06 dicembre 2020

PARATISSIMA Torino 2020 – Art Station a cura di Marco Salvario

 

PARATISSIMA Torino 2020 – Art Station

23 ottobre – 01 novembre 2020

Ex Accademia Artiglieria - Torino

Di Marco Salvario


Quest’anno Paratissima ha cambiato formula, cercando di adattarsi alle severe regole di questo interminabile periodo di pandemia, e nella sua storica esibizione torinese ha provarsi a spezzarsi in quattro momenti distinti. Purtroppo i decreti legislativi sempre più rigidi hanno permesso solo al primo evento “STOP 1 – Nice & Fair | Contemporary visions” di avere luogo, mentre gli altri tre sono stati rinviati a data da destinarsi.

Non è questa l’occasione adatta per ripetere le critiche che da qualche anno faccio sul sempre più evidente tradimento dei principi che avevano fatto nascere Paratissima, in questo momento si deve solo lodare lo sforzo eccezionale che è stato compiuto per permetterle di accogliere gli artisti e i visitatori in sicurezza e nel rispetto delle normative, offrendo una buona qualità e quantità di opere. Sono stato tra i primissimi visitatori paganti ammessi e ho trovato che l’organizzazione era perfetta e la mia visita è avvenuta in perfetta tranquillità.



Chissà perché mentre le precedenti manifestazioni indicavano con fierezza la propria edizione, questa volta Paratissima non si chiama Paratissima 16, forse per il significato del numero nella smorfia napoletana, dove il sedici è la fortuna cioè ‘o culo, oppure per evitare la mala sorte della prossima Paratissima 17, oppure semplicemente perché, come una signora che scopre qualche accenno di rughe sul viso, vuole nascondere la propria età.

Sorvolo sui 9 euro da pagare per l’ingresso, giustificabili con le aumentate esigenze di sicurezza, però sono imbarazzanti per un’iniziativa per molto tempo gratuita e che ora offre al visitatore molte meno opere e artisti. E meno fantasia.

Il sito dell’ex Accademia Artiglieria, Art come artiglieria e Art come arte, è stato confermato dopo l’esperienza dell’anno scorso pur se su spazi ridotti; è una sistemazione accattivante e si spera possa essere uno stimolo al recupero di tutta l’area. Purtroppo fare affidamento su un interessamento costruttivo delle istituzioni cittadine è inutile, la mancanza di denaro e di capacità di tali persone condanna Torino a un decadimento inesorabile.

Prima di iniziare la mia personale analisi dell’evento, lasciatemi puntualizzare:

  1. Le segnalazioni e i giudizi che leggerete in quest’articolo sono pareri personali e riguardano artisti che mi hanno colpito favorevolmente. Se uno degli espositori si trova citato, è perché la sua opera mi è piaciuta. Se non si parla di lui, o non mi ha interessato, o il caso ha voluto che le sue opere mi sfuggissero, o non ho trovato lo spunto giusto per commentarlo.

  2. L’elenco che segue non è una classifica ed è nato dalla sistemazione delle fotografie che ho scattato, collegata al percorso di visita.



RE

Interessanti le opere del progetto espositivo “Prospettiva rifugio” a cura di Valeria Cirone, Paola Curci e Lin Lin. Molto attuale lo spunto: “Dai limiti del confinamento alla riscoperta personale”. Ogni uomo, anche il più giramondo, ha bisogno di un posto che deve sentire suo, dove è protetto e dove da dove può osservare che cosa lo circonda. Un nido, una tana, un riparo da sentire casa.

In tale progetto, l’opera di RE “Né in cielo né in terra” ci colloca davanti a una finestra chiusa, dal legno grezzo e pesante. Fuori forse c’è un bosco, però non ha importanza. La finestra è al tempo stesso prigione e difesa verso un mondo che è libertà e minaccia, che attira e respinge. Che cosa veramente c’è, fuori dal rifugio? Vento, freddo, pericolo, eppure l’uomo sa che dovrà uscire prima o poi, per procurarsi il cibo e cercare il contatto con altri uomini.



Luvol

La Street Art è sempre più presente nelle gallerie d’arte moderna dove, superati sarcasmi e perplessità, dimostra la sua vitalità e validità, evidenziando la sua capacità di denunciare e affrontare le situazioni sociali o politiche della realtà in cui opera.

Luvol, il suo nome d’arte è l’anagramma del vero cognome, sa essere testimone attento e intelligente. I suoi bambini con i volti coperti dalle mascherine azzurre ammirano e giocano con bolle di sapore: qui la lettura non può che essere allegorica. Sono simbolo del futuro incerto, quelle bolle? Sono le illusioni con cui distraiamo quei cuccioli umani mentre intorno a loro, piccoli che nessuno guarda, il mondo è malato?

Oltre tutte le possibili interpretazioni, la capacità di cogliere e inseguire le immagini, rende Luvol uno degli autori che ho preferito in questa edizione di Paratissima.



Giu.ngo-lab

Giu-ngo-lab nasce dalla collaborazione tra Giuseppina Longo (artista) e Angelo Fabio Bianco (dottore zootecnico); a essi si è in seguito associata Maria Paola Minerva (designer).

