05 novembre 2018

I COCCI DEL MIO ALFABETO Una raccolta poetica “neoclassicista” di Filomena Lombardo a cura di Vincenzo Capodiferro


I COCCI DEL MIO ALFABETO
Una raccolta poetica “neoclassicista” di Filomena Lombardo

I cocci del mio alfabeto. Parole tra letteratura, arte e mito” è una raccolta poetica di Filomena Lombardo, edita da Emia, Riano luglio 2018. Filomena Lombardo è nata nel 1971 a Brackenheim, si è trasferita da bambina a Varese e si è laureata in lettere moderne. Insegna al Liceo artistico “A. Frattini” di Varese. Appassionata di Storia antica, arte e Lettere antiche, nonché di Archeologia, in cui ha conseguito il diploma di laurea, ha pubblicato per Emia anche un’altra opera bellissima: “Il tiranno politico. Gelone, tra Oriente e Occidente”. «”I Cocci del mio alfabeto” ha a che fare con il peso delle parole. Con il loro carico. Con il loro dovere. Con la loro responsabilità. Con la loro sostanza, anzitutto. Che è carne e spirito. Che è corpo ed anima. Delicata e cagionevole. Deperibile e gracile. In questo prezioso “guscio editoriale” (la parola coccio deriva dal greco “ostrakon” che significa proprio conchiglia» (Dall’Introduzione di Italo Arcuri). Quest’opera poetica, infatti, ha a che fare proprio con l’archeologia. Filomena in questo ultimo lavoro, in cui si è cimentata, ci ha voluto offrire un vero e proprio dizionario poetico, una micro-enciclopedia, la quale riassume in termini “neoclassicisti” tutto il patrimonio della grecità, frammisto alla sua esperienza di cultrice, ma anche di passionale. Si tratta di un mirabile esperimento di “poiesis”, nel senso più autentico del termine. I componimenti sono posti in ordine alfabetico. Già la parola coccio deve farci riflettere. L’”ostrakòn” è l’ostrica, che veniva usata per colorare i vestiti, da cui i Fenici purpurei, ma che veniva usata anche per decretare l’esilio o la morte di qualcuno. È il doppio senso della parola, rivelante, ma nello stesso tempo ostracizzante. Ricordiamo gli “Ossi di seppia” di Montale. Perché il problema è: non sempre è facile parlare, esprimere; la verità porta con sé la persecuzione, è un complesso di Cassandra. «Non chiederci la parola che squadri da ogni lato/ l’animo nostro informe …». Filomena dedica l’opera «… alle genti del nostro sud, imbevuta di grecità e classicismo …». Ed è vero. Basta prendere i dialetti. Ogni paese ce n’ha uno! Ma non solo! Ogni parola reca il segno, la traccia delle antiche lingue (greco, latino, arabo) e poi di quelle dei dominatori (spagnolo, francese …). Basterebbe rileggere la monumentale opera di Monsignor Mennonna, “I dialetti gallitalici della Lucania”, per rendersene conto. Lo stile di Filomena riflette il classicismo che si denota nel lessico, ma soprattutto “I Cocci” ci danno l’idea di un’attività archeologica. Come nell’archeologia classica, che Filomena pratica, si scava per trovare frammenti reconditi di storia, così si fa in questo esperimento poetico bellissimo. È un’attività psic-archeologica che cerca di ritrovare gli archetipi junghiani presenti nell’inconscio del nostro io collettivo. Non a caso Freud paragonava l’attività dell’analista a quella dell’archeologo. Ma seguiamo alcuni passaggi: «Amore è lettera: epistola erotica in versi,/ motivo dell’amore infelice di Penelope e Ulisse/ in Itaca per sempre,/ Fedra e Ippolito ne Le metamorfosi ovidiane/ Didone e Enea nel divino Poema di Virgilio,/ Medea e Giasone in Eschilo/ ed Elena e Paride in Omero,/ rievocazione di momenti/ dolci ed indimenticabili dell’amore/ tra l’imperatore Adriano e il camillo Alcinoo». Ecco come il tema dell’amore risulta modulato sulle reminiscenze classicistiche! L’esperimento neoclassico vien ribaltato, con le cornici adatte, nel mondo attuale del post-modernismo e quindi anche post-classicismo. Seguiamo nel tema dell’Arte l’eternità del modello elladico per tutte le generazioni: «Arte sta all’Ellade come l’uomo alla sua terra,/ di cui ne assapora l’aria viva/ e con ingegnose competizioni/ dona vita alle più geniali e artistiche creazioni». La grecità è l’anima del mondo occidentale. Seguiamo, ad esempio, Cultura: «Cultura è quella siciliana, indicibilmente bella/ e pittoresca, di cui Goethe/ ne fu sorprendentemente innamorato,/ quando giunto nell’Isola,/ durante il celebre viaggio/ non omette di inneggiare,/ che l’Italia senza Sicilia non lascia alcuna immagine nello spirito». Anche qui si sottolinea la centralità della Sicilia nel Mediterraneo, crocevia di culture, tomba e ristoro delle genti, mare nostrum e mare ostile. È la Sicilia di quel “Gelone tra Oriente e Occidente” di Filomena. Infine sottolineiamo quella specie di Inno a “Zeus”, che è bellissimo: «Zeus Dio più grande del pantheon ellenico,/ Zeus troneggia sull’Olimpo … ». A nostro avviso è la composizione centrale di tutto questo dizionario poetico della cultura classica. Infine concludiamo con “Metafragando”, ove si legge, tra l’altro: «Il Sud ha imposto questa immagine/ capace di evocare un mondo perduto …». Oggi la Questione Meridionale sposta il suo asse a tutto il continente africano ed a parte dell’Asia: è molto più complessa ed articolata della vecchia, seppure sempre attuale, questione. Si sposta in pratica al Mediterraneo, a quella Sicilia che funge da tramite sempre tra Oriente te ed Occidente, ma soprattutto tra Settentrione e Mezzogiorno. «Non saremmo partiti senza il dramma dell’Olocausto!». Il nuovo Olocausto si consuma tra il Sahara ed il Mediterraneo. Concludiamo con le stesse parole di Italo: «Il mito che deriva dalla lettura de I Cocci, infine, si rivela in una serie di segni grafici, quasi in una calligrafia moderna, dove il carattere e lo stile sono solo il pretesto per dar forma a una visione d’insieme. Individuata come Itaca, perciò cercata con ansia e, per fortuna, mai raggiunta. L’utopia, altrimenti, si ridurrebbe a concretezza». Oggi non a caso si parla di Retrotopia (Z. Bauman), cioè utopia che guarda al passato ed ove può trovare, come sempre, terreno fertile se non nella beneamata Ellade, patria di ogni classicismo? L’ultima opera di Filomena Lombardo sarà presentata il 29 novembre presso la Biblioteca Civica di Varese alle ore 18.00.

Vincenzo Capodiferro

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