Questa è la storia di
Biagio: né morto, né vivo, né sano
Mi viene da sorridere
quando sento parlare di convegni sulla sanità in carcere, è un sorriso ironico
e benevolo al tempo; per vivere e per
stare bene c’è bisogno di amare e di libertà.
(Alessandro Bruni)
Biagio Campailla, è un giovane “Uomo Ombra” arrestato in
giovane età e condannato all’ergastolo ostativo. È arrivato da poco tempo dalla Sardegna, dal lager di Badu
Carros, e abbiamo fatto presto amicizia. Tutte le mattine appena ci aprono i cancelli viene a
trovarmi nella mia cella, gli faccio il caffè, lo ascolto e provo a
confortarlo. Biagio sta male, soffre di una malattia genetica come la
sorella che per questa malattia è scomparsa da pochi anni. Soffre di numerosi linfonodi latero-cervicali, di
cervicobrachialgia, di ipoastenia sinistra e dell’arteria mammaria interna
sinistra che incrocia e impronta il vaso venoso succlavio, che da 15mmm passa a 6mm con conseguenze
possibile situazione clinica di sindrome dello stretto toracico superiore. Sulle sue
spalle pesano due gravi condanne, tutte e due mortali, ma, bizzarria della sorte, una condanna può
far finire l’altra. Dagli
uomini è stato condannato alla “Pena di Morte Viva” (così chiamiamo l’ergastolo
ostativo, quello senza possibilità di liberazione), dal destino invece è stato condannato a questa rara malattia. Biagio s’è
sposato giovane, appena quattordicenne, come accadde ancora nel meridione, ha
quattro figli e a quarantadue anni ha cinque nipoti. Ha una
famiglia che resiede in Belgio da tanti anni: dolce, colorita, solare e affettuosa, con una madre malata ma combattiva che lo segue con affetto da
quattordici anni, l’ho conosciuta nella sala colloqui. Biagio mi
parla spesso dei suoi figli e dei suoi nipotini e mi confida che gli dispiace
che a causa della malattia non potrà
vederli crescere. L’altro
giorno mi ha confidato che non ha neppure più l’energia per stare male, che quello che lo terrorizza di più è
spegnersi lentamente fra sbarre e cemento. Penso che
abbia ragione perché quello che fa più paura ad un uomo ombra malato è morire
prigioniero, lontano dai propri familiari. Invece quello che terrorizza un uomo
ombra sano è continuare a vivere senza neppure un calendario in cella per
segnare i giorni che mancano al suo fine pena. Questa è
la storia di Biagio: né morto, né vivo, né sano, che si sta
spegnendo lentamente come una candela senza luce e al buio in una prigione dei
buoni.
Carmelo
MusumeciPadova, Dicembre 2012
www.carmelomusumeci.com
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