PREMIO SEVERO GHIOLDI
Come ogni anno torna la
manifestazione del Premio Severo Ghioldi, promosso dall’ Associazione Iubilantes, in collaborazione con Insubria
Media Point: un premio nato per incoraggiare la formazione e
riconoscere l'attività dei giovani che vorrebbero cimentarsi nella realtà dei
media. Riservato a opere inedite di giovani delle Scuole secondarie di primo e
secondo grado e alle realtà sociali dedicate ai diversamente abili delle
province di Como, Varese e del Canton Ticino. La premiazione ci sarà sabato 17
maggio alle ore 16,00 presso l’auditorium
dell’Istituto “N.Sauro”
via Gasparotto – Malnate (Va).
Senza nulla togliere ai ragazzi che hanno partecipato,
mettendo in gioco la propria passione per la scrittura giornalistica, questo
articolo vuole porre l’attenzione sul premio conseguito da un ospite della
comunità privata il Ciliegio di Vertemate.
Ho avuto modo di incontrare uno degli operatori, Enrico
Pinotti, e di potere scambiare con lui alcune impressioni sull’importanza di un
evento che per un ragazzo è un riconoscimento e un incoraggiamento a proseguire
su questa strada; mentre, per una persona con problemi psichici, è un’evasione
e una sorta di terapia.
All’uscita del bando Enrico ha proposto alle persone della
comunità, otto in tutto, di scrivere un loro articolo. Di queste otto, due si
sono mostrate propense alla scrittura. Così, Corrado di 45 anni ed Eugenio di
60, hanno pescato nei loro ricordi fino a trovare una storia che ben si
adattasse a quanto richiesto.
Eugenio
ha scritto “Pescando nei ricordi” del quale riportiamo un breve estratto: Ho
preso la licenza di pesca per le zone libere ed il tesserino per poter pescare
nelle riserve Fips (Federazione italiana pesca sportiva). Mio zio mi portava
con la macchina sui luoghi. Ricordo che, la prima volta, siamo andati sul ponte
di Lecco di sera, dalle diciannove alle ventitré, circa. Per pescare, quella
sera, abbiamo usato galleggianti fosforescenti e molti ami con le esche dei
cagnotti bianchi. Dico, per chi non sa di pesca che, i galleggianti sono quelli
che avvisano il pescatore, che il pesce ha abboccato e, i cagnotti delle esche,
sono le larve. Quella sera, sul ponte di Lecco, gli obiettivi erano le
arborelle, i cavedani ed i pesci persici. I pesci pescati non dovevano superare
le misure prefissate per legge, altrimenti li avremmo ributtati in acqua. La
pastura che mettevamo agli ami era fatta di mollica di pane, cagnotti (le
larve) e crusca. Pasturare, era il gettare il cibo in acqua per fare avvicinare
i pesci, dopodiché si buttava l’esca con l’amo.
Corrado, che poi è stato il vincitore prescelto, ha
raccontato di una simpatica rivalsa, dal titolo “Diamogli un taglio”: Quella
sera, era una di quelle sere, in cui si realizza che l’inverno, lo si è
definitivamente lasciato alle spalle; questo è già un bel traguardo: adesso c’è
da attendere che la primavera arrivi veramente.
Era più o meno la fine del mese di marzo ed era
l’imbrunire, il sole lanciava gli ultimi suoi raggi sui vetri delle finestre
alte delle case ai bordi della piazza del bar dove noi quattro eravamo seduti.
Eravamo seduti fuori dal bar, su delle sedie di plastica bianca e, quattro o
cinque vasi bianchi anche loro e rettangolari, ancora senza fiori, ci
dividevano dal resto della piccola piazza del paese, vicino alla chiesa.
Eravamo, appunto in
quattro, quattro come gli amici della canzone di Gino Paoli, ma non è
che noi volessimo cambiare il mondo e, neppure stavamo parlando di anarchia e
solidarietà. Ci stavamo raccontando di quello che avevamo fatto durante la
giornata e, ci chiedevamo di quello che avremmo potuto fare da lì, fino alle
undici- mezzanotte. L’aria di una possibile primavera ci stimolava ad uscire
dai nostri gusci.
Quello che colpisce e che
fa ben sperare, è che anche se, per forza di cose, il vincitore poteva essere
solo uno, anche gli altri che non hanno partecipato si sono fatti prendere
dalla gioia di questo momento. Forse solo Eugenio ha avuto un momento di
delusione, ma che ben maschera unendosi alla felicità dell’amico.
Alla fine, lo scopo dello
scrivere è quello della condivisione. È un’operazione individuale, che invita
alla riflessione e all’introspezione; ma una volta che si scrive e il proprio
pezzo viene letto, la magia che si compie è quella della condivisione e
dell’unione. Il risultato è stato che gli ospiti abbiano fatto gruppo, sentendosi parte di un tutt’uno.
Perciò, vista la buona
riuscita di quello che poteva essere solo un esperimento senza seguito, Enrico
si è sentito proporre di continuare con questa attività che li coinvolge, li fa
sentire uniti, legati da un solo filo conduttore che, per un momento, ha la
capacità di trasportarli oltre la malattia e il disagio.
Come in tante situazioni
di questo tipo, l’operatività e l’incoraggiamento al fare, sono molto utili e
affiancano in maniera didattica e
divertente il percorso di cura.
Forse, chi ha pensato al
Premio Severo Ghioldi non si aspettava tanto, ma è bene sottolineare quanto, in
casi come questo, non sia stato solo un riconoscimento, ma un valido
incoraggiamento.
© Miriam Ballerini
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