12 novembre 2018

L'Europa che non c'è a cura di Antonio Laurenzano

Forte appello lanciato da Massimo Cacciari al recente Forum organizzato a Milano dal Pd: “Ripensare radicalmente l’Unione, non possiamo difendere l’indifendibile”. Un appello a pochi mesi dalle elezioni europee di maggio, “quelle politicamente più importanti mai fatte”, per recuperare consenso attorno all’Unione e dare vita a una nuova governance europea capace di assorbire il diffuso antieuropeismo e allontanare i fantasmi di una sua disgregazione.

E’ profonda la sfiducia dei cittadini europei nelle istituzioni e nella tecnocrazia di Bruxelles. Una delusione per l’Unione giudicata lontana dai reali bisogni della gente. Questa Europa provoca sentimenti di ostilità, viene vissuta come l’Europa dei poteri finanziari, un’Europa che genera inquietudini, crea insicurezze, crisi di identità nazionali. Nel rifiuto di questa Europa sono confluite irrazionalmente rigurgiti di anacronistici nazionalismi, paure xenofobe, voglia di protezionismo economico. Il malessere è nello smarrimento del ceto medio, della vecchia classe operaia e dei giovani arrivati sul mercato del lavoro dopo il crack del 2008, terrorizzati dalla crescente precarietà occupazionale.

In questo spazio di disagio sociale, alimentato da una crisi di rappresentanza, si inseguono le sirene del populismo e l’illusione del sovranismo da parte di movimenti e partiti che di fatto azzerano  quella solidarietà che in Europa aveva accomunato tutte le forze politiche alla fine della seconda guerra mondiale e su cui era stato edificato il sogno europeo. Un fenomeno che pone seri interrogativi sul futuro delle democrazie europee e che fa vacillare il patrimonio di valori comuni costruiti in oltre settant’anni di pace. Il nazionalismo, padre di tutte le guerre, torna ad alzare la testa in maniera preoccupante, proponendo un presente che ha perso la memoria del passato! In un’Europa segnata dalla recessione economica e dall’austerità, populismo e nazionalismo rischiano di prendere il sopravvento veicolando l’opinione pubblica verso pericolose forme politiche di anti-sistema. Un salto nel buio in un’Europa intergovernativa priva di un governo e di una politica comune. Si sta miseramente sgretolando il tasso di unità che ha tenuto in vita le tante diversità dell’Unione, ma soprattutto si sta dissolvendo l’originario spirito comunitario dei Padri fondatori. L’Unione europea non è ancora un’Unione: manca un patto federativo (Costituzione) in forza del quale lo stare insieme, il decidere insieme, l’agire insieme siano un autentico collante.

Per superare le insidie della globalizzazione, trovare cioè la via del futuro, non basta l’unità delle monete, dei mercati, delle banche centrali. L’Europa deve riaffermare la propria millenaria identità culturale e  sviluppare in modo organico politiche economiche espansive per ridurre le differenze sociali. E’ tempo di “svecchiare”  le istituzioni  di Bruxelles recuperando democrazia e credibilità al rapporto con i cittadini : cancellare il diritto di veto, abolire le rendite di posizione, promuovere l’unione fiscale. Il mondo ci propone sfide che si vincono solo con un’ Europa unita, ben consapevoli che il corso della storia è più forte della ignavia degli uomini e della demagogia elettoralistica. La via da seguire è “condividere il futuro nell’Unione europea”, secondo il monito del Presidente Mattarella, a cento anni dalla fine della Grande guerra.

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