L’installazione presentata dal titolo “Il mio doppio chiede aiuto”, consiste di cinque contenitori di vetro che racchiudono al loro interno un volto di donna che chiede con disperazione di essere liberata. Un nostro doppio prigioniero di noi stessi, uno dei nostri tanti aspetti a cui non permettiamo di mostrarsi e realizzarsi per calcolo, imbarazzo o semplicemente perché non ci sembra adatto alle consuetudini dell’ambiente dove viviamo. Siamo spaventati e terrorizzati dalla paura di riconoscerci in lui, eppure quella nostra natura c’è e palpita in noi, avida di realizzarsi.




Elena Marchesini

Ironia e provocazione nella figura di Monna Lisa che in abiti moderni, mentre sosta davanti al proprio ritratto, guarda verso lo spettatore. “What’s Art?” Che cos’è l’arte, anzi, l’Arte con la “a” maiuscola. Perché il tempo trascorre cancellando il ricordo di tante opere e di tanti artisti mentre altri rimangono e addirittura ingigantiscono?

Non si tratta di imbastire un processo a Leonardo o chiederci se la Gioconda sia davvero un capolavoro così unico e immortale, ma di interrogarci sul perché in un’epoca di artisti e opere eccezionali, proprio quell’immagine abbia avuto le caratteristiche per diventare un mito. Interroghiamoci, quindi, ma Elena Marchesini sa porci la domanda accompagnandola con un simpatico e riuscito sberleffo.




Marco Circhirillo

Fotografie realizzate con la tecnica dell’esposizione multipla, permettono all’artista di moltiplicare il soggetto per decine di volte, centinaia in “Super Ego”. “Psicotropie”, le definisce l’artista e uno psicotropo è una sostanza che agisce sulle funzioni psichiche, come una medicina o una droga.

Marco Circhirillo non ci propone un esercito di cloni uguali che invadono il mondo, quanto la ricerca da parte dell’individuo della propria posizione corretta in un dato ambiente, quella dove si sente più realizzato, in armonia con gli altri, anche e soprattutto quando gli altri sono copie di noi stessi.




Silvia Ottobrini

Con questa artista entriamo in una dimensione indefinibile, dove la scultura si presenta incorniciata come la pittura, dove la poesia diventa fiaba, la realtà si perde in accenti macabri e il tempo non ha più valore. Ogni opera è un percorso particolare, da interpretare e analizzare, dai significati criptici, a volte confusi, a volte più convincenti.

“Tout est et n'est rien”, com’è scritto sul motto degli Challant.

Nell’opera “In dolore”, dove una mano cuce con filo rosso una ferita profonda con punti grossolani, sentiamo la crudezza antica e attuale della vita, eppure nel gesto c’è un atto di aiuto e soccorso.



Eleonora Gugliotta

Quando ho parlato ad alcuni amici di questa artista, dei capelli neri usati come arricchimento e ornamento di cartine geografiche, camicie, piatti e, diciamolo, di un rotolo di carta igienica, ho suscitato un’istintiva repulsione. Eravamo a tavola e il pensiero di un capello nel proprio piatto era disturbante.

Potrei evitarmi la recensione e rimandare il lettore al video “Rito Funebre alla Terra - Performance di Eleonora Gugliotta” che è possibile trovare su YouTube o in forma più breve su vimeo, per capire come queste opere siano intense di suggestione e passione. Le nostre radici mediterranee e classiche riemergono con forza; il lutto per la nostra storia tradita, per la Terra che stiamo uccidendo, si palesa in uno dei modi più istintivi e disperati: una donna che strappa i suoi bellissimi capelli e li offre alla Terra, in memoria di un passato che stiamo colpevolmente dimenticando.

L’autrice diventa sacerdotessa di una religione che venera la natura, lo spirito che vive nelle cose, l’anima del creato, valori che la modernità violenta, avvelena e distrugge senza rispetto.




Simone Benedetto

Tra gli artisti che ho incontrato durante tutte le edizioni di Paratissima che ho seguito, Simone Benedetto è quello che sempre ha saputo entusiasmarmi e commuovermi. Non mi ha deluso neppure quest’anno, anzi, come ho già scritto in passato, in ogni occasione supera se stesso. In “Graft Room” i corpi umani sono realizzati in jesmonite, un materiale composito facile (per chi lo sa fare) da intagliare e modellare.

Uomini, soprattutto adolescenti e bambini, diventano cavie nella cui carne sono innestate fiale, ampolle e provette per un progetto che sembra ai nostri occhi di inaccettabile crudeltà. Eppure, quanto siamo vicini a realizzare davvero simili laboratori, probabilmente giustificando tale operazione con la possibilità di un bene superiore per altri uomini?

Come sempre l’autore sa turbare e fare riflettere.


Citazioni veloci per le fotografie di Laura Ansaloni, le visioni in chiave Street Art di Mr.Pink, “Memorabilia” di Véronique Torgue, le trasparenti ceramiche di Aurora Vettori, le interessanti sculture di Arturo Ianniello, le raffinate stampe di Teresa Carnuccio, la macchina da scrivere “Lezione di lettere” di Riccardo Bofadini e i collage di A.Yulia Korneva.

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