24 maggio 2019

Sonosolostoria. La guerra civile italiana e le 150mila vittime di Angelo Ivan Leone

Sonosolostoria. La guerra civile italiana e le 150mila vittime
Il fronte italiano era quindi considerato di secondaria importanza dagli Alleati, questo non solo per l’immenso sforzo operato in Francia, ma anche per complesse ragioni geopolitiche.
Era stato sir Winston Churchill a volere, più del suo alleato Roosevelt, aprire il secondo fronte in Europa attaccando l’Italia, da lui ritenuta giustamente “il ventre molle dell’Asse in Europa” .
La vecchia volpe del primo ministro britannico aveva una volta in più dimostrato il suo fiuto perché, infatti, l’invasione della Sicilia, riuscì ottimamente con le truppe anglo-americane che ebbero resistenze nella battaglia solo da parte delle truppe tedesche, guidate da un uomo che segnerà, da questo momento in poi, tutta la campagna di Italia: il maresciallo, diverrà feldmaresciallo nel corso della guerra per i suoi indubbi meriti militari, Albert Kesserling (1885-1960).

Dopo la conclusione dell’operazione Husky, con la Sicilia conquistata totalmente in un mese dalle truppe del generale britannico Montgomery e da quelle del generale statunitense Patton (il film Patton generale d’acciaio racconta molto bene come si svolsero da parte alleata militarmente le operazioni), il governo italiano iniziò a trattare con gli Alleati portandoci, come abbiamo visto nel primo capitolo, alla vergogna dell’8 settembre.

Una volta firmato l’armistizio e messe al sicuro le loro regali teste, il sovrano Vittorio Emanuele III, che sulle prime continuò a essere addirittura chiamato Imperatore d’Etiopia e Albania come durante l’infausto ventennio, ebbe molti problemi da affrontare assieme al suo seguito e al vecchio Maresciallo Pietro Badoglio. Iniziava sotto la luce di questi due uomini, il vecchio re e Badoglio, la vita di quello che passò alla storia come il regno del Sud.
In tutto il centro nord ancora occupato dai nazifascisti, si costituì la Repubblica Sociale Italiana, meglio nota con l’acronimo Rsi, che poi i posteri ribattezzarono con il nome di Repubblica di Salò, dove il Duce, dopo essere stato liberato dalla prigionia da parte di un reparto di parà tedeschi, pose il suo governo.

La repubblica di Salò

fu sin dall’inizio un coacervo di contraddittorie linee ideologiche; in essa convissero: i peggiori rantoli di uno squadrismo cieco e torturatore, molti ladri di polli, ma anche uomini, molti dei quali giovanissimi, che in assoluta buonafede cercarono di servire la loro patria e di onorare la parola data al Duce per combattere quelli che consideravano i nemici dell’Italia. Basterebbe leggere le lettere dei condannati a morte della Rsi per capire quanto questi uomini assomiglino ai partigiani per la comune lealtà alla loro causa.

L’avventura dell’ultimo Mussolini a Salò

si concluse, dopo la fucilazione, a Piazzale Loreto a Milano, il 28 aprile 1945, dove furono esposte le salme del Duce e di Claretta Petacci, assieme a quelle di altri importanti gerarchi del Fascismo, appese per i piedi a un distributore di benzina per vendicare, si disse, l’uccisione di partigiani avvenuta tramite impiccagione, un anno prima, nel medesimo piazzale.
Il vecchio camerata del Duce Adolf Hitler, che tanto aveva contribuito a scaricargli addosso l’odio degli italiani, riseppe la notizia della fine di Mussolini l’indomani, 29 aprile. La notizia della fine di Mussolini spinse il Führer ad accingersi ai preparativi per la propria morte, mentre i Russi erano già a Berlino e lui si ritrovava da alcune settimane rinchiuso nel bunker antiaereo della Cancelleria. Per cui, una volta testato il cianuro sulla sua cagna Blondi e averne quindi visto il fatale effetto, Hitler, dopo aver scritto i suoi due testamenti, politico e personale, si congedò dai suoi ultimi fidi, la famiglia Goebbels e le sue segretarie, per poi spararsi mentre ingurgitava una capsula di cianuro, seguito in questa spirale di morte tramite suicidio da Eva Braun, sposata da lui poche ore prima della sua morte, e dall’intera famiglia Goebbels in un’atmosfera che è molto ben raccontata nel film La caduta. Gli ultimi giorni di Adolf Hitler.
Era il 30 aprile del 1945 e, mentre il Führer moriva, le truppe sovietiche issavano la bandiera rossa con la falce e il martello sulle rovine fumanti della cancelleria. La battaglia di Berlino, ultimo tributo di sangue versato dall’Europa nella Seconda guerra mondiale, era finita.

Il 7 maggio 1945, la Germania nazista firmava la sua resa incondizionata agli Alleati.

La guerra in Europa era terminata. Come abbiamo visto, alla caduta del Fascismo, nella notte tra il 24 e il 25 luglio del ’43, seguì l’arresto di Mussolini e la nomina di Badoglio a primo ministro. In settembre, gli Alleati, sbarcati in Calabria, a Salerno e a Brindisi, liberarono gran parte dell’Italia meridionale, mentre l’8 settembre venne comunicata per radio la firma dell’armistizio, con l’esercito che si disgregò, il re che fuggì a Pescara e di lì a Brindisi, già ben oltre le linee alleate, e i tedeschi che occuparono gran parte della penisola. Tra l’ottobre e il novembre del ’43, i nazisti, guidati dal geniale Kesserling e attestati sulla linea Gustav, una linea che tagliava in due la penisola passando per Cassino e la sua famosa abbazia, fermarono l’avanzata degli Alleati. Qui il fronte si fermò dal dicembre del ’43 al maggio del ’44. Questo intervallo di tempo venne inframmezzato dallo sbarco che gli Alleati effettuarono ad Anzio il 22 gennaio 1944, sbarco che venne anch’esso circoscritto dall’ottima organizzazione data alle truppe germaniche da Kesserling.
L’attacco portato dagli Alleati a Montecassino, cardine della linea Gustav, iniziò a febbraio e si concluse a maggio, con lo sfondamento di tale linea. Il 4 giugno, Roma veniva infine liberata. A settembre del ’44, gli Alleati si arrestarono sulla linea gotica, che correva da Pisa sul Tirreno a Rimini sull’Adriatico. Il 17 aprile del 1945, anche questo fronte venne sfondato dagli anglo-americani, che irruppero oltre la linea gotica e provocarono, insieme all’insurrezione generale proclamata dal Comitato Liberazione Nazionale Alta Italia, Clnai, il 25 aprile, il crollo delle truppe tedesche nella penisola.

Il 2 maggio 1945, i tedeschi si arrendevano

senza condizioni agli Alleati: “sull’Italia in rovina è finalmente tornata la pace”. La Liberazione dell’Italia, avvenuta il 25 aprile 1945, è stata pagata con un gran tributo di sangue dai partigiani. Alle vittime militari, purtroppo, vanno ad aggiungersi le vittime civili fatte dalla barbarie nazifascista come ritorsione all’azione dei partigiani. Complessivamente, tra combattenti e civili, il numero delle vittime degli anni della Resistenza ammonta a più di 150mila uomini. Fu questo, quindi, il tributo di sangue pagato dal Paese per ritornare alla democrazia, che, come diceva Churchill, “è la peggiore soluzione eccettuate tutte le altre”.
[immagine di copertina di storiaxxisecolo.it]

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