08 luglio 2013

Anselmo d'Aosta

Filosofo e teologo aostano, discusso per il famoso argomento ontologico sull’esistenza di Dio
Anselmo è la gloria di Aosta, l’antica Augusta Praetoria. Circondata da valli amene e da superbe vette, Aosta è la «Roma delle Alpi» per i suoi vari monumenti, tra cui l’arco trionfale che ricorda la vittoria di Augusto sui Salassi nel 23 a. C., ma ricordiamo anche la Porta Praetoria a sei archi paralleli, il teatro romano e la colonna a memoria della fuga di Calvino nel 1541. Anselmo vi nasce nel 1033 da famiglia lombarda. Da bambino voleva raggiungere le vette delle montagne che sovrastano la sua città natale per vedere Dio, di cui spesso la madre gli parlava. Nella giovinezza conduce una vita vagabonda, gaia e spensierata.  Un giorno lascia i compagni e bussa alla porta del monastero normanno di Bee. A Bee ha per maestro Lanfranco, progredisce rapidamente nei saperi e nelle virtù, tanto che viene eletto presto abate di quel celebre cenacolo di dotti e di santi. La fama di Anselmo si irradia per tutta la Normandia, tanto che alla morte di Lanfranco nel 1089, Anselmo viene indicato come successore alla sede episcopale di Canterbury. Il re normanno Guglielmo il Conquistatore non voleva che Anselmo avesse avuto una Chiesa nel suo regno. Guglielmo cade in una grave malattia e agonizzante dal letto richiama Anselmo a guidare la Chiesa di Canterbury nel 1903. Anselmo accetta e ironizza: «Hai congiunto un toro e una pecora sotto lo stesso giogo», ma una volta guarito, Guglielmo riprende a contrastarlo, tanto che il vescovo è costretto a partire per Roma. Anselmo si rivolge al papa Urbano II, colui che ha indetto la famosa prima crociata il 27 novembre del 1095, colle famose parole: «Dio lo vuole!». Il papa lo riceve al concilio di Bari: «Parla dunque! Difendi la tua madre, che è anche la nostra!». Anselmo dopo aver conferito sulla processione dello Spirito Santo, riferisce delle oppressioni ricevute dal re. Il papa voleva lanciare una scomunica contro Guglielmo, ma Anselmo supplica di non farlo e propone di rimandare la sentenza. Nel 1100 muore Guglielmo il Conquistatore ed Anselmo ritorna a Canterbury. Il re Enrico I vuole il giuramento di vassallo, al che Anselmo ribatte: «O giuramento od esilio!». Preferisce l’esilio e muore il 21 aprile del 1109. Abbiamo ripreso queste brevi note della sua vita dai Sermoni Scelti del Canonico Di Giulio. Il Tritemio lo definisce eroico nella virtù, facondo nel dire, intrepido nella lotta contro il cesarismo normanno. Anselmo è autore di varie opere. La prima Cur Deus homo sul peccato originale e poi varie altre filosofiche e teologiche, tra di cui spiccano il Monologio ed il Proslogio. Anselmo è famoso per l’argomento ontologico, esposto nel Proslogio, una delle prove dell’esistenza di Dio più discussa in tutti i tempi. Si chiama anche prova a priori, ma correttamente dovrebbe dirsi a simultaneo, perché nell’idea di Dio trova inclusa ad un tempo l’esistenza. Pensare Dio e ritenerlo realmente esistente è simultaneamente unum et idem. Contro l’insipiente del salmo XIII, che dice «in corde suo: “non est Deus”», Anselmo ribatte che egli possiede il concetto di Dio, essendo impossibile negare una realtà che non si pensa neppure. Il concetto di Dio è quello di un essere di cui non si può pensare nulla di più grande: id quo maius cogitari nequit. L’argomento si fonda su due capisaldi: ciò che esiste in realtà è maggiore o più perfetto di ciò che esiste solo nella mente; negare ciò di cui non si può pensare nulla di maggiore significa contraddirsi. Le posizioni a favore e contro l’argomento anselmiano sono numerosissime. Citiamo solo Bonaventura, Scoto, Cartesio e Leibniz, che lo riprendono e lo rielaborano in qualche modo e Kant che lo critica. Il primo oppositore di Anselmo fu un monaco contemporaneo, Gaunilone, benedettino dell’abbazia di Marmoutier, morto nel 1083. Le sue obiezioni, racchiuse nel Liber pro insipiente, sono varie, ma possiamo sintetizzarle in due punti essenziali: non possiamo avere l’idea di Dio prima di averlo dimostrato; se l’argomento provasse dimostrerebbe troppo: quod nimis probat, nihil probat. Infatti se si potesse provare l’esistenza di Dio dall’idea di Dio, si potrebbe, ad esempio, provare l’esistenza delle «Isole fortunate» che sono le più perfette possibili. Kant parlerà del cento talleri, che io posso pensare di avere in tasca e che quindi, secondo Anselmo, dovrei realmente avere. Anselmo replica col Liber Apologeticus, notando che l’esempio dell’isola perfetta non è calzante per l’id quo maius cogitari nequit, per il quale soltanto vale questo argomento. San Tommaso parla a più riprese di questo argomento per criticarlo: Anselmo confonderebbe l’ordine logico e l’ordine ontologico e passerebbe dall’uno all’altro illegittimamente. Sulla grandezza dell’argomento ontologico, basti pensare che anche l’illustre Kurt Gödel lo riprende nel novecento nella sua Ontologisches Beweis, mentre viene criticato da C. Ryle,  C. D. Broad, B. Russell e A. J. Ayer.
 
Vincenzo Capodiferro

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