UNA
BAMBINA di Torey L. Hayden
© 1993 Corbaccio ISBN 88-7972-040-6
Pag. 244 € 13,00
I libri verità sono quel genere
di storie che, immancabilmente, ti segnano dentro.
Le parole… quale potere hanno le
parole di entrare in un corpo e farsi lama di coltello, piuma soave o suono
assordante.
Nel libro “Una bambina” si
provano tutte queste sensazioni e altre ancora.
All’inizio troviamo scritto: “A
Sheila R., naturalmente. Molti mi hanno chiesto della poesia appesa nel mio
ufficio. È giusto, allora, che conoscano la bambina che l’ ha scritta. E spero
di essere stata brava almeno la metà di quanto è stata brava lei”.
L’autrice ha avuto diverse esperienze, come insegnante,
nelle scuole speciali per bambini emotivamente labili e negli istituti psichiatrici.
“Una bambina” è il suo libro d’esordio, scritto in soli otto giorni!
È la storia di Sheila, una
bambina di sei anni che arriva nella sua classe speciale, in attesa che si
liberi un posto nell’ospedale di stato. La piccola ha legato a un albero un
altro bambino e gli ha dato fuoco.
È violenta: piromane, soffre di
enuresi notturna e presenta episodi di maltrattamenti sugli animali. Ha un
quoziente intellettivo altissimo.
La madre ha portato con sé il
figlio più piccolo, abbandonando Sheila su un’autostrada come un cane. Da
allora vive col padre alcolista.
Torey si avvicina alla piccola e
al suo mondo capovolto, riuscendo con enorme fatica a farla tornare una bambina
di sei anni: giocosa e serena.
Ma un altro episodio di violenza
arriva a colpire la piccola, nel bel mezzo del suo percorso rieducativi.
Un’aggressione che avrebbe stroncato un adulto; eppure in Sheila c’è una forza
interiore sorprendente, che anima e commuove.
Molto ho ammirato la capacità di
comprensione di Torey, così matura nella sua professione e nella coscienza.
Lavorando coi bambini disturbati, spesso violenti, ha la grande capacità di
comprendere come un adulto che commetta azioni ignobili, sia solo quel bambino
che non ha avuto la possibilità di rieducarsi.
In lei non c’è mai odio, ma solo
una straordinaria dimostrazione di umanità.
Riporto questa considerazione che
parla della bambina, di Jerry che è lo zio orco e di Chad, il compagno di
Torey: “ Cinque mesi prima, era stata Sheila a commettere violenza, e
qualcun altro a esserne la vittima. Senza dubbio i genitori del bambino avevano
provato sentimenti molto simili a quelli che ora Chad provava per Jerry. Anche
se questo non scusava affatto l’enormità del crimine, mi faceva capire che il
dolore e il danno subiti da Sheila erano gli stessi che si potevano vedere in
Jerry. Nessuno dei due era innocente, ma nessuno dei due era soltanto malvagio.
Mi faceva male constatare che anche Jerry, sicuramente, era una vittima,
proprio come Sheila. E questo rendeva tutto molto più complicato”.
Torey, a un certo punto, deve far comprendere alla bambina
che il suo lavoro è finito e che lei dovrà frequentare una classe normale. La
separazione è tormentata da entrambe le parti, ma necessaria. È la
dimostrazione che Sheila ce l’ha fatta a sopravvivere al dolore.
Dopo qualche tempo Torey troverà
una poesia lasciata nella sua cassetta delle lettere, come ulteriore prova
della vittoria della bambina.
Sul sito dell’autrice ho trovato
scritto che Sheila, una volta adulta, ha aperto un ristorante; non ha voluto
scrivere nulla sul sito, ma si è raccomandata di dire ai lettori che lei sta
bene, ed è felice.
Mi trovo d’accordo con quanto
scrive il The New York Times: “Ci sono delle pagine, in questo libro, che vi
riempiranno di rabbia. Altre vi faranno esultare. Ma quale che sia la vostra
reazione, riconoscerete con me, credo, che da molto tempo non si leggeva un
libro altrettanto emozionante”.
© Miriam Ballerini
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