I
COCCI DEL MIO ALFABETO
Una
raccolta poetica “neoclassicista” di Filomena Lombardo
“I
cocci del mio alfabeto. Parole tra letteratura, arte e mito” è una
raccolta poetica di Filomena Lombardo, edita da Emia, Riano luglio
2018. Filomena Lombardo è nata nel 1971 a Brackenheim, si è
trasferita da bambina a Varese e si è laureata in lettere moderne.
Insegna al Liceo artistico “A. Frattini” di Varese. Appassionata
di Storia antica, arte e Lettere antiche, nonché di Archeologia, in
cui ha conseguito il diploma di laurea, ha pubblicato per Emia anche
un’altra opera bellissima: “Il tiranno politico. Gelone, tra
Oriente e Occidente”. «”I Cocci del mio alfabeto” ha a che
fare con il peso delle parole. Con il loro carico. Con il loro
dovere. Con la loro responsabilità. Con la loro sostanza, anzitutto.
Che è carne e spirito. Che è corpo ed anima. Delicata e
cagionevole. Deperibile e gracile. In questo prezioso “guscio
editoriale” (la parola coccio deriva dal greco “ostrakon” che
significa proprio conchiglia» (Dall’Introduzione
di Italo Arcuri). Quest’opera poetica, infatti, ha a che fare
proprio con l’archeologia. Filomena in questo ultimo lavoro, in cui
si è cimentata, ci ha voluto offrire un vero e proprio dizionario
poetico, una micro-enciclopedia, la quale riassume in termini
“neoclassicisti” tutto il patrimonio della grecità, frammisto
alla sua esperienza di cultrice, ma anche di passionale. Si tratta di
un mirabile esperimento di “poiesis”, nel senso più autentico
del termine. I componimenti sono posti in ordine alfabetico. Già la
parola coccio
deve farci riflettere. L’”ostrakòn” è l’ostrica, che veniva
usata per colorare i vestiti, da cui i Fenici purpurei, ma che veniva
usata anche per decretare l’esilio o la morte di qualcuno. È il
doppio senso della parola, rivelante, ma nello stesso tempo
ostracizzante. Ricordiamo gli “Ossi di seppia” di Montale.
Perché il problema è: non sempre è facile parlare, esprimere; la
verità porta con sé la persecuzione, è un complesso di Cassandra.
«Non chiederci la parola che squadri da ogni lato/ l’animo nostro
informe …». Filomena dedica l’opera «… alle genti del nostro
sud, imbevuta di grecità e classicismo …». Ed è vero. Basta
prendere i dialetti. Ogni paese ce n’ha uno! Ma non solo! Ogni
parola reca il segno, la traccia delle antiche lingue (greco, latino,
arabo) e poi di quelle dei dominatori (spagnolo, francese …).
Basterebbe rileggere la monumentale opera di Monsignor Mennonna, “I
dialetti gallitalici della Lucania”, per rendersene conto. Lo stile
di Filomena riflette il classicismo che si denota nel lessico, ma
soprattutto “I Cocci” ci danno l’idea di un’attività
archeologica. Come nell’archeologia classica, che Filomena pratica,
si scava per trovare frammenti reconditi di storia, così si fa in
questo esperimento poetico bellissimo. È un’attività
psic-archeologica che cerca di ritrovare gli archetipi junghiani
presenti nell’inconscio del nostro io collettivo. Non a caso Freud
paragonava l’attività dell’analista a quella dell’archeologo.
Ma seguiamo alcuni passaggi: «Amore è lettera: epistola erotica in
versi,/ motivo dell’amore infelice di Penelope e Ulisse/ in Itaca
per sempre,/ Fedra
e Ippolito ne Le
metamorfosi ovidiane/
Didone e Enea nel divino Poema di Virgilio,/ Medea e Giasone in
Eschilo/ ed Elena e Paride in Omero,/ rievocazione di momenti/ dolci
ed indimenticabili dell’amore/ tra l’imperatore Adriano e il
camillo Alcinoo». Ecco come il tema dell’amore risulta modulato
sulle reminiscenze classicistiche! L’esperimento neoclassico vien
ribaltato, con le cornici adatte, nel mondo attuale del
post-modernismo e quindi anche post-classicismo. Seguiamo nel tema
dell’Arte
l’eternità del modello elladico per tutte le generazioni: «Arte
sta all’Ellade come l’uomo alla sua terra,/ di cui ne assapora
l’aria viva/ e con ingegnose competizioni/ dona vita alle più
geniali e artistiche creazioni». La grecità è l’anima del mondo
occidentale. Seguiamo, ad esempio, Cultura:
«Cultura è quella siciliana, indicibilmente bella/ e pittoresca, di
cui Goethe/ ne fu sorprendentemente innamorato,/ quando giunto
nell’Isola,/ durante il celebre viaggio/ non omette di inneggiare,/
che l’Italia senza Sicilia non lascia alcuna immagine nello
spirito». Anche qui si sottolinea la centralità della Sicilia nel
Mediterraneo, crocevia di culture, tomba e ristoro delle genti, mare
nostrum
e mare ostile. È la Sicilia di quel “Gelone tra Oriente e
Occidente” di Filomena. Infine sottolineiamo quella specie di Inno
a “Zeus”, che è bellissimo: «Zeus Dio più grande del pantheon
ellenico,/ Zeus troneggia sull’Olimpo … ». A nostro avviso è la
composizione centrale di tutto questo dizionario poetico della
cultura classica. Infine concludiamo con “Metafragando”, ove si
legge, tra l’altro: «Il Sud ha imposto questa immagine/ capace di
evocare un mondo perduto …». Oggi la Questione Meridionale sposta
il suo asse a tutto il continente africano ed a parte dell’Asia: è
molto più complessa ed articolata della vecchia, seppure sempre
attuale, questione. Si sposta in pratica al Mediterraneo, a quella
Sicilia che funge da tramite sempre tra Oriente te ed Occidente, ma
soprattutto tra Settentrione e Mezzogiorno. «Non saremmo partiti
senza il dramma dell’Olocausto!». Il nuovo Olocausto si consuma
tra il Sahara ed il Mediterraneo. Concludiamo con le stesse parole di
Italo: «Il mito che deriva dalla lettura de I
Cocci,
infine, si rivela in una serie di segni grafici, quasi in una
calligrafia moderna, dove il carattere e lo stile sono solo il
pretesto per dar forma a una visione d’insieme. Individuata come
Itaca, perciò cercata con ansia e, per fortuna, mai raggiunta.
L’utopia, altrimenti, si ridurrebbe a concretezza». Oggi non a
caso si parla di Retrotopia
(Z. Bauman), cioè utopia che guarda al passato ed ove può trovare,
come sempre, terreno fertile se non nella beneamata Ellade, patria di
ogni classicismo? L’ultima opera di Filomena Lombardo sarà
presentata il 29 novembre presso la Biblioteca Civica di Varese alle
ore 18.00.
Vincenzo
Capodiferro
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