06 luglio 2014

CARMELO MUSUMECI OTTIENE LA DECLASSIFICAZIONE di Miriam Ballerini



CARMELO MUSUMECI OTTIENE LA DECLASSIFICAZIONE

Sono almeno un paio d’anni che, quasi regolarmente, ho uno scambio di lettere con il detenuto Carmelo Musumeci, sottoposto a ergastolo ostativo.
In questo tempo di mail e sms, noi ancora proviamo l’aspettativa che dà ricevere una lettera cartacea, aprirla e leggere come va la vita di un’altra persona.
Musumeci è da ventitré anni in carcere e non ha nessuna speranza di poterne uscire un giorno. Da anni combatte per raccogliere le firme di personaggi famosi e non (io sono una dei firmatari), per abolire l’ergastolo ostativo.
Circa un tre settimane fa ho ricevuto una sua lettera, con tanto di fotocopia del documento del Ministero della giustizia, con cui mi comunicava di essere stato declassificato dal circuito di alta sicurezza, a quello di media sicurezza.
Per noi profani dell’argomento, può sembrare una cosa da poco; ma per chi vive fra quattro mura, è un immenso passo avanti.
In seguito a questa sua lettera, gli ho spedito la mia intervista che vi riporto qui di seguito:

Ricorda brevemente la tua storia, il perché sei stato arrestato.
Il mio passato è semplice da raccontare: sono cresciuto da solo, senza nessuno. Prima in compagnia delle suore, poi dei preti. Per ultimo con le guardie carcerarie. La mia infanzia non è stata bella, per nulla! Da bambino non ho mai avuto una vera famiglia: da bambino nessuno mi ha mai voluto veramente; da bambino nessuno è mai voluto realmente stare con me. Fin da bambino ho imparato a tenermi compagnia da solo. Solo. L’ ho fatto anche da grande. E questo mi ha portato alla condanna dell’ergastolo.

Quando hai iniziato a lottare contro l’ergastolo ostativo?
Quando ho acquistato stima di me stesso e mi sono accorto che i buoni erano più malvagi dei cattivi. Poi, quando mi sono accorto che i miei governanti, i miei educatori, erano peggiori di me. E anche quando ho iniziato a pensare che, se sapessi il giorno, il mese e l’anno che potessi uscire, forse riuscirei a essere una persona migliore; a essere una persona più buona, a essere una persona più umana e non più una belva chiusa in gabbia.

Come ti sei sentito di fronte all’adesione di persone famose che hanno dato il loro apporto alla tua causa? Cosa ti senti di dire loro ora che qualcosa s’è mosso?
Mi hanno fatto sentire che, nonostante sia stato condannato a essere maledetto, cattivo e colpevole per sempre, qualcuno, là fuori, nel mondo dei vivi non è d’accordo.  Mi sento di dire che ci vuole tanto coraggio e grande amore sociale a difendere i diritti, i sogni e le speranze dei cattivi.

Come cambia ora la tua situazione carceraria? Cosa è cambiato in effetti?
Ora che dopo ventitré anni di carcere il Ministero di Giustizia mi ha declassificato da un regime di alta sicurezza, a quello di media sicurezza, la mia vivibilità interna è migliorata. Sinceramente, però, preferivo che mi dessero un calendario in cella per segnare i giorni, i mesi e gli anni per poter un giorno sperare di uscire.

Hai ancora l’ergastolo, oppure adesso sai che un giorno potrai uscire?
Ho ancora l’ergastolo. Continuo a non avere nessun futuro. Per lo Stato continuo a non esistere, a essere considerato come morto. Purtroppo continuo a essere considerato carne viva immagazzinata in una cella, a morire. Eppure, a volte, mi dimentico di essere un ergastolano, io mi sento ancora vivo. E questo è il dolore più grande per un uomo condannato a essere morto; a che serve essere vivo se non hai nessuna possibilità di vivere? Se non sai quando finisce la tua pena? Se sei destinato a essere colpevole e cattivo per sempre?

Adesso puoi usufruire di permessi premio?
No!

Vuoi aggiungere qualcosa?
Il mondo ci ha rifiutato, ma noi non abbiamo del tutto rifiutato il mondo. Molti di noi non hanno più né sogni, né speranze, ma sperano lo stesso in un mondo migliore per i nostri figli e i nipoti.
Per molti di noi il mondo non va oltre il confine della nostra cella, ma non rinunciamo lo stesso a interessarci del mondo.
Molti di noi si sono piegati, ma non si sono ancora spezzati e hanno ancora la forza di sperare e di amare il mondo là fuori.
Io, però, preferisco lottare che sperare, perché la speranza è un’arma pericolosa e ti si può ritorcere contro.

Musumeci è consapevole dei suoi errori, entrato in carcere con la sola quinta elementare, ha preso due lauree e scritto diversi libri. Ha compiuto un percorso di rieducazione e di consapevolezza.
Lui, con altri ergastolani ostativi, consapevoli del male fatto, hanno chiesto di avere la possibilità di pagare i propri errori, anche mettendosi al servizio delle vittime, o facendo congressi per far comprendere ai giovani di non commettere i loro errori.
Dopo vent’anni e più di carcere, un essere umano cambia, spetta alla società decidere in quale direzione inviare questo cambiamento: se verso il bene o il male.

© Miriam Ballerini

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