31 ottobre 2019

Super Mario, la difesa della moneta unica e la stabilità dell’Eurozona di Antonio Laurenzano

Super Mario, la difesa della moneta unica e la stabilità dell’Eurozona
di Antonio Laurenzano

Dopo otto anni Mario Draghi lascia la Banca centrale europea, la massima autorità di politica monetaria dell’Ue, unica istituzione sovranazionale. Nell’Eurotower di Francoforte, alla presidenza della Bce siederà la francese Christine Lagarde, già ai vertici del Fondo monetario internazionale. Esce di scena il difensore dell’Euro la cui politica monetaria espansiva alla guida della Bce ha rappresentato un’ancora di salvezza per la stabilità dell’Eurozona. E questo nonostante l’handicap di partenza, una moneta unica priva della governance politica di un’Europa unita.
Mario Draghi sarà ricordato per il suo forte impegno nel gestire la crisi economica e finanziaria più profonda del dopoguerra, la stessa che ha sconvolto gli equilibri mondiali, generata dallo shock finanziario dei mutui sub-prime scoppiata negli USA nell’autunno del 2008. Una leadership che ha garantito fiducia nella tenuta del sistema, superando non pochi rapporti conflittuali. Sono stati anni particolarmente difficili per l’euro. Sin dai primi mesi del suo insediamento a Francoforte, ”super Mario” si trovò ad affrontare momenti delicatissimi. Negli anni a cavallo tra il 2011 e il 2013 si parlò apertamente di possibile fallimento dell’euro, del crollo dell’Eurozona: 19 Paesi, un Pil di 11mila miliardi di euro, 350 milioni di abitanti. A rischio il progetto politico dell’Unione europea, l’azzeramento di oltre 60 anni di vita comunitaria.
La globalizzazione, l’incertezza della politica economica di Bruxelles e la  speculazione dei mercati sui debiti sovrani di Grecia, Portogallo, Irlanda , Spagna e Italia minarono la stabilità e l’esistenza della moneta unica. In quegli anni si parlava di contagio, di “PIIGS”, di uscita dall’euro dei Paesi in dissesto finanziario, di default di Eurolandia. Il 26 luglio 2012, nel pieno delle turbolenze finanziarie, con Grecia, Irlanda e Portogallo già sottoposte a “bailout” (piano di salvataggio finanziario), Draghi pronuncia il famoso discorso del “whaterver it takes”, l’impegno della Bce a sostenere l’euro “ad ogni costo”, con l’obiettivo di mettere fine all’ondata speculativa sulla tenuta dell’Unione monetaria che rischiava di travolgere i Paesi più deboli, a cominciare dall’Italia. E le sue parole sulla irreversibilità dell’euro contribuirono a proteggere l’Eurozona dalla speculazione e da una drammatica implosione, evitando la marginalizzazione dell’Ue.
In questa ottica, l’azione di Mario Draghi, pur nella consapevolezza che la politica monetaria non può supplire alle incertezze dei governi nazionali sulle politiche fiscali, è legata al taglio dei tassi di interesse fino a portarli in negativo, al piano di rifinanziamento a lungo termine (LTRO) per sostenere la liquidità delle banche in un periodo di sofferenze e di stretta creditizia, allo sblocco del Meccanismo europeo di stabilità (ESM), il Fondo salva-Stati studiato per porre rimedio a crisi debitorie dei Paesi in crisi. Ma la carta vincente della politica monetaria dell’ex Governatore di Bankitalia è stata il “Quantitative easing” con il quale l’Eurotower acquista i titoli di Stato dalle banche, immettendo sul mercato liquidità da destinare al finanziamento di famiglie e imprese, a supporto dei consumi e della crescita. Un’operazione che dal 2015 è quantificabile in oltre 2600 miliardi di euro, pari a quasi il 20% del Pil dell’Ue. Una scelta coraggiosa in un contesto negativo dell’economia europea, il bazooka della Bce aspramente contestato dai Paesi rigoristi del Nord Europa, nonostante le sollecitazioni di riforme strutturali di Draghi ai governi nazionali per mettere in sicurezza i conti pubblici e il futuro delle nuove generazioni.
La sua (pesante) eredità è racchiusa nel messaggio finale lanciato in occasione dell’ultimo direttivo della Bce: “non mollare mai”, in coerenza con quello che è stato il suo dogma di sempre: «Operare con conoscenza, coraggio, umiltà». Una lezione per una idea nuova di Europa, per un salto di qualità delle istituzioni comunitarie a sostegno di un progetto europeo condiviso e di un’adeguata capacità di bilancio dell’Eurozona. A Christine Lagarde il compito di “non disperdere l’azione di un uomo che ha portato molto in alto il sogno europeo, un degno erede dei padri fondatori dell’Europa”. E’ l’appello del Presidente francese Macron alla cerimonia di addio di Draghi, a Francoforte. Per il Presidente Mattarella, il sigillo dello «straordinario impegno al servizio dell’Europa di un grande italiano».

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