08 aprile 2013

L'euro e la crisi di Cipro

 


Il destino della moneta unica priva di un comune quadro economico, fiscale e di bilancio- Le responsabilità politiche di Bruxelles e il ruolo della Bce nella vigilanza bancaria.

 
di ANTONIO LAURENZANO

“La bancarotta di Cipro e la sua uscita dall’euro, con imprevedibili conseguenze per l’Eurozona, è stata fortunatamente evitata. Ma abbiamo corso seri rischi….” Ha così commentato sulle colonne del Sole 24 ore l’economista Alberto Quadrio Curzio la crisi cipriota e il relativo salvataggio dell’Ue. Procedere a un indiscriminato prelievo forzoso su tutti i depositi presso le banche di Nicosia avrebbe generato una fuga dei capitali dai Paesi traballanti, ponendo le basi di una sfiducia che alla lunga avrebbe potuto dissanguare l’Europa. Un effetto domino disastroso. Una crisi che ha messo impietosamente a nudo i limiti strutturali del sistema monetario europeo privo di un comune quadro economico, fiscale e di bilancio. Un sistema all’interno del quale la crisi del debito sovrano si salda pericolosamente con quella degli istituti di credito che ne detengono i titoli. Tarda a concretizzarsi la nuova governance rafforzata dell’euro, il rilancio della sua coesione e credibilità. Resta inspiegabile come Cipro, noto Paese off-shore da sempre, porto di approdo di capitali di provenienza illegale, sia stato ammesso il 1° gennaio 2008 alla Eurozona senza un preventivo monitoraggio dei suoi asset finanziari. Il caos cipriota sconta cioè l’inefficienza e i ritardi di una seria politica economica europea: per finanziare un’economia minuscola (0,2% del Pil totale) l’Europa brucia la sicurezza delle sue garanzie sui depositi bancari, la certezza del diritto , tradisce la fiducia dei suoi risparmiatori, sacrifica la libera circolazione dei movimenti di capitali ma non trova ancora la forza di mettere fuori legge dal mercato unico la concorrenza nella corsa al risparmio altrui attraverso i differenziali di tassazione e rendimenti! Misteri di Bruxelles… Incompetenza al potere, improvvisazione diffusa! Politici disattenti e tecnici … allo sbaraglio stanno trasformando l’Europa in una “trappola mortale”. La colpa evidentemente non è dell’idea di Europa e di chi con tenacia l’ha perseguita. La costruzione europea resta un progetto straordinario, di rilevante portata storica per il futuro del Vecchio Continente. Non è in discussione l’integrazione politica dell’Europa, ma come essa debba essere realizzata per tacitare un becero antieuropeismo. A livello europeo è stata da tempo imboccata la strada sbagliata, quella di un metodo intergovernativo inefficace.   Dalla “trappola” si esce spingendo in avanti la costruzione dell’Europa sul piano finanziario e fiscale, nella prospettiva dell’unità politica. In una Unione con adeguata capacità fiscale, il livello sovranazionale ha le risorse per stimolare le economie degli Stati membri soffocate dalle misure di austerità che essi devono adottare per contenere i propri debiti. In un’Unione politicamente integrata le decisioni sono dell’Unione, non degli Stati più forti al suo interno (Germania avvisata!). La crisi di Cipro, con il rischio di una deriva monetaria, ha dimostrato quanto sia necessaria un’unione bancaria con la supervisione da parte della Bce di Francoforte e con un meccanismo accentrato di risoluzione delle crisi. Una maggiore integrazione finanziaria è essenziale per rendere più forte l’Europa e più stabile l’euro, soprattutto ora che la frammentazione dei mercati sta portando a una divergenza nei costi di raccolta delle banche.  La vigilanza unica, sotto l’egida della Bce, può aiutare a risolvere due problemi di fondo: spezzare il legame perverso fra debito sovrano e crisi delle banche (sarà il Fondo salva-Stati a ricapitalizzare direttamente gli Istituti in difficoltà) e rimuovere l’ipoteca della politica sulla supervisione delle banche (MPS docet!). Ma il disegno di un’unione bancaria è tuttora ostaggio degli interessi nazionali che lascia la moneta unica in balia degli speculatori e dei mercati, con buona pace di chi sulle debolezze e sui dissesti finanziari altrui rafforza la propria leadership economica e politica in Europa.

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