19 novembre 2018

GALANTE CI REGALA: “EMOZIONI ‘N BILICO” a cura di Vincenzo Capodiferro


GALANTE CI REGALA: “EMOZIONI ‘N BILICO”
Versi di alta umanità in una “silloge (quasi) amorosa”

Gianfranco Galante, il cartolaio illuminato, poeta ed editore, ci regala questa volta “Emozioni ‘n bilico. Tra il sentire ed una lacrima, il confine e l’anima. In silloge (quasi) amorosa”, stampato in proprio, novembre 2018. Gianfranco Galante nasce a Varese nel 1964. Vive per un breve periodo in Sicilia, quella Sicilia che lascerà nel suo animo un profondo segno (e non dimentichiamo che la Sicilia è un triangolo e i triangoli anno le punte. Fanno male!), per poi tornare a Varese nel 1982. Già dall’adolescenza ha la passione dello scrivere: «Scrive di getto, riportando sensazioni del vissuto di ieri, ma anche scrivendo emozioni avvertite nel “sentire” del presente». Questa passione l’ha mantenuta nel tempo, nei lunghi anni del matrimonio e della carriera in cartoleria, che è diventata così un centro letterario e poetico. Il Prof. Giuseppe Gerbino, che Gianfranco sentitamente ringrazia per la sua disponibilità a presentarlo, scrive nell’introduzione a questa ultima opera: «Possiamo contenere la rabbia, possiamo contenere un’emozione ma non l’amore, non si può, sarebbe come cercare di contenere una bomba atomica con una scatola di cartone». E si legge ancora nella Praefatio: «La persona che si accinge a leggere questa piccola silloge (quasi) amorosa, spero lo faccia nella piena coscienza di sapere che la nostra vita attraversa e viene scossa da stagioni che ne segnano il ritmo vitale, cardiaco e l’andare umorale. Stagioni non di carattere strettamente temporale e legate all’annualità, ma più profondamente di carattere intimo. Esiste l’alternarsi di moltissime stagioni, più comunemente intese come periodi di vita …». Il prof. Gerbino, «Docente presso l’Istituto “U. Mursia” di Carini (PA) … Poeta, scrittore, vincitore in molti concorsi e rassegne letterarie …», giustamente ha colto il senso profondo di questa raccolta. L’amore è una forza universale che palpita in ogni cuore e raggiunge gli infimi confini della terra. E come abbiamo letto nella Praefatio, l’amore, ed il suo paredro, l’odio (perché come diceva Sceler, non si può odiare senza aver prima amato), ti genera tutta un’interiore meteorologia: mille e mille stagioni che si succedono in noi, tempesta e assalto, “Sturm und Drang”. Gianfranco ci regala versi classici, conosciamo già la sua poetica, che è la rappresentante dell’antico “vatismo italico”. È piacevole leggere i suoi versi, perché sono semplici, rispettano i criteri metrici, racchiudono un contenuto esistenziale notevole … e poi «Da buon siciliano Gianfranco ha dedicato una sezione anche alla poesia in lingua siciliana, la sua lingua madre. Queste ultime sono di più ampio spettro, dedicato ai suoi ricordi, alle sue origini e alla sua gente, ma in definitiva anche il ricordo affettuoso di un passato ormai lontano è una delle espressioni dell’amore». Ed è vero. L’amore per la propria terra è un altro traino che tira dietro appresso l’arte e la poesia. E la Trinacria è terra di passioni sconvolgenti. L’amore è Eros, fuoco tempestoso, L’amore è filia, amicizia, legame eterno. L’amore è affetto che tutto lega generazioni e generazioni, fratelli, madri, padri e figli e figlie. Tutto l’amore trasforma in una grande famiglia, non in un sentimentalistico “Grande Fratello”. Queste sono mistificazioni. Leggiamo ad esempio in Amor segreto: «Non pensi più al mondo/ non pensi più a niente./ Il cuore comanda/ e il cervello non sente». Freud direbbe: comanda Es, non Io! L’amore è una forza originaria, un impulso innato che è irrefrenabile ed irreversibile e tutto trascina con sé. Noi diremmo che l’amore in fin dei conti è quella forza che sta alla base dell’arte, della poesia nella fattispecie ed anche della scienza. Perché no? Se Einstein non avesse amato la fisica non avrebbe giammai formulato la Relatività. Leggiamo in “Emozioni ‘n bilico”: «Scorse la vita e il tempo crescendo./ Or già datato torno e m’accendo,/ uomo oramai, non già giovinetto;/ a’ luoghi d’infanzia piede rimetto». I luoghi dell’infanzia sono un substrato di questa forza d’amore, che si esprime nel ricordo. Ed il ricordo - badate bene - è legato a cuore (cor, cordis). Ricordare è riportare al cuore. È diverso il ricordo dalla reminiscenza. richiamare alla mente. Noi ricordiamo ciò che abbiamo amato, prima abbiamo amato, poi ricordiamo e perciò riconosciamo. Giustamente Platone diceva che la conoscenza è riconoscenza, reminiscenza. Leggiamo, a conclusione, anche qualche verso in vernacolo, molto bello: «Dissi ‘un’anticu omo, santu e profeta;/ “L’omo, chi picca perdono ci duni, picca ama”!/ E avìa ragioni assai./ Amami ogno ghiornu …/ e amuri avrai!». Chi poco perdona, poco ama. Un evangelico monito ci attrae a queste effusioni recondite dell’anima. La poesia di Gianfranco Galante è una poesia “d’altri tempi” forse, ma proprio per questo ci ridesta nostalgia delle cose perdute, della nostra tradizione dei poeti vati. C’è bisogno di un respiro d’arie antiche, in questi tempi di trionfo della tecnica, laddove anche la poesia e le arti tutte si sono diluite e perse negli astrattismi, nei prosaicismi, nei virtuosismi scientisti e tecnologisti. Chi legge Gianfranco assapora gusti antichi e la semplice poesia come pura espressione di un sentimento. Questa era l’arte secondo benedetto Croce, senza tanti infingimenti. Ma proprio perché si è persa questa “cucina” antica (sapere deriva da “assaporare”), abbiamo perso anche il gusto delle cose belle.

Vincenzo Capodiferro

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