14 marzo 2018

CONTI PUBBLICI, IL RISIKO DEL FUTURO GOVERNO di Antonio Laurenzano


CONTI PUBBLICI, IL RISIKO DEL FUTURO GOVERNO
di Antonio Laurenzano

Giorni caldi per la formazione della maggioranza parlamentare che dovrà esprimere il nuovo Governo. Prove di dialogo, prime aperture, primi rifiuti. Ma, in concreto, dopo gli spot elettorali diffusi fra illusioni e paure, cosa c’è … nell’incubatrice dei partiti? Quali sono le reali opzioni in agenda? Certo, non sarà facile passare da un’azione di marketing per la cattura del voto a un’azione di governo in linea con gli impegni presi con l’elettorato. Tante mirabolanti promesse, tutte nel segno di un rigetto del Patto di stabilità e dei vincoli di finanza pubblica imposti dai Trattati europei, sottoscritti in passato. Congelato ogni aumento di tasse.
E proprio la politica fiscale è stato uno dei temi più dibattuti nel corso dell’ultima campagna elettorale. In particolare, la flat tax (“tassa piatta”: sistema fiscale non progressivo con una sola aliquota, indipendentemente dal livello di reddito del contribuente) ha dominato la scena. Grande interesse (e aspettative) hanno generato anche la cancellazione della Legge Fornero e il reddito di cittadinanza. Misure politiche che, se introdotte, causerebbero -secondo la “profezia” di Mario Monti- “la strage degli innocenti: gli italiani di domani farebbero bene a non nascere, per non essere stroncati dal debito pubblico che scaricheremmo su di loro”. Un giudizio fortemente critico sulle future vicende governative legittimato dal richiamo di questi giorni che viene da Bruxelles con l’annuale “rapporto-Paese” relativo all’Italia, “un Paese con alto debito pubblico e protratta bassa redditività, un Paese con squilibri eccessivi che rappresentano un rischio per il resto dell’Europa”. Un avvertimento per chi si insedierà a Palazzo Chigi nella previsione anche di una politica monetaria della Bce meno espansiva e di un probabile rallentamento economico dell’area europea per i venti protezionistici che soffiano minacciosi dagli Stati Uniti. Un quadro macro-economico sul quale riflettere con attenzione prima di imboccare cattive direzioni di marcia.
Già nel prossimo Documento di economia e finanza (Def) del 10 aprile (da inviare a Bruxelles entro la fine dello stesso mese) dovrebbero essere chiare le linee guida della strategia economica e di finanza pubblica nel medio termine. Ma la dichiarazione di un candidato premier sui vincoli europei lascia poco spazio alla fantasia: “Sarà un Def alternativo ai diktat dei tecnocrati di Bruxelles”. Una dichiarazione non difforme da altre registrate nelle ultime ore, una prova di forza che deve però fare i conti con la spada di Damocle che pende sul futuro bilancio: le “clausole di salvaguardia” introdotte negli anni scorsi a tutela dei saldi di finanza pubblica, pari a un totale di 31,5 miliardi nel biennio 2019-2020. Quindi, se nella prossima Legge di bilancio il nuovo Governo non troverà risorse compensative (per l’anno 2019 oltre 12 miliardi) scatterà l’aumento dell’Iva dal gennaio 2019: dal 10 al 12% l’aliquota ridotta, dal 22 al 24,2% quella ordinaria. Operazione che si completerà nel 2020 con il rispettivo passaggio al 13 e al 24,9%, con buona pace dei consumi!
E’ stretta la strada per evitare la tagliola degli aumenti Iva: sostituire le clausole di salvaguardia con tagli alla spesa (impresa difficile: Cottarelli docet!), aumenti del prelievo fiscale (misura impopolare a poche settimane dal voto), oppure invocare nuovamente la “flessibilità europea”, finanziando cioè il mancato gettito in deficit e rinviando l’assestamento dei conti, con il nullaosta della Commissione europea, a tempi migliori. Ma non sarà scontato il via libera di Bruxelles in considerazione dei ritocchi approvati alla Legge Fornero che, in prospettiva, determinano una crescita della spesa previdenziale. Partita complessa e delicata che richiede “grande senso di responsabilità nell’interesse generale del Paese e dei suoi cittadini”, come ha auspicato il Presidente Mattarella in un appello ai leader politici. Superare le asprezze della campagna elettorale per scongiurare un’eventuale e poco auspicabile “procedura d’infrazione” a livello europeo e dare all’Italia, in tempi rapidi, una stabile governance politica ed economica.


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