24 luglio 2017

LA FLAT TAX, IL FISCO CHE CAMBIA di Antonio Laurenzano











Con luglio finisce un mese particolarmente “caldo” per i contribuenti. Un ingorgo di scadenze fiscali, oltre cento, fra cartelle esattoriali da rottamare, acconti e versamenti , dichiarazioni dei redditi, rientro dei capitali (“voluntary bis”), cedolare secca per gli affitti brevi, trasmissione e comunicazioni varie. L’ennesima conferma di un ordinamento tributario che da tempo è sotto accusa per la sua inefficienza, per la sua iniquità, ma soprattutto per la sua complessità. Basti pensare alle 124 pagine (da 5.500 battute ciascuna) di istruzioni del modello Redditi 2017! Un vero rompicapo.
Un tema sul quale è in corso un acceso dibattito nella prospettiva di una riforma strutturale del Fisco e, in particolare, della tassazione delle persone fisiche. Su proposta dell’Istituto Bruno Leoni di Milano, condivisa da alcune forze politiche, si ipotizza un sistema fiscale non progressivo orientato alla “flat tax”, la tassa piatta, e cioè una sola aliquota pari al 25% per tutte le principali imposte del nostro sistema tributario (Irpef, Ires, Iva, imposta sostitutiva sui redditi da attività finanziarie), correlata al “minimo vitale” per nucleo familiare. E inoltre, abolizione dell’Irap e dell’Imu, ridefinizione delle modalità di finanziamento di alcuni servizi pubblici (sanità) attraverso una redistribuzione del relativo costo. Obiettivo: stimolare investimenti e sviluppo, semplificare il rapporto fisco-contribuente, ridurre evasione ed elusione.
Un progetto ambizioso, molto articolato, che scaturisce dalla consapevolezza che l’imposta personale sul reddito omni-comprensiva tende sempre più a scomparire nel gettito tributario. Nel tempo, sono stati infatti esclusi dall’imponibile i redditi fondiari, i redditi di capitale, i redditi immobiliari derivanti dalla prima casa di abitazione, tutti ormai assoggettati a imposta proporzionale o esenti. Più di recente, ulteriori componenti di reddito sono state sottratte al principio della progressività: redditi derivanti dalle locazioni immobiliari per i quali trova applicazione la “cedolare secca” , redditi di lavoro autonomo inclusi a certe condizioni nel regime forfettario, redditi delle imprese individuali e delle società di persone tassabili in misura proporzionale con la nuova Iri (imposta sul reddito delle imprese). Di fatto, l’attuale imposta sul reddito delle persone fisiche colpisce in prima battuta i redditi da lavoro e da pensione e, in misura residuale, quelli non tassati con imposta proporzionale. Un’imposta dunque non più aderente alla realtà socio-economica del Paese e alla sue mutate condizioni di crescita, sempre più diverse rispetto a quelle degli Anni Settanta, gli anni post Vanoni.
L’Irpef ipotizzata dal Centro studi Bruno Leoni prevede l’estensione della base imponibile fino a ricomprendere i redditi attualmente soggetti a cedolare secca sui canoni di locazione e i redditi catastali di tutti gli immobili non locati, comprese le abitazioni di residenza. Per i redditi da lavoro dipendente e da pensione sono previste specifiche deduzioni con la corrispondente eliminazione delle “spese fiscali” (detrazioni d’imposta). La nuova imposta garantirebbe un equo trattamento ai contribuenti meno abbienti con una revisione della “no tax area” (esenzione da imposta) , bilanciata da un prevedibile aumento del gettito derivante dalla emersione di base imponibile in conseguenza della riduzione della pressione fiscale. Per i ricercatori milanesi si tratterebbe di un cambiamento epocale del Fisco nel segno della semplificazione e della trasparenza. Una proposta di riforma radicale che, com’era facile immaginare, ha alimentato sulle pagine de Il Sole 24 Ore un acceso dibattito con pareri contrapposti, anche in termini politici.
L’accusa di fondo è la violazione del principio costituzionale della progressività: “la proposta della flax tax persegue un obiettivo politico attraverso la discutibile strada tecnica, ignorando che il concorso alla spesa pubblica deve essere commisurato alla capacità contributiva. Questa proposta di riforma con un’aliquota unica del 25% potrebbe non mantenere i conti pubblici in ordine con il rischio di aumenti al 35-40% , a danno quindi dei piccoli reddituari.” (Enrico De Mita). Sul fronte dei favorevoli alla riforma si risponde sostenendo che “la progressività e la redistribuzione vengono garantite con un sistema calibrato di deduzioni, in sostituzione delle attuali “tax expenditures”, che tenga conto della capacità reddituale del singolo nucleo familiare anche mediante trasferimenti monetari” (Maurizio Leo). Tutti ancora da verificare i punti della proposta legati agli altri tributi erariali e alla fiscalità locale.
Rivoluzione copernicana o …. spot elettorale? Ipotesi di studio o, per dirla con le parole dell’ex Ministro delle Finanze Vincenzo Visco, “messaggio di indubbio appeal propagandistico”? Superando ogni facile contrapposizione dialettica (e ideologica), sarebbe auspicabile un serio dibattito sulla urgenza di riformare il nostro sistema tributario e restituire al rapporto fisco-contribuente equità e certezza del diritto.

(C) Antonio Laurenzano

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