15 aprile 2014

Esperienze di insegnamento in carcere


ESPERIENZE DI INSEGNAMENTO IN CARCERE

Mercoledì 9 aprile 2014 ho avuto l’occasione di essere presente a una iniziativa pregevole organizzata dall’Auser di Lomazzo.
La giornalista Laura Omodei e il professore Umberto Lietti, hanno raccontato la loro esperienza presso il carcere di Bollate e la casa circondariale il Bassone di Como.
Per chi, come me, ha avuto modo di avvicinarsi alla realtà dei detenuti, sembra strano che si debba parlare di carcere, che si debba ricordare alle persone “fuori” che i detenuti sono persone con molte problematiche e, spesso, poche prospettive.
Per la gente comune il carcerato è un tizio che ha sbagliato, che deve pagare, da tenere ben lontano dalla società, quasi possa contaminarla.
Spesso vedo confondere il concetto di giustizia con quello di vendetta. Poco si parla di riabilitazione e, lo dico con un peso tutto personale sul cuore, sento dire cose come: “È giusto uccidere un ladro, perché ruba in casa d’altri”. Con la strana e distorta moralità che un televisore valga più della vita di una persona; con una confusione diabolica su cosa significhi “difesa personale”.
La Omodei ci ha raccontato della sua esperienza avuta tramite un progetto che portava prima in tribunale, quindi a trascorrere una giornata nel carcere di Bollate. A tutt’oggi questa struttura è il fiore all’occhiello europeo della riabilitazione e del calo della recidiva. La dr.ssa Omodei spiegava che le celle sono singole, non esiste il sovraffollamento con tutte le sue problematiche fisiche e psicologiche che pesano sull’individuo.
Lietti, invece, insegna ragioneria presso il Bassone, di certo un’altra realtà. Dai suoi racconti ho notato che sono cambiate alcune cose da quando ho avuto modo di entrarci io, nel 2006. Molte in meglio, come ad esempio alcune sezioni aperte per più ore.
L’impressione di chiunque entri in una struttura carceraria è la stessa: la presenza fisica delle mura, delle chiavi, del chiuso e l’incolonnamento dei propri passi, guidati. Un carcere, anche all’avanguardia, dà sempre e comunque l’impressione di un mondo chiuso, ristretto, dove la libertà è un concetto che si estingue.
Stessa cosa vale per l’impressione che si ha dei detenuti: educati, rispettosi e… persone. Chi crede che entrando in un carcere si trovi davanti gente con scritto in fronte ciò che ha fatto, e questo non concerne con ciò che uno è, di certo rimarrà deluso.
La giornata è scorsa in modo piacevole, con tante cose da dire, da spiegare. Argomenti sui quali il confronto è inevitabile.
Ciò che mi ha colpita favorevolmente dei due relatori è stata l’assoluta mancanza di giudizio e pregiudizio: essenziale per chi vuole accostarsi all’altro per capire e aiutare. Per riconoscersi uomo in mezzo agli uomini.

© Miriam Ballerini

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