28 maggio 2019

UNA LETTERA DA SALO'a cura di Angelo Ivan Leone

UNA LETTERA DA SALO'

a cura di Angelo Ivan Leone

Mario Moretti, ventottenne con moglie e un figlio, in attesa dell’esecuzione.
16 Aprile 1944 […] Se dovessi dire che vado a morte contento, direi una bugia e tu non sapresti il vero di Mario tuo. Morire in questo momento avrebbe per me tre squallori, l’uno più grande dell’altro. Primo: Non solo chiudere gli occhi su una Patria morente, senza conoscere qual è la via d’uscita che può renderla ancora onorata e libera, se non grande, ma lasciare il popolo, cui purtroppo appartengo, senza meta ed in letale avvilimento, né scorgere la via per cui esso voglia e sappia redimersi! Una massa di cani urlanti e di iene pispiglianti, un caotico sopportamento di ogni disonestà, l’assenza di un: “Homo novus”. Secondo: Che in questa Italia sconvolta e perigliosa io lascio te, sola, indifesa, con un avvenire scuro quanto mai… e oggi forse saresti donna con un concetto meno lirico della vita, con ricordi forse più realitisci, ma men puri e ideali. Ma la vita, se non vuol essere una sporca vicenda, dev’essere come noi l’abbiamo vista insieme… Perciò i nove anni di poesia che ci siamo regalati, anche se oggi le ansie e le umiliazioni, le fatiche e gli inganni ti serreranno alla gola con l’assillo della realtà, resteranno sempre un retaggio di un immensa felicità e di fortificanti ricordi. Terzo: Il rimpianto di non essere ancora felice con te, con Sergio, (il figlio dell’uomo n.d.a.), con voi creature adorate del mio cuore. Oh, i sogni cui mi sono così spesso abbandonato!… la tranquillità del ritorno a casa dopo il lavoro, l’educazione di Sergiotto e tante, tante altre cose su cui non oso fermarmi per non incrinare la mia forza d’animo… E’ duro sparire dal mondo quando un angioletto come Sergio, carne nostra, non mi ha ancora detto la prima parola, eppur mi ha svelato tutto un programma di missione, di sacrifici e di infinite dolcezze… Ho fede, molta Fede in Dio e tu sai che in questa fu una costante e non l’angosciosa ispirazione della paura di morire… Nè temo che la mia sorte sia inutile. Benché oggi un uomo vivo e capace di combattere per un’idea sia molto più utile all’Italia che un morto, pure è necessario l’olocausto di molte vite che appiano insegnare ai pavidi come si muore, che sappiano additare alle generazioni future fin dove si può bere l’amaro calice. Se non avessi avuto te, voi, avrei ritenuta la morte la miglior ventura in giorni così turpi.. […] Sergio! Oh Sergio… Sergio! Oh Sergio mio… Eppure papà tuo morirà sentendo le tue manine sul volto e cullato dai gorgheggi della tua boccuccia dorata. Ma forse papà potrà lasciarti qualcosa di utile: un viatico che nel mondo di oggi ti peserà più di una cassaforte piena. Sii onesto fino allo scrupolo: chi trascura il piccolo finirà col trascurare il grande. Papà in periodo di caos poteva diventare ricco e invece non trovò nemmeno un po’ di pelle per farti le scarpette da neonato. Ma ne era fiero e felice più di un miliardario… Sii libero delle tue opinioni; rimuginale finché le avrai rese perfette e poi fattene bandiera senza paura, senza temere nulla… Pensa a tuo padre come a colui che ti ha adorato due volte, come Sergio e come figlio della donna idolatrata. Non rimproverarmi se sono morto prima di averti condotto al riparo: non potevo. Ama l’Italia, e se vivrai in tempo di avvilimento e di servaggio, pensa che essa fu grande e sfortunata perché i suoi figli non furono degni di Lei. Se invece vivrai in tempi di gloria e di onorata ricostruzione, pensa che tuo padre è morto per crearla tale e siine orgoglioso. […] Viva l’Italia!
Addio, Maria.
Addio, Sergio.
 Dopo questa lettura, io che creperò antifascista, non posso che tributare verso questi uomini, verso questi fascisti, verso questi sconfitti un immenso onore e un infinito rispetto.

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