il padre vendicatore abbia fatto bene …                                                                                                             Non scoprirà che il suo vicino di caso è un pluriomicida e, la loro relazione, continuerà. L'ex marito la trova e tenta di ucciderla e, anche in questo caso, si fa intendere che la soluzione per sbarazzarsi di lui c'è.                                                                                                                                     Un libro che ha una scrittura precisa, non eclatante, ma comunque godibile. Il giallo è ben congegnato. Quello che trovo spiacevole è questo far passare la vendetta, l'acredine, come legittima. Può esserlo nel caso di una persona che ha perso un figlio, anche se mai giustificabile, ma che anche la polizia e la magistratura cada in queste convinzioni, mi pare personalmente troppo. Inoltre, che tutti i personaggi del libro abbiano le stesse convinzioni, lo rende davvero al di sopra della righe, e lo fa prepotentemente uscire dalla realtà dove dovrebbe posare le proprio basi: nella vita è davvero improbabile che si possa trovare una così concordanza d'intenti!                                                                                                                     Essendo un giallo e non un libro di fantascienza, ad esempio, dovrebbe essere più allineato alla realtà. Ritengo che, chi scrive, abbia in mano la possibilità di mandare dei messaggi positivi, anche nel libro d'invenzione; ma capisco che sia solo un mio pensiero utopico.             C'è un momento di giustificazione quando scrive: “In una società civile la giustizia è un patrimonio collettivo e non può che essere amministrata dallo Stato”. Ecco, voglio aggrapparmi a questa asserzione!

© Miriam Ballerini


fonte "Il corridore" di Maurizio Foddai: dentro ciascuno di noi si cela un potenziale assassino - OUBLIETTE MAGAZINE

16 agosto 2021

INCREDULI E SPIAZZATI a cura di Miriam Ballerini

 


INCREDULI E SPIAZZATI

Ci sono eventi incredibili perché assolutamente inaspettati e assurdi. Eppure, accadono, ci si ritrova coinvolti senza capirne esattamente la ragione. È quanto accaduto a me e a mio marito lunedì 9 agosto 2021.                                                                                                                         Eravamo dalle parti del centro commerciale Minoprio, a Vertemate con Minoprio, e ci siamo fermati a bere un caffè nel bar “Crema e cioccolato” presente all'interno della galleria del supermercato.                                                                                                                                                 Il gestore, mi richiede il green pass e io, dopo averlo tolto dalla borsetta l'ho portato al bancone per mostrarglielo. Fino a qui tutto normale, ma invece eravamo a un passo dal baratro senza nemmeno saperlo. Mio marito, prende da bere e intanto dice: “speriamo si concluda al più presto questa faccenda, con tanti vaccinati, almeno anche voi potete tornare a lavorare”. L'avesse mai detto, il gestore ha iniziato ad alzare la voce, elencandoci tutte le sue teorie negazioniste che non sto nemmeno a riferirvi: le conoscete già, perché tutti loro parlano nella stessa maniera, propinando una lezione imparata a memoria, senza nemmeno capire di cosa stiano parlando. Ma c'è di più. Quando gli facciamo presente che con questo strumento gli stiamo permettendo di lavorare lui risponde: “in realtà è grazie a me che lavoro che permetto a voi di vaccinarvi!” Dopodiché mi si avvicina e comincia a darmi dell'ignorante, della persona che di sicuro non sa affrontare una discussione. Gli rispondo, cercando di contenermi: “ma lei ha idea di quale sia il mio lavoro?” E lui: “non m'interessa. Io so che siete ignoranti perché vi siete vaccinati, che fra dieci anni non avete idea di cosa vi succederà”. Tento ancora un approccio civile, forse illudendomi troppo riguardo le sue capacità di ricezione, ma nulla da fare. Aggiungo che sicuramente non entrerò più nel suo bar e lui, alzando sempre più la voce, ci caccia via dal locale, urlandoci che dobbiamo vergognarci. Addirittura, una cliente che entra e che evidentemente è una sua conoscenza, viene coinvolta come testimone, per asserire che noi abbiamo dato dell'ignorante a lui! La signora non era nemmeno presente al litigio, ma gli ha dato ragione!                                                 I venditori coi banchetti che si trovavano in galleria, o facevano finta di nulla, oppure ci guardavano come se fossimo stati dei ladri sorpresi a rubare! Usciti da lì ci siamo recati dai carabinieri, sbagliando, perché ci hanno detto che avremmo dovuto chiamarli dal posto e segnalare immediatamente il comportamento del gestore.                                                                 Il centro commerciale, nei giorni successivi, mi ha scritto dissociandosi da quanto accaduto. La direzione ha chiesto spiegazione ai gestori che si sono detti entrambi vaccinati! E questo è al limite dal paradosso!                                                                                                            Sinceramente mi sembra sempre più di vivere in mezzo a degli ufo, senza cervello, senza educazione, senza rispetto, senza la minima esigenza di un qualsiasi comportamento improntato alla seppur minima convivenza civile. Mi domando anche, una persona come quel gestore, quanto delle regole programmate rispetti. Forse lo Stato dovrebbe dimostrare più coraggio e cominciare a dettare i comportamenti da seguire in modo preciso e intervenire laddove questi non vengano seguiti.                                                                                                     Non è accettabile che chi si comporta bene per tutelare la propria salute e quella degli altri, venga trattato da paria.

