11 settembre 2018

COME IMPRONTE NELLA NEVE di Miriam Ballerini recensione a cura di Giovanni Margarone


COME IMPRONTE NELLA NEVE
di Miriam Ballerini

L’ultima fatica letteraria di Miriam Ballerini, “Come impronte nella neve”, è inquadrata in un contesto narrativo neorealista, in cui il personaggio principale è Zeljka, una donna trentenne, reduce di una triste storia matrimoniale descritta con abile incisività a sprazzi nel corso della narrazione, offesa tra l’altro da un handicap fisico provocato da un incidente che la condiziona terribilmente.
Le sofferenze patite da Zeljka, che tornano ineluttabilmente nella sua mente durante il suo tentativo di riscatto e rinnovamento esistenziale, sono il cuore del messaggio che la scrittrice vuole promanare con questo romanzo, nel quale ella vuole evidenziare, se non denunciare – affinché la memoria non si dissolva – quell’atteggiamento ostile del genere maschile verso le donne che è parte del lato oscuro dell’uomo. Un tema di assoluta attualità che spesso e purtroppo scorre in sordina nello sfilacciato marasma comunicativo dei nostri giorni. Un problema sovente celato dalle vittime che non trovano il coraggio di denunciare le loro sofferenze poiché sottoposte ad una dura egida psicologica da parte dei loro abietti agenti. 
Nella narrazione, nella quale è costante la profonda analisi psicologica di Zeljka –- rafforzata dalla sua stessa autoanalisi introspettiva, si evidenzia il suo tenace sentimento di riscatto, che contrasta con la sua fragilità, supportato da una grande speranza, nonché il suo profondo coraggio, spinto dalla volontà di accantonare la sua precedente, triste, realtà esistenziale. Nel romanzo, Zeljka vuole voltare lo sguardo verso un altro futuro che credeva, fino a un certo punto della sua esistenza, in quanto pervasa dalla rassegnazione, di non poterlo schiarire da quella nebbia caliginosa che l’avvolgeva. La protagonista è alla ricerca del suo ego perduto, trovando via via una nuova consapevolezza di sé. Nel corso della narrazione, si abbina alle vicende di Zeljka anche la storia di Claudia, un’adolescente con trascorsi di droga, in un contemporaneo cammino – non privo di momenti di scontro e incomprensione reciproca – durante il quale Zeljka riesce ad entrare nel turbolento mondo degli adolescenti e dal quale riesce a trarre quell’essenza positiva che spesso viene ignorata dagli adulti.
Nel romanzo, la scrittrice, inoltre, vuol evidenziare che esiste una violenza verbale, che soggiace a danno delle vittime, non meno dolorosa e devastante di quella fisica, ma spesso sottovalutata se non ignorata che gli uomini mostrano nei confronti delle le donne. Sono altresì da evidenziare anche i riferimenti al razzismo e alla xenofobia, quando per esempio descrive la figura di Albina, madre di Jacopo. Sentimenti ai quali la Ballerini si oppone fermamente.
Il contesto narrativo non trascura l’esistenza, tuttavia, nella pletora del genere maschile, di uomini sensibili e fondamentalmente buoni che si accorgono e si rammaricano riguardo ai comportamenti di persone abiette come il marito di Zeljka, Christian, che è la fonte dei mali della povera moglie. E in questo la scrittrice vuol fare intendere, con ragionevolezza, che la generalizzazione non è propria di quell’onestà intellettuale che invece deve condurre sempre a valutare e ad analizzare prima di sentenziare.
Lorenzo, Jacopo ed Elia sono uomini buoni e generosi a differenza di Christian e stanno sempre attorno a Zeljka riempendola d’amore e conforto, ingredienti che lei con il marito non aveva mai assaporato. La scrittrice descrive questi uomini, affondando dentro la loro psicologia, guardandoli sempre negli occhi, traendone l'intima essenza in un susseguirsi di scene che scorrono con ritmo coinvolgente. I dialoghi incidono la narrazione, là dove c'è più necessità di rappresentare l'istante al lettore. I toni forti sono sempre posti al momento giusto e si alternano a momenti più dolci come in una partitura musicale. Costante è il tema dell’amore che viene affrontato da diversi aspetti, da quello fisico, istintivo, a quello più platonico e profondo. Ma assieme all’amore, vengono descritti e sciorinati l’odio e la cattiveria, dei quali Zeljka ha paura, e che vuole allontanare a tutti i costi, spinta, appunto, dalla sua voglia di riscatto durante la sua palingenesi esistenziale.
La cifra letteraria della Ballerini può ricordare Pavese - cfr. La luna e i falò – per le descrizioni abbinate ad azzeccate formule metaforiche. Si possono trovare anche tratti che possono evocare Dostoevskij e Goethe, abili analizzatori della psicologia dei loro personaggi, mentre alcuni passi evocano Italo Svevo nella sua “Coscienza di Zeno”, soprattutto per la voluta spigolosità dei dialoghi, volutamente diretti, atti a sottolineare li carattere dei personaggi. Posso anche citare il riferimento a Proust e alla sua “Recherche”, maestro nel descrivere i tratti psicologici dei suoi personaggi con particolare riferimento a “La prigioniera”. 
Ma il tratto della Ballerini è suo, inconfondibile, connotato da una grande specialità ed è sempre volta ad evidenziare le vicende esistenziali dei personaggi con una liquidità narrativa che sublima verso la mente del lettore, facendolo riflettere e inducendolo all'introspezione.
Il romanzo, come dice il titolo, vuol far capire che qualsiasi fatto della nostra esistenza, come il male che ci fa soffrire dentro, può scomparire, come le impronte sulla neve che si cancellano non appena questa sparisce al sole; se siamo animati dalla nostra volontà di riscatto e dalla speranza, che mai deve invece sparire, la vita può cambiare e piacerci magari di nuovo.

(c) Giovanni Margarone

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