LA TREGUA DI
BERLINO
Nel vertice Renzi-Merkel la volontà di Italia
e Germania di difendere l’idea di Europa unita.
di
Antonio Laurenzano
La
quiete dopo la tempesta: “Non siamo d’accordo su tutto, ma siamo uniti”.
Ribadita al recente vertice di Berlino tra Matteo Renzi e Angela Merkel la
volontà di difendere l’idea di Europa unita e più forte. Dopo le inedite
tensioni degli ultimi tempi con i forti accenti polemici del nostro premier
sulla politica comunitaria, è prevalsa la necessità di un’intesa con la
Germania e con la sua leader, al di là di significative divergenze su molti
temi, in particolare quello economico legato alla flessibilità sui conti
pubblici e quello spinoso delle migrazioni.
Un
tema quest’ultimo che, con la sospensione in alcuni Paesi del Trattato di
Schengen sulla libera circolazione delle persone all’interno dell’Unione,
rischia di sgretolare le fondamenta dell’Europa. La crisi dei profughi e dei
tanti migranti che scappano giornalmente da guerre, violenze e povertà ha
mutato totalmente lo scenario europeo mettendo a nudo impietosamente la
mancanza di coordinamento, oltre che di guida da parte delle istituzioni
comunitarie di Bruxelles che, operando
solo sulle dinamiche economiche e finanziarie dell’Unione, alimentano il
populismo degli eruroscettici a caccia di facili consensi elettorali.
Un’Europa
che non c’è. E il disordine sotto i cieli del Vecchio Continente è evidente:
frontiere chiuse, muri e filo spinato a difesa dei confini nazionali. Un triste
ritorno al passato e ai suoi tragici eventi che hanno segnato la storia del
ventesimo secolo. E in questo quadro di grande incertezza Italia e Germania
hanno interesse a preservare il sistema Schengen, seppure per motivi
differenti. L’Italia, per evitare che chi arriva da noi sia costretto a
rimanere, a causa della progressiva chiusura delle frontiere dei paesi
confinanti. La Germania, per coerenza con la scelta politica dell’accoglienza
dei profughi, una volta identificati al loro arrivo in Europa. Insieme, i due
Paesi, a tutela di un’Europa solidale, potrebbero sollecitare la Commissione
europea a rivedere il Trattato di Dublino e convincere i partner per una equa
distribuzione dei profughi fra gli Stati membri e proporre una polizia paneurpea per le frontiere esterne
dell’Unione.
Un’Europa
dunque da …. ridisegnare per essere più vicina agli interessi e ai bisogni dei
cittadini. E fa bene Renzi ad alzare i toni e a puntare i piedi
per rivendicare all’Italia, paese fondatore dell’Unione, un ruolo non marginale
ma da protagonista ascoltata per un’Europa più equilibrata, affrancata
dall’anacronistico direttorio franco-tedesco. Attenzione però a battere forte i
pugni in Europa! Come hanno notato molti analisti, “per contare nell’Unione,
non basata pubblicare editti, distribuire critiche, denunciare contraddizioni e
conflitti d’interessi altrui”. Occorre una diversa politica per azzerare
l’improvvisazione e la superficialità degli ultimi trent’anni perché non ha
senso mettere sotto accusa leggi e accordi comunitari regolarmente approvati!
Il protagonismo non si afferma con estemporanee dichiarazioni e attacchi alla
governance europea. Non si può barattare il futuro dell’Europa per una manciata
di voti!
Più di parole e gesti, farciti di demagogia,
sarebbe più utile approfondire le modifiche
dei Trattati Ue che l’Italia intende promuovere nel 2017 in occasione
del 60° anniversario dello storico Trattato di Roma. Con l’ economa che stenta
a riprendere, è destinato ad inasprirsi lo stato di crisi dell’eurozona che è
alle origini delle tensioni ricorrenti nei rapporti tra Commissione europea e
Paesi forti da un lato, e Paesi deboli dall’altro. Una crisi che sta nello
stesso trattato istitutivo dell’Unione economica e monetaria: anche in assenza
di un’Unione fiscale, e quindi di quella politica, si sperava che le regole
definite a Maastricht e le loro successive modificazioni, in primis il “fiscal
compact” con i vincoli sul debito pubblico, avrebbero consentito ai Paesi dell’eurozona
una crescita forte ed equilibrata. Ma la crisi economica e finanziaria del 2008
ha confermato che senza una comune governance fiscale con meccanismi di
mutualizzazione dei rischi e una banca centrale che funzioni come prestatore di
ultima istanza ogni Paese risponde da solo dei propri debiti. E per i Paesi
più deboli, privati degli strumenti con cui, prima della moneta unica,
affrontavano le crisi macroeconomiche (politica monetaria, svalutazioni
competitive), il futuro economico sarà sempre più denso di
incognite: aumenti dei tassi d’interesse, rarefazione del credito, arresto
della crescita.
Italia e Germania, in un clima di ritrovata
intesa fra …. soci fondatori, promuovano una strategia comune sul piano
politico per risolvere il problema dello squilibrio economico nell’Unione per
fermare in tempo fughe in avanti, con gravi pericoli per la tenuta democratica
dell’Europa.
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