30 settembre 2020

LA RIFORMA COSTITUZIONALE POST REFERENDUM di Antonio Laurenzano


LA RIFORMA COSTITUZIONALE POST REFERENDUM

di Antonio Laurenzano

Work in progress. Dopo l’approvazione referendaria della riforma costituzionale sul taglio dei parlamentari, ora in Parlamento si lavora sulla revisione del sistema di voto e sui “correttivi” per bilanciare la riduzione degli eletti. Per la terza volta in quattordici anni agli italiani è stato chiesto di pronunciarsi sul numero dei propri rappresentanti in Parlamento. Sia il centrodestra di Berlusconi nel 2006 che il centrosinistra di Renzi nel 2016 hanno puntato a riscrivere la Costituzione, cambiandone decine di articoli, inserendo al primo punto la revisione al ribasso dei numeri dei parlamentari. Ma il voto popolare è stato sempre contrario a salti nel buio. La domanda referendaria di domenica 13 settembre ha riguardato invece soltanto tre articoli (56, 57 e 59) e tutti sullo stesso argomento: il taglio delle poltrone parlamentari da 945 a 600.

Superate con il voto plebiscitario le forti tensioni dei mesi scorsi, la maggioranza di governo, accantonando spinte demagogiche e populiste, è chiamata a tradurre in atti legislativi l’accordo sul referendum per ridisegnare un’adeguata cornice di riforma costituzionale. Innanzitutto la modifica della legge elettorale, poi l’elezione su base circoscrizionale dei senatori (e non più su base regionale) e la riduzione dei delegati regionali (da 3 a 2) per l’elezione del Capo dello Stato. Infine l’equiparazione dell’elettorato passivo e attivo del Senato a quello della Camera, in materia di limiti di età per eleggere e per essere eletti nell’ottica del superamento del bicameralismo. Il pomo della discordia nella maggioranza è senza dubbio la legge elettorale sulla quale all’inizio dell’anno si è raggiunta un’intesa con il via libera al “Germanicum”. Un sistema di voto che, secondo i promotori, dovrebbe ridare equilibrio al peso territoriale di alcune regioni che, altrimenti, sarebbero svantaggiate dal taglio dei parlamentari, soprattutto dei senatori (Molise, Basilicata, Umbria).

Secondo il “Germanicum” la futura Camera avrà 400 seggi, di cui 6 per gli eletti all’estero e 1 eletto nel collegio uninominale della Val d’Aosta; i restanti 391 saranno assegnati nelle altre Regioni con metodo proporzionale. Stesso metodo per il futuro Senato che avrà 200 senatori: 4 eletti all’estero, 1 in Val d’Aosta e 195 assegnati con metodo proporzionale nelle altre Regioni. In Trentino-Alto Adige viene mantenuta la previsione di collegi uninominali accanto a una quota proporzionale. Per accedere alla ripartizione dei seggi i partiti devono superare la soglia del 5% come in Germania. Lo sbarramento della legge attuale è del 3%, mentre il Mattarellum e il Porcellum l’avevano fissato al 4%, così come previsto per le elezioni europee. I partiti che non superano il 5% ma ottengono un quoziente pieno in almeno tre circoscrizioni presenti in almeno due Regioni diverse, ottengono i deputati corrispondenti a quei quozienti. Per il Senato occorre raggiungere il quoziente pieno in almeno due circoscrizioni anche se nella stessa Regione. Restano in sospeso la questione dei “listini bloccati” e il nodo del “voto di preferenza”. Da rivedere inoltre i regolamenti parlamentari, soprattutto per quanto riguarda le funzioni e la composizione delle Commissioni permanenti. Si ipotizza una riduzione o uno “sdoppiamento” dei componenti in diverse commissioni.

Un complesso lavoro di “maquillage”. Obiettivo di fondo restituire al Parlamento la sua centralità nella vita democratica del Paese in termini di efficienza e di reale rappresentatività. Il problema di Camera e Senato sta infatti nell’esercizio pieno delle prerogative costituzionali reso difficoltoso, se non impossibile, da una inquietante invadenza dei partiti sulla volontà popolare: rappresentanti “nominati” e non rappresentanti “eletti”. Un tema particolarmente delicato collegato alla selezione dei candidati, e cioè alla qualità della classe politica, alla capacità di governo, al reale spirito di servizio. E il ritorno al proporzionale (una scelta politica, non tecnica) non è la strada migliore per recuperare i tanti cittadini che da tempo guardano con diffidenza una rappresentanza parlamentare generata dagli apparati di partito, con interferenze di lobbies o corporazioni che ne condizionano l’autonomia decisionale. Tutti liberi di continuare il folle gioco dei veti e della difesa degli interessi di partito. E allora, perché non rilanciare sul piano nazionale il sistema elettorale adottato per l’elezione dei sindaci? E’ il doppio turno: nel primo passaggio in cabina il voto al partito con voto di preferenza, nel secondo passaggio il voto alla coalizione di governo. Cestinare cioè ogni misero tentativo di spartizione del potere con i ricatti dei numeri. Fantapolitica o richiesta di governabilità?

 

1 commento:

  1. Un suggerimento talmente chiaro e costruttivo che potrebbe essere confuso con 'fantapolitica.....' speriamo di NO
    Buona serata!

    RispondiElimina

I commenti sono moderati e controllati quotidianamente.
Tutte le opinioni sono benvenute. E' gradita la pacatezza.

I GIORNI DI PASQUA NEI BENI DEL FAI IN LOMBARDIA Picnic, giochi all'aria aperta e visite speciali per tutta la famiglia domenica 31 marzo e lunedì 1aprile 2024

                                                       I GIORNI DI PASQUA NEI BENI DEL FAI IN LOMBARDIA Picnic, giochi all'aria aperta e...