23 agosto 2018

IL PONTE CROLLA di Giovanni Margarone


IL PONTE CROLLA di Giovanni Margarone

È la mattina della vigilia di Ferragosto in un punto cruciale di passaggio che collega la Liguria con la Francia, con Milano, con Roma; che permette di scavalcare una città lunga trenta chilometri. Un ponte concepito nel 1963 e inaugurato nel 1967. Milioni di auto, camion, motocicli sono passati in quei maledetti 1000 e passa metri di ponte che volano su una parte della città abitata da migliaia di persone. Migliaia di metri cubi di cemento armato sospesi a 70 metri dal suolo.
Sono passate da poco del 11,30 del 14 agosto 2018, autisti ignari stanno passando su quel ponte che sta scricchiolando. Non regge più forse per le continue vibrazioni, le leggi della statica sono severe; sono passati più di cinquant’anni, ma questo non vorrebbe dire nulla, ci sono ponti ben più vecchi, ma non sono mai crollati.
A certo punto, sotto una pioggia battente da allerta arancione, tutto cede, i mezzi che in quel preciso momento correvano da e per Genova volano giù assieme a quel cemento armato maledetto: è il disastro, l’ecatombe.
La terra trema, le migliaia di abitanti che vivono sotto quel ponte si spaventano, urlano, piangono. Bastano pochi minuti, forse neanche, a trasformare 300 metri di ponte in un cumulo impressionante di macerie, laggiù nel greto del fiume Polcevera, tra capannoni industriali e case.
La pioggia continua a battere impietosa su quelle macerie, sotto le quali c’è un numero terribile di vittime e feriti, gente ignara che ha avuto la sfortuna di passare in quel preciso momento su quel ponte maledetto.
Su quel ponte ci passavo da bambino con i miei per andare a Genova dai nonni, ci sono passato infinite volte poi quando presi la patente e mi ha sempre fatto impressione.
Adesso quel ponte non esiste più, restano due monconi laterali che andranno sicuramente abbattuti in quanto pericolanti. Genova, la Liguria sono divise in due: un disastro e un lutto che resteranno per sempre nel cuore dei Liguri e degli italiani tutti.
A poche ore dal crollo, nessuno può essere attonito, stupefatto, triste, arrabbiato, nel venire a sapere che percorrendo le autostrade della nostra Italia possiamo incontrare la morte. Questa è l’amara verità. Ma non stiamo parlando dell’oscura mannaia che ci falcia in un incidente, là dove il destino ha messo la mano; stiamo parlando dell’infrastruttura stessa di una rete viaria vetusta alla quale quotidianamente milioni di utenti si affidano. Una rete autostradale che si paga con un esoso pedaggio e per questo si pretende che venga gestita con la diligenza del buon padre di famiglia, ma forse non è così.
Chi si assumerà la responsabilità di tutto ciò? È possibile che nel 2018 crolli un ponte così, da solo? Era controllato questo ponte? Era agibile oppure non lo era? Era sufficiente la manutenzione che veniva eseguita?
Quante domande alle quali ci saranno risposte forse nebulose, sarà un’inchiesta che durerà chissà quanto. Tutti diranno la loro, mentre le povere vittime ignare non possono più dire la loro e il tempo canaglia, purtroppo, sbiadirà tutto, come sempre.
Spero che non sia così, intanto. Come sempre in tutte le sciagure italiane, si fa la conta dei morti e si dice “si poteva evitare”. Certo, la fatalità incombe sempre, non c’è dubbio. Ma se veramente si sarebbe potuta evitare questa sciagura, chi non ha fatto il suo dovere?
Anche in tal caso spero che non sia così; che chi doveva fare, abbia fatto il proprio dovere fino in fondo ed ora pianga anche lui, ma con la coscienza a posto.

2 commenti:

  1. Io l'ho visto nascere. Non ho parole....
    Sento solo una lacerazione al cuore e una scossa di sdegno... di incredulità.....

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  2. Io l'ho visto nascere. Non ho parole....
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