27 luglio 2018

MACULAE Una profonda raccolta di poesie di Capodiferro Egidio a cura di Vincenzo Capodiferro


MACULAE
Una profonda raccolta di poesie di Capodiferro Egidio, in cui si rivela il mistero dell’Uomo-Natura

Maculae” è una raccolta di poesie di Capodiferro Egidio, pubblicata da Iemme, Napoli 2018. L’opera consta in tre sezioni ed è inframezzata da schizzi, disegni e canovacci dell’autore. Egidio Capodiferro, di origine lucana, insegna nella scuola dell’infanzia e quando non è impegnato coi suoi meravigliosi alunni si dedica alla scrittura. Ha pubblicato romanzi, testi teatrali, raccolte di racconti e poesie. “Maculae” indica appunto le macchie d’inchiostro, che cadute sul foglio prendono corpo in svariate forme, di disegni, di schizzi e di versi … Vi si esprimono paesaggi luminosi e naturalistici, già propri della poetica del Capodiferro, e che si ricollegano a “Modulazioni sul verde”, Eracle 2017, come in “Cuore verde”: «Raggiunta l’antica boscaglia,/ m’inoltro calpestando boccoli di sole … Adesso io e te siamo soli:/ il cuore mio al tuo verde s’incaglia». Vi si nota quell’esperienza panica di fusione mistica con lo Spirito della Natura. Schelling esclamava: la Natura è lo Spirito visibile, lo Spirito è la Natura invisibile. Non mancano quei tocchi d’ironia, quasi surrealista, come in “Sole”: «(Dei pianeti sei l’abat-jour/ nell’universo buio)»; o in “Luce e tenebre”: «Mi ricorda il vello delle zebre …» e c’è il disegno di un uomo zebrato! Egidio riesce ad usare in maniera eccentrica il sottofondo simbolista per esprimere inverosimilmente i “paesaggi dell’anima”. Nelle altre sezioni poi il fluire dei versi da ermetico diviene più riflessivo, meditativo, fino a trasfigurarsi in esperimenti di prosa poetica. È come un fiume che all’inizio scorre dalle montagne più “rapido e violento” (proprio come il tempo, di cui diremo in seguito) e poi scendendo a valle, man mano rallenta in sinuose curve, fino a spargersi nel mare. La poesia dal Novecento in poi – come sappiamo – si è liberata dai canoni metrici, che conservava, anche fino a Leopardi, sebbene non lo schema delle rime. La poesia diviene espressione di uno stato esistenziale, diviene voce del profondo, quasi un effluvio di freudiane “libere associazioni”. Anche gli schizzi che sono inframezzati nel testo rispondono a questa profonda esigenza: essere espressione dei più reconditi meandri dell’anima. Sotto il “velo di Maya” – tanto per usare una figura schopenhaueriana – vi sono infiniti altri veli, tanti che mai s’arriva a quel fatidico “fondo dell’anima” che affascinò così i mistici del medioevo ed anche i Romantici. Il fondo dell’Anima è l’Assoluto interiore che si riflette nell’Assoluto esteriore che si estrania quasi nella Natura e si ricongiunge nel mistero. Questo è il profondo messaggio che la poesia del Capodiferro vuole esprimerci. Vediamo alcuni esempi: «Vieni,/ andremo per deserti sopra seni/ di sabbia, giocattolo del vento bambino;/ …». O ancora: «Vieni,/ andremo sopra rotaie di foglie,/ treni dentro il bosco più folto, caverna verde,/ a remare con le orecchie sul pentagramma …». O «Vieni, andremo nelle cave della gioia a rubare qualche spicciolo di felicità … ». O ascoltate ancora questo piccolo ricordo dannunziano: «Silenzio! E forse tacendo si ode un qualche sussurro/ del tempo dove io scorro!». Solo che quel dannunziano -Taci! - Odi! Odo! Qui racchiude non tanto un esperimento estetico, ma quasi mistico, riflessivo, religioso, misterico, per così dire. Il silenzio cosmico è lo sfondo ove auscultare le vibrazioni dell’Assoluto che si dispiegano nell’immenso mare della temporalità, in quel lapsus universale che possiamo esprimere forse con due drastiche parole eraclitee: Panta Rei! Tutto Scorre! e noi scorriamo insieme a questo immenso fiume che è il tempo. Noi siamo tempo. Il tempo non è qualcosa fuori di noi, anche se viene proiettato in un’estensione spazializzata. Ma come ci ricorda Bergson il tempo spazializzato non è il vero tempo, ma è quello agostiniano della durata e quello che esplode nelle estasi – uscite fuori di sé – del passato-presente-futuro, cioè memoria-intuizione-attesa. «Noi siamo gli ingredienti del tempo rapido e violento …». “Maculae” è uno scrigno di effusioni amorose e passionali, che rivelano l’ancestrale amplesso dell’Uomo con la grande Madre, la Natura vivente in noi, con noi e per noi.
Vincenzo Capodiferro

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