© Miriam Ballerini


Ministra della Giustizia, perché il carcere ha paura dei libri? a cura di Carmelo Musumeci


 Ministra della Giustizia, perché il carcere ha paura dei libri?


Succede ogni tanto che mi scriva qualche detenuto sottoposto al regime di tortura democratica del 41 bis, per dirmi che vorrebbe leggere qualche mio libro. Io devo rispondere che questo non è possibile, se hanno proibito di far entrare nelle celle delle sezioni del 41 bis perfino un libro dell’attuale Guardasigilli.

Signora Ministra, penso che bisognerebbe “condannare” i carcerati a leggere di più.
Non potrebbe fare qualcosa per cambiare o modificare la norma che consente all’amministrazione penitenziaria di vietare ai detenuti sottoposti al regime di tortura del 41 bis di ricevere libri e riviste dall’esterno?
Secondo alcuni professionisti dell’antimafia questo divieto consente di prevenire contatti del detenuto con l’organizzazione criminale di provenienza. Invece, a mio parere in questo modo si fa un “favore” alla mafia, perché́ non si tiene conto che i libri potrebbero aiutare a sconfiggere l’anti-cultura mafiosa. Sì, è vero, ricevere un libro in carcere potrebbe essere pericoloso, ma tutto quello che entra nelle sezioni del 41 bis è controllato e letto, perché tutti hanno la censura e, comunque, pur correndo qualche rischio, i benefici sarebbero largamente superiori ai rischi, un po' come il vaccino contro il coronavirus.   

Signora Ministra, ventisette anni di carcere duro mi hanno insegnato che prima di scrivere bisogna leggere. E dopo bisogna tentare di riflettere, con la mente e con il cuore. Subito dopo però bisogna avere il coraggio di scrivere quello che si pensa: è quello che ho deciso di fare ora scrivendoLe questa lettera aperta.

Chi è favorevole al divieto di fare entrare i libri nelle sezioni del 41 bis, io credo lo sia perché a sua volta legge poco: forse perché́ non ha tempo. Io, invece, in 27 anni di carcere, ho letto moltissimo. Potrei affermare che sono sempre stato con un libro in mano. E sono certo che senza libri non ce l’avrei fatta. Mi sono fatto la convinzione che noi siamo anche quello che leggiamo e, soprattutto, quello che non leggiamo. Le confido che nei libri ho vissuto la vita che non ho potuto vivere: ho sofferto, ho pianto, ho amato, sono stato amato, sono cresciuto, sono stato felice ed infelice nello stesso tempo. E sono morto e rivissuto tante volte. Una volta, un giornalista mi ha chiesto qual era il libro che mi era piaciuto più di tutti. Mi è stato difficile rispondere, perché́ i libri sono un po’ come i figli: si amano tutti, perché́ tutti ti danno qualcosa. Alla fine ho detto che mi è piaciuto molto il libro "Il Signore degli Anelli", perché́ molti prigionieri sono un po’ come i bambini. E per vivere meglio si immaginano di vivere in mezzo a boschi e palazzi incantati, fra meraviglie o incantesimi. Mi ha entusiasmato anche il libro"Il rosso e nero" di Stendhal, perché́ mi ha insegnato che l’amore è fatto di amore. Poi ho citato il libro "Delitto e castigo" di Fëdor Michailovic Dostoevskij, perché́ mi ha insegnato come si sconta la propria pena e che la vita è fatta di errori, se no non sarebbe vita. Infine, ho elencati i libri di Hermann Hesse, fra cui "Siddharta" e "Il Lupo della steppa", perché mi hanno insegnato che quello che penso io spesso lo pensano anche gli altri…

Signora Ministra, mi permetta di affermare che nei libri non ci sono dei nemici. Anzi, essi aiutano a frugare meglio dentro se stessi. Solo gli sciocchi hanno paura dei libri. I libri sono stati la mia luce in tutti questi anni di buio, mi hanno anche aiutato a continuare a lottare e a stare al mondo perché́, come scrive Elvio Fassone (ex magistrato e componente del Consiglio della Magistratura, oltre che Senatore della Repubblica), nel suo libro "Fine pena ora": Certe volte una pagina, una frase, una parola smuove delle pietre pesanti sul nostro scantinato.

Signora Ministra, fin dall’inizio della mia lunga carcerazione ho sempre letto, all’inizio con la testa e alla fine con il cuore. L’ho fatto prima per rimanere umano, dopo per sopravvivere, alla fine per vivere.
Mi creda, non è stato facile leggere in carcere, perché spesso per ritorsione mi impedivano di avere libri e persino una penna per scrivere. E in certi casi mi lasciavano il libro, ma mi levavano la copertina. Penso che si dovrebbe fare una buona legge per “condannare” i detenuti sottoposti al regime democratico di tortura del 41 bis a ricevere e a tenere più̀ libri in cella e, forse, anche una norma per obbligare chi si occupa di giustizia e carcere a leggere di più, perché i libri rendono migliori le menti e i cuori delle persone, buone o cattivi che siano.



Carmelo Musumeci

Agosto 2021 

I GIORNI DI PASQUA NEI BENI DEL FAI IN LOMBARDIA Picnic, giochi all'aria aperta e visite speciali per tutta la famiglia domenica 31 marzo e lunedì 1aprile 2024

                                                       I GIORNI DI PASQUA NEI BENI DEL FAI IN LOMBARDIA Picnic, giochi all'aria aperta e...