Un’esperienza teatrale significativa e
maestosa
Rivedere l’Iliade a teatro, in un’interpretazione così
magistrale ed attenta non è impresa facile. Saper condensare le innumerevoli
gesta della tradizione omerica in una rappresentazione che ti prende è un’opera
d’arte che nulla ha da invidiare allo stesso originale. Sappiamo bene che a
volte l’interpretazione è più importante dell’opera. E ciò lo si intende bene per
le opere musicali. Quanto vale una bella interpretazione! L’Iliade di Prospero
Bentivenga esce in scena nel 2009, una riscrittura
teatrale fatta dal regista lucano, insieme a Carmen Luongo, Daniele Ventre, con
la consulenza drammaturgica di Renata Molinari. Prospero è nato in un piccolo paese dell’entroterra lucano,
Castelsaraceno. Il padre, Biagio, era un artigiano attento e laborioso. È morto
molto giovane. La madre, Emanuela, casalinga, è una persona suggestiva ed
amabile, così ilare ed espressiva. Credo che Prospero abbia preso da lei la propensione
al teatro. Fin da giovane Prospero frequenta Napoli, la patria del teatro per
eccellenza. E qui comincia a dedicarsi all’attività cinematografica, iniziando la
sua carriera non indifferente, ma impegnata e decorosa. Esordisce con
Cucina Bollente nel 1990: l’opera è
premiata come miglior film cortometraggio al Carpineto Film Festival di Roma da
una giuria presieduta fa Fulvio Lucidano. Scrive e dirige Non si fa credito nel 1992, poi Prima
nel 1993. I cortometraggi sono segnalati al Festival Internazionale Cinema
Giovani di Torino, nonché a quelli di Alpe Adria e del Cinema Italiano a Roma, ed
a numerose rassegne, trasmesse da Rai 3 – Fuori
Orario. Con il documentario L’Antenna
di Castelsaraceno, sempre nel 1992, partecipa
a Parigi al XI Bilan du Film Ethnographique presieduto da Jean Rouch, messo in
onda da Rai 1 e Rai 3. Si tratta di un lavoro importante che riprende e
commenta l’antichissimo rito arboreo dell’innalzamento dell’albero in occasione
della festa di Sant’Antonio. È un rito molto diffuso in Lucania. È autore e
regista di vari film documentari: I
giostrai (1992), Fermo in stazione
(1994) prodotti e trasmessi da Rai 3 e Maggio
a Napoli (1998), prodotto e trasmesso da Rai 1. È regista per Rai Sat de Il baciamano (1999), spettacolo teatrale
di Manlio Santanelli con Carmen Luongo, in scena al Palazzo Reale di Napoli per
il Bicentenario della Repubblica Partenopea. Nel 2007 dirige il film World Napoli presentato al Festival del
Cinema di Venezia ed al Festival dei Diritti Umani di Buenos Aires. Nel 2009 al
Napoli Teatro Festival-Fringe ha portato in scena Le pareti della solitudine
di Tahar Ben Jelloun con attori richiedenti asilo ed immigrati. Insieme all’attrice e regista Carmen Luongo fonda a
Napoli nel 1996 Zéro de conduite, emblematico
titolo che significa “zero in condotta”, ove si dedica alla ricerca ed alla
produzione di teatro e cinema, con gli auspici del grande filosofo Gerardo
Marotta e grazie alla preziosa collaborazione dell’Istituto Italiano per gli
Studi Filosofici. A via Costantinopoli viene costituito un centro studi
dedicato alla scrittura ed all’arte dell’attore. Nel 2003 dopo anni di faticosi
lavori, recuperando un’ala di palazzo Marigliano, fonda altresì, insieme ai
suoi amici e collaboratori, il Teatro Tintadirosso. Qui, dopo una
collaborazione con Giorgio Strehler per Elvira
e la passione teatrale di L. Jouvet, ha portato in scena soprattutto testi
di drammaturgia contemporanea. La reinterpretazione dell’Iliade si è avvalsa
della consulenza di uno dei più geniali cultori della cultura classica e di
quella greca in particolare, il giovane Daniele Ventre, il quale ha curato, nel
2010 per l’editrice Mesogea di Messina,
una traduzione dell’Iliade, che
ha ricevuto il primo premio dalla
Fondazione Achille Marazza di Borgomanero, in provincia di Novara.
