17 dicembre 2019

Brexit anno zero, niente sarà più come prima di Antonio Laurenzano

Brexit anno zero, niente sarà più come prima
di Antonio Laurenzano
La Gran Bretagna ha deciso. Boris Johnson, con il voto del 12 dicembre scorso, ha vinto la sua scommessa: rinnovare il Parlamento per superare ostilità e incertezze e portare finalmente fuori dall’Unione europea il Regno di Sua Maestà Britannica, dopo il referendum del 23 giugno 2016. Il voto per la Brexit ha cancellato le gaffe e le contraddizioni di un personaggio gigionesco che, con una campagna elettorale di basso profilo, a volte di dubbio gusto, ha fatto sparire i tagli alla sanità e ai servizi fatti dai governi tories negli ultimi anni.
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Antonio Laurenzano
Johnson ha “confezionato” l’euroscetticismo con una velenosa irriverenza, strombazzando con accenti populistici colpe reali o immaginarie nella tormentata relazione del Regno Unito con l’Ue. E ha catturato il consenso della gente terrorizzata dallo spauracchio di un europeismo federalista. Si chiude dunque la lunga stagione delle ambiguità iniziata nel 1973 con l’ingresso nell’Unione della Gran Bretagna, una storia tormentata, una convivenza difficile. Con un Pil alla fine degli Anni Cinquanta fra i più bassi d’Europa e il tasso di disoccupazione tra i più alti, Londra puntò sull’Europa e indirizzò la domanda di adesione all’allora Cee (Comunità economica europea) che venne rifiutata in due occasioni prima di essere accolta.
Un matrimonio d’interessi spesso in crisi: una prima volta nel 1984 quando la Lady di ferro, Margaret Thatcher, pretese dalla Comunità europea il riconoscimento della clausola “our money back”, la restituzione dei contributi versati per la politica agricola comune (Pac). Ancora più clamorose e deflagranti la presa di posizione britannica nel 1988 contro la “federalizzazione” dell’Europa, con buona pace del pensiero di Winston Churchill, nonché l’opt-out dalla moneta unica, dalla Convenzione di Schengen e dal social chapter, caro a Jacques Delors, Presidente della Commissione europea.
Una presenza ingombrante nell’Ue quella del Regno Unito, da sempre “con i piedi in Europa ma con la testa oltre Oceano”. Un partner critico, arrogante nelle sue incessanti rivendicazioni sovrane, geloso del crescente potere politico ed economico della Germania, uno dei sei Paesi fondatori dell’Unione. Con l’uscita della Gran Bretagna l’Europa perde la più antica democrazia del mondo, la sua seconda economia, il 25% del suo Pil, perde la City, la sua prima piazza finanziaria, una grande potenza militare.
Un difficile momento storico, sul quale pende minacciosa la richiesta del Parlamento scozzese di un referendum bis sulla secessione da Londra in risposta alla Brexit. Una implicita richiesta di indipendenza della Scozia dal Regno Unito alla quale potrebbe seguire quella dell’Irlanda del Nord che preme per ricongiungersi con l’Irlanda. Un percorso in salita per i fragili equilibri politici interni all’Unione europea.
L’incertezza regna sovrana! Come risponderanno i mercati? Quali gli effetti sull’import-export? Quale sarà l’andamento dei tassi di crescita? Per l’Europa un difficile banco di prova: selezionare priorità e interessi condivisi, rafforzare il debole spirito unitario, individuare un credibile assetto istituzionale, disegnare un equilibrato sviluppo economico per azzerare il diffuso euroscetticismo. Ma anche oltre Manica non mancano i problemi. L’accordo con Bruxelles sulla secessione è già stato firmato, sarà il nuovo Parlamento a maggioranza conservatore a doverlo approvare.
Salvo imprevisti, il Regno Unito uscirà dall’Ue il 31 gennaio del 2020 e fino al 31 dicembre del prossimo anno dovrà sottostare alle regole europee. Undici mesi di tempo per negoziare con Bruxelles il futuro rapporto commerciale con l’Europa. Problemi spinosi sul tappeto: agricoltura, pesca, sicurezza, servizi finanziari. Oltre a quelli di carattere finanziario: una cambiale di 40 mld di euro da onorare per i contratti sottoscritti quale Stato membro dell’Unione per finanziare il bilancio comunitario, compresi i programmi di coesione e le spese amministrative.

Non si esauriranno presto le conseguenze delle elezioni del Regno Unito sulla Brexit. Niente sarà più come prima, si avvia a ingiallire il quadro geopolitico che aveva preso forma con i colori della speranza nel secondo dopoguerra. Un divorzio difficile. Una brutta pagina di storia per l’Europa.

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