12 ottobre 2018

I luoghi e il tempo di Tex a cura di Angelo Ivan Leone

  • I luoghi e il tempo di Tex a cura di Angelo Ivan Leone


  • I luoghi che fanno da sfondo alle vicende di Tex sono, come abbiamo visto, quelli per lo più del mitico Far West, nonché dell’estrema frontiera americana . La stessa riserva Navajo, è realmente esistente ed è la più grande riserva indiana degli Stati Uniti d’America e si trova collocata tra Utah, Colorado, New Mexico e nord-est dell’Arizona. Proprio in quest’ultimo Stato, la riserva viene a trovarsi per la stragrande maggioranza del suo territorio. Molte delle storie di Tex sono, quindi, ambientate in Arizona o nei territori circostanti la stessa riserva. Questo però non significa che altri luoghi degli Stati Uniti d’America o altre nazioni al di fuori degli States non sono presi ad oggetto degli scenari in cui si svolgono le avventure di Tex.
     Per movimentare e delocalizzare i luoghi narrativi del nostro, sovente gli autori ricorrono all’escamotage narrativo di un personaggio minore, quasi sempre un amico del protagonista, che chiama Tex in suo soccorso per risolvergli il “guaio” di turno. Ad esempio, abbiamo un Jim Colter, graduato delle giubbe canadesi, che spinge Tex e i suoi pards ad uscite extra-territoriali in Canada. Per quanto riguarda il Canada, non c’è solo Jim Colter ad esercitare tale funzione, ma anche Gros-Jean, un nerboruto trapper meticcio che chiama Tex per le sue disavventure in Canada, se non addirittura in Alaska.
    Altri amici minori di Tex sono invece più ondivaghi ed errabondi. È il caso questo dell’irlandese trapiantato in America Pat Mac Ryan, che, con la sua vita da vagabondo, costringe Tex ad errare con lui quando si trova ad incrociare il destino del nostro eroe. Tuttavia, questo compito di variare e delocalizzare le vicende texiane non lo assolvono soltanto gli amici storici di Tex, ma anche quelli che sono dall’altra parte della barricata, ovvero i nemici, altrettanto storici, del ranger. Primo tra tutti, il terribile Mefisto che comparirà sin dall’inizio degli albi a sfidare l’eroismo di Tex. Mefisto, dopo essere apparso in parecchi numeri -nel corso dei decenni- come uno degli antagonisti seriali di Tex, passerà il testimone, dopo la sua morte, a suo figlio Yama e addirittura influenzerà le vicende del nostro ranger, tornando, dopo che anche il figlio sarà sconfitto definitivamente da Tex, dal mondo dei morti, in un’improbabile ma fumettisticamente plausibile “resurrezione”.
    Se guardiamo a Sud del Rio Bravo, storica frontiera tra gli Stati Uniti e il Messico, invece, scopriamo Tex impegnato molte volte in soccorso e aiuto del suo amico Montales, messicano e inizialmente desperado, cioè guerrigliero in lotta contro i soprusi del regime del suo Paese, destinato con il tempo ad una brillante carriera politica che lo vedrà divenire governatore dello stato messicano della Sonora, al confine con l’Arizona che abbiamo visto essere lo scenario principale delle vicende del fumetto.
       Il periodo storico in cui si muovono le vicende di Tex e dei suoi tre pards, che nella composizione del quartetto ricordano il Dumas dei “tre moschettieri” con il sempiterno D’Artagnan, è quello ambientato, quasi sempre nell’America post-guerra di secessione, quindi la seconda metà inoltrata del XIX secolo, più precisamente gli anni Settanta e Ottanta dell’Ottocento. La collocazione temporale del personaggio bonelliano non potrebbe essere più precisa per un evidente disegno dei creatori di Tex, i quali, dopo aver dato la possibilità a Tex di maturare, a Kit di crescere, a Carson di invecchiare e a Tiger Jack di conquistare le simpatie dei lettori del fumetto, fermano la narrazione cronologica in un tempo imprecisato tra gli anni Settanta e Ottanta dell’Ottocento, poiché naturalmente non potrebbero far morire di vecchiaia né Tex, né il suo più celebre deuteragonista, Kit Carson.
    La situazione cronologica si stabilizzerà, infine, con un Tex sulla quarantina-cinquantina d’anni, un Carson sulla sessantina, un Tiger Jack pressappoco coetaneo di Tex, se non di poco più giovane e un Kit Willer ventenne-trentenne. C’è da aggiungere che la figura di Tex è stata affidata a svariati disegnatori, dal mitico e primigenio Galep che ha accompagnato Tex non continuativamente ma costantemente fino al numero 400 all’odierno e bravissimo Villa. Questo comporta ovviamente una diversificazione nella figura del ranger, che apparirà più o meno rigido, robusto o plastico, a seconda della mano che lo avrà disegnato.
    Ci sono però dei flash back, nella narrazione di Aquila della notte, che lo riportano ai tempi della guerra di secessione, in cui il nostro militava, pur non schierandosi apertamente, assieme a Carson e a tutto il corpo dei ranger, dalla parte dei nordisti (i vincenti). Infatti, schierarsi con i sudisti confederati non sarebbe stato nella logica del vincente Tex, non solo perché i sudisti vennero alla fine sconfitti, ma soprattutto perché, essendo schiavisti e dichiaratamente razzisti, non si sarebbero mai potuti conciliare con la filosofia di vita del personaggio di Tex, sempre per la tolleranza a favore delle minoranze e in special modo degli indiani. Malgrado il puntiglioso e addirittura, talvolta, ossessivo lavoro di realismo storico che caratterizza l’opera di maggior prestigio della “scuderia” Bonelli, con riferimenti a paesi, città e tribù indiane realmente esistiti o esistenti, purtroppo, a volte, la narrazione non è esente da inesattezze o anacronismi, come delle improbabili macchine che si vanno a schiantare contro un muro –ricordiamoci di essere solo nell’Ottocento inoltrato.
      Oltre a questo cambiamento di disegnatori, Tex ha visto anche un alternarsi di narratori. I due preminenti narratori texiani sono il Bonelli padre, Gianluigi, e il Bonelli figlio, Sergio, i quali mostrano delle differenze nel modo di narrare l’atteggiamento di Tex, soprattutto per quanto riguarda l’approcciarsi con Kit Carson, Se nella penna di Gianluigi, questo approccio è più serioso, la narrazione di Sergio è più incline alla battuta, allo scherzo e alla complicità tra Aquila della Notte e Capelli d’Argento, ovvero il nome indiano che i Navajos metteranno a quel “vecchio gufo” di Kit.
    Proprio quest’ultimo appellativo è uno dei più comuni che Tex usa quando deve chiamare il suo vecchio pard e ci porta direttamente in quella che è un’altra grande costante del successo e della caratterizzazione del fumetto bonelliano, cioè quella del linguaggio che i personaggi e il protagonista in special modo usano per approcciarsi alle varie tematiche affrontate nel fumetto.

2 commenti:

  1. Che bell'articolo... condivido nel mio sito ^_^ spero non le dia fastidio eh eh ^_^

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