Daniele Ventre insegna greco e latino a Napoli, ha collaborato con la Sorbona
di Parigi, ove, nel 2012, è stato invitato dal prof. Philippe Brunet al convegno sulle traduzioni isometriche di
Omero in lingue moderne. Sempre nel 2012, esce la sua prima raccolta E
fragile è lo stallo in riva al tempo,
Edizioni d’If di Napoli, nella cui recensione si legge: «È
Un
moderno canzoniere dell'anima declinato in strutture di grande sapienza
formale. Per chi ama le eleganze creative e le metafore d'autore per raccontare
una guerra non dichiarata e forse nemmeno combattuta». Da sempre è impegnato in traduzioni di opere
classiche, come di Omero e di Euripide, e nella cultura. Riportare al vivo le
commosse vicende dell’antica Grecia è bello. E così aveva fatto forse nei tempi
antichi il cieco vate, attingendo al ricco tesoro delle tradizioni popolari,
che avevano perpetrato di generazione in generazione le gesta eroiche dei
popoli ellenici, culla di tutto il pensiero occidentale. Così aveva tratto l’ispirazione
e la materia delle sue canzoni: narrare in versi armoniosi le gesta degli eroi
nazionali, infondere ad essi con l’arte la vita ed il sentimento. Questo è il
genio potente di Omero, che con l’Iliade e l’Odissea ha creato la vera e grande
epopea, modello insuperato a tutti i posteri. Rivedere questa magistrale
reinterpretazione dell’Iliade, così curata, nei minimi dettagli, è come
ripercorrere le vie della foscoliana Troade inseminata. Immedesimarsi:
questo significa dar vita all’arte, perché l’arte è vita stessa e noi tutti in
ciò siamo artisti. È artista chi recita, è artista chi assiste, altrimenti non
avrebbe senso. L’Iliade ci dice cose universali, valide per tutti e sempre,
cose che avvengono in tutti i tempi, anche oggi. Questo è il classico: poter
dire ad ogni uomo, nato in ogni tempo, un qualcosa che è sempre vero. E vedi
Paride, l’avvenente figlio di Priamo, sedurre la consorte di Menelao, la più
bella di tutte le donne. E da questo peccato originale, come quello commesso da
Eva nei confronti di Dio, sorge la guerra originaria, la regina di tutte le
cose, come la definiva il profeta Eraclito. I principi e gli eroi di Grecia si
levano in armi contro Troia, primo tra tutti Agamennone, figlio di Atreo e
l’eroe Achille valido e bello, figlio di Peleo e di Tetide, dea del mare, duce
dei Mirmidoni rozzi e fieri. Due sono i protagonisti del poema, gli eroi
Achille ed Ettore… il resto lo lasciamo alla visione di questa stupenda,
ribadisco, interpretazione del poema omerico, la quale si può trovare anche in
dvd. Il mondo dipinto da Omero è ideale, mitico, ma nello stesso tempo, umano,
troppo umano. Insieme agli eroi e gli uomini entrano in scena gli dei,
alcuni dei quali sono per i greci, altri per i troiani. Ma questo continuo
intervento di entità soprannaturali non turba l’armonia dell’insieme. Omero
abbassa il cielo ed innalza la terra quasi che si toccano nell’ideale eroico,
come negli eroici furori del Nolano. Il Furor diviene il motore
di tutte le cose, la Wille schopenhaueriana. Colui che assiste
all’Iliade, come colui che la medita è trasportato inconsciamente di meraviglia
in meraviglia. Ed intanto la poesia è universale, perché è andata a toccare
quegli eterni junghiani archetipi. In questa dispersione possiamo ravvisare
anche l’illusione dell’arte, che non è, come malamente si potrebbe interpretare,
l’arte di mentire. Anche la rappresentazione teatrale, come la poesia è
illusione, ma non nel senso negativo. In ludere significa giocare, e nel
gioco capire la vita stessa. Ridendo castigat mores. Il fine ultimo,
allora, la destinazione di ogni rappresentazione è innanzitutto questa:
comprendere la vita di cui tutti noi facciamo parte, come gocce che scorrono in
un fiume che eternamente scorre. L’illusione è unita al dramma della vita,
perché la vita è come un teatro, ove ognuno di noi deve fare la sua parte,
fosse anche quella di spettatore. La persona è il personaggio, non vogliamo
solo fare un omaggio a Pirandello! Nel linguaggio omerico, tutto ciò che un
eroe, o un protagonista sente, pensa, prova viene esposta in forma di discorso
diretto. I dialoghi sono continui, veri, vivaci, caratteristici già nel poema,
immaginate un po’ nell’opus teatrale! L’eloquenza non è finta, ma sentita,
scaltra. Il vate diventa il narratore, lo storico, perché procede tranquillo,
minuzioso, non si affretta mai, si ferma sui particolari, anche i più piccoli,
anche se questi non appesantiscono tutto l’insieme. A parte la questione
omerica, all’inizio tutto è poesia! L’Iliade è un quadro in miniatura che
raggiunge meravigliosi effetti di evidenza e verità, non solo verisimiglianza. L’Iliade
di Bentivenga rispetta fedelmente questa struttura e nella composizione
teatrale sa offrire un gustevole dipinto, una dolce sinfonia, un richiamo bello
a questo mitico poema del tempo originario del mondo.
Vincenzo Capodiferro
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