31 luglio 2019

UNA LETTERA DEL 1941 a cura di Marco Salvario

UNA LETTERA DEL 1941 a cura di Marco Salvario

A volte la morte di persone care ci costringe a mettere ordine tra le testimonianze del loro passato; ricordi nascosti in scatole polverose, in astucci segnati dal tempo, in buste logore, in plichi legati da spago o da cordini colorati. Dal passato di mia madre, purtroppo recentemente mancata, affiora una montagna di antiche testimonianze. Ricordi di gioie e di dolori, di momenti condivisi con persone ormai quasi tutte scomparse.
Tra le tante testimonianze fa capolino una breve lettera di settantotto anni fa, scritta dalla sua maestra. La data è 27-VII-41. L’Italia è in guerra e il clima che si respira, malgrado siano molte le avvisaglie della catastrofe verso cui il paese sta scivolando, sembra ancora sereno. Da poco, dopo la conquista dei Balcani, Hitler ha scatenato l’attacco sul fronte russo e Mussolini l’ha appoggiato con l’invio di decine di migliaia di soldati male equipaggiati. Un mese dopo inizierà il tesseramento del pane.
La lettera è scritta su un cartoncino sagomato rozzamente e ingiallito dal tempo con una calligrafia che fa pensare a un pennino intriso d’inchiostro, le righe prodigiosamente diritte e allineate a sinistra mentre a destra la passione dello scrivere spinge le parole ad appiattirsi per sfruttare anche l’ultimo millimetro di spazio disponibile.
Mi sono commosso leggendo la descrizione che l’insegnante fa di mia madre, “… la tua figuretta esile, dai grandi occhi attenti e pieni d’intelligenza.” Un’immagine dolcissima, anche se non gradita agli ideali di quel periodo dove la donna doveva essere prosperosa, atletica, solida fattrice di una numerosa prole littoria. La fragilità di mia madre e la sua intelligenza erano viste come difetti.
Il fascismo controlla ogni momento della vita degli italiani e lo dimostra con la censura che butta l’occhio persino sulla lettera di una maestra in vacanza a una sua studentessa tredicenne. Un timbro rotondo. Verificato. Sapendo di quest’occhio pericoloso, si scrive con reticenza e cautela. Della guerra si accenna di sfuggita, e potrebbe persino essere pericolosa la frase, “Sono lieta di pensarti in un luogo sereno e pieno di pace.” Questo è velato disfattismo! Pace e serenità non sono certo tra gli ideali del ventennio, anche se il duce ha affermato che “l’Italia desidera la pace, ma non teme la guerra”. Non dimentichiamo che l’Italia inizia la belligeranza contro Francia e Inghilterra il 10 giugno del 1940 e solo due giorni dopo deve registrare il primo bombardamento aereo su una Torino assolutamente impreparata, che causava diciassette morti e gravi distruzioni.
Ritorno sul timbro, su quella violazione della privacy nella corrispondenza privata effettuata in modo invasivo e indiscreto e segnalata con arroganza e prepotenza. Probabilmente non è un caso che il timbro cada proprio dove è scritta la parola “guerra”. Fosse successo oggi, penserei all’utilizzo di un software di riconoscimento che appena individua una parola tra quelle critiche, si attiva, invece si trattava di solerti piccoli funzionari allenati allo stesso compito.
Da quel timbro della censura, emblema dei diritti di riservatezza violati senza pudore, io sono offeso ancora oggi. Posso capire in parte la censura delle lettere inviata da e per il fronte, ma la morsa feroce imposta sulla posta interna, è un’ingerenza insultante e costosa. Una testimonianza semplice ma inequivocabile di come fosse schiacciata ogni forma di libertà in quel tragico periodo.

Nessun commento:

Posta un commento

I commenti sono moderati e controllati quotidianamente.
Tutte le opinioni sono benvenute. E' gradita la pacatezza.

I GIORNI DI PASQUA NEI BENI DEL FAI IN LOMBARDIA Picnic, giochi all'aria aperta e visite speciali per tutta la famiglia domenica 31 marzo e lunedì 1aprile 2024

                                                       I GIORNI DI PASQUA NEI BENI DEL FAI IN LOMBARDIA Picnic, giochi all'aria aperta e...