14 gennaio 2019

IL “PASO”, CAMPIONE DEL MOTOCICLISMO ITALICO a cura di Vincenzo Capodiferro


IL “PASO”, CAMPIONE DEL MOTOCICLISMO ITALICO
Eroe morto sul campo di Monza nel 1973

Leggiamo insieme la testimonianza del nipote di Renzo Pasolini, Mattia, perché è veramente toccante: «Renzo cominciò le prime esperienze con la moto da cross con suo padre come manager, ma i due non andavano molto d’accordo, essendo due piloti e padre e figlio, e mio nonno finì per “licenziare” suo padre … Mio nonno nacque nel 1938 ed il suo modo di correre entusiasmò le sue folle per la sua guida istintiva nelle curve; Renzo corse per molte case costruttrici famose nel mondo, come l’Harley-Davinson, l’Aermacchi e la Benelli. Nel 1967, dopo aver vinto molti GP nel campionato italiano e mondiale la Benelli gli affidò la nuovissima 500 quattro cilindri con la quale Renzo poté combattere con i migliori, vale a dire con Giacomo Agostini e … Mike Hailwood … L’anno successivo colleziona moltissimi secondi posti e riesce a conquistare il titolo italiano nella 250 e nella 350. Nel 1971 il nonno firmò un contratto con l’Aermacchi Harley-Davinson … solo che nel 1972 arrivarono nuovi piloti di talento … Nel 1973, il 20 maggio cambiò tutto: all’autodromo di Monza, posta che ho sempre odiato per quello che è successo, si stava per svolgere la gara delle 250 … mio nonno venne sbattuto sulle barriere della pista che al tempo erano coperte soltanto da delle balle di paglia … La moto di Renzo torna in pista causando la caduta di ben otto piloto e tra cui Jarno Saarinen, rialzatosi, viene investito da altri piloti, mentre il corpo esanime di mio nonno giaceva a bordo pista, lì, da solo, senza nessuno … lui amava la sua famiglia, amava stare con i suoi figli Stefano, Renzo e Sabrina … Ricordo di aver visto un’intervista … un video trasmesso … su Rai Tre…: «Ma lei, Paso, ha paura della morte?» e lui ribatté: «È un peccato quando un pilota muore, si perdono molti amici in questo sport! Comunque io non mi faccio intimidire da queste cose, se lo facessi non andrei più avanti e sono convinto che quando si deve morire si muore!»». Veramente un eroe! Sulla vita del Paso segnaliamo questa ricchissima biografia: “Il Paso. Renzo Pasolini. Re senza corona”, edito da Minerva, Bologna 2018 e scritto da Arturo Rizzoli, il quale condivide con il Paso «una passione per le moto che viene da lontano e …, inizia a scrivere di moto a 18 anni per il quotidiano “Stadio – Corriere dello Sport”». Ricordiamo naturalmente anche la datata biografia di Gianni Bezzi, “Renzo Pasolini”, delle Edizioni Mediterranee, Roma 1975. Il soggetto è sempre lui! Renzo Paolini! Romagnolo autentico trasferito a Varese! «Ma cosa ci fa un ragazzo come Renzo, romagnolo puro sangue di Rimini, sulle rive del lago di Varese? Alla base di tutto c’è la passione per le moto e la meccanica in generale del papà di Renzo, Massimo …». Ma Renzo Pasolini, chi era costui? Con manzoniana memoria sintetizziamo, con le parole del Rizzoli: «Renzo Pasolini è passato alla storia come il grande rivale di Giacomo Agostini e per gli epici duelli affrontati con mezzi inferiori scatenando emozioni e passioni nelle folle, divise in dualismo che ricordava quello tra Coppi e Bartali». E sempre con manzoniane sentenze ci chiediamo. Fu vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza. Per noi è fuori dubbio: fu verissima gloria! Renzo Pasolini è stato un campione, però poco riconosciuto e lo sottolinea anche il Rizzoli nel sottotitolo: “Re senza corona”. Muore troppo giovane … perché? “Muor giovane colui che al cielo è caro”. Gli eroi muoiono giovani perché gli Dei sono invidiosi delle loro opere. Foscolo l’aveva capito benissimo: la poesia, cioè la creatività, in qualsiasi forma essa si manifesti, è eternatrice, rende eterni come gli Dei. Rileggiamo anche brevemente il punctum mortis, riportato dal Rizzoli nella sua preziosa biografia: «Alle 15.17 del 20 maggio 1973, al Curvone di Monza il motociclismo vive una delle sue pagine più nere. Perdono la vita Pasolini e Saarinen. Ma quello che succede prima e dopo il tremendo incidente è un insieme di fatti e circostanze che le competizioni delle moto non devono più vivere. E così sarà. Per questo motivo fin da subito si disse: a Monza è finita un’epoca, queste parole furono l’attacco del resoconto di Monza su “La Gazzetta dello Sport” di una grande firma come Pino Allievi». Come questo punto viene ricordato, anche dal nipote Mattia! È la morte che rende l’uomo eterno, la morte eroica lo rende eroe. La morte paradossalmente, il supremo sacrificio della vita rende compiuto l’ultimo senso dell’esistenza, in una parentesi heideggeriana: l’essere per la morte! Ecco perché Renzo non aveva paura di questa “ignota visitatrice”. Si legge nella biografia succitata un alone di pessimismo, che scorre nei vari titoli: L’illusione, la delusione, la tragedia … La sfortuna ci vede benissimo … Gioie? Poche. Dolori? Tanti! Beffato da un doppio infortunio … Eh! Sì! La vita è tragedia! Ce lo hanno ripetuto tanti: Schopenhauer, Nietzsche … Non è commedia! Sono poche le storie che finiscono in … e vissero felici e contenti. Gli eroi sono coronati di gloria, ma la gloria è frutto del dolore, di una corona spesso di spine. Così abbiamo ricordato la vita di questo eroe contemporaneo, grandioso, eccelso. Ma pure è soprattutto il dolore dà senso alla vita. Non v’è rosa senza spine. È così. Possiamo almeno esprimere un senso di profondo riconoscimento e di gratitudine verso quest’uomo che in altri tempi ha dato onore all’Italia con le sue passioni e le sue vittorie.

Vincenzo Capodiferro

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