16 ottobre 2015

TEODICEA A cura di Vincenzo Capodiferro

TEODICEA
A cura di Vincenzo Capodiferro

È uscito da poco alle stampe “Teodicea”, a cura di Vincenzo Capodiferro, presso l’editore Christian Cavinato. Si tratta di una stracciata raccolta di meditazioni di una donna nascosta, Renèe, una carmelitana scalza che visse nel Dipartimento, ancora più nascosto dell’Aveyron a sud della Francia, nel secondo Ottocento. E proprio in quel Dipartimento sorge la città di Albi: contro gli Albigesi fu indetta una crociata nel ‘200 da papa Innocenzo III. Siamo nella Francia della Terza Repubblica, in cui a parte gli opportunisti, le recrudescenze contro i cristiani erano molto pungenti, sebbene non arrivassero a quelle dei neo-martiri odierni. Le meditazioni sono stracciate perché parte degli scritti è stata lacerata dalla raccolta. Renèe è una donna straordinaria: ci ha lasciato questo gioiello in uno scrigno. Il testo è corredato da un “Trattato sull’argomento ontologico” a cura di Vincenzo Capodiferro, in difesa di quello spinoso argomento, che da Anselmo a Gödel ha fatto tanto discutere di sé: tanto che Kant si mise con tutto l’impegno a smontarlo nella sezione della “Dialettica Trascendentale” della “Critica della Ragion Pura”, dedicata alla teologia razionale. Come mai un argomento tanto discusso scosse le menti di tutti: Cartesio, Spinoza, Leibniz, Kant, Hegel e tanti altri?  Forse perché qualcosa di vero è nascosto nel discorso di Anselmo! La Teodicea di Renèe tocca tutti i temi profondi di questa scienza, fondata da Leibniz: dal problema  dell’esistenza di Dio a quello del rapporto tra Dio e mondo, dalla libertà dell’uomo al dramma del male. Vi è esposta una teoria dell’Impersonalismo, che si riallaccia alla tradizione mistica tedesca. Vi sono riportati discorsi bellissimi di personaggi del tempo, più o meno famosi, come De Maistre e Balmes. Teodicea significa “Giustizia di Dio”. Dopo Leibniz il nome si estese ad intendere tutta la teologia naturale, tanto che Kant medesimo la divide in tre parti, tali a giustificare l’operato divino: nella santità in presenza del male morale, nella bontà in presenza del male fisico, nella giustizia in presenza del male metafisico. È in grande problema di sempre, che preoccupava Leibniz: se Dio esiste perché il male? Se non esiste, perché il bene? Il mistero dell’iniquità accompagna sempre quello della bontà divina. E proprio Leibniz reinterpretando Agostino, risponde: il male metafisico consiste nella semplice imperfezione, il male fisico nella sofferenza, il male morale nel peccato. L’intento è più che altro di valorizzare queste donne ascose, donne meravigliose, che ci hanno lasciato scritti sublimi, come la “Passione” di anonima lucchese e “Sentieri di giorni beati” di anonima religiosa. Sono donne che pur non volendo uscire dall’anonimato hanno vissuto straordinariamente e con grandiosa dignità ed hanno tracciato sul terreno orme esemplari, che noi seguiamo con piacere e stima. 

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