05 dicembre 2011

Paratissima – Edizione 2011 terza parte

Paratissima – Edizione 2011
Artisti e no - Parte terza
di Marco Salvario

Probabilmente non l’ho scritto nelle due parti precedenti o, se l’ho scritto, le mie parole sono scivolate via troppo veloci e qualcuno mi ha equivocato: Paratissima non è solo pittura, scultura, fotografia e dinamiche variazioni sul tema. Paratissima è, soprattutto le notti, musica, danza, teatro e moda: questa mia presentazione di artisti è quindi parziale, non solo in riferimento alle locazioni da me visitate, ma anche riguardo ai generi cui mi sono orientato.
Chiarito questo, continuo l’analisi degli artisti presenti a Paratissima, Edizione 2011, e rimandando nuovamente, per eventuali chiarimenti, all’introduzione della Parte prima.
Opere e autori citati (in ordine assolutamente casuale):




Baba del Latte
http://www.babadellatte.blogspot.com

Al ParaNizza di via Nizza 19, in una postazione al primo piano a mio giudizio abbastanza infelice come logistica, esponeva un artista che, invece, avrebbe meritato una migliore sistemazione. Già i materiali di cui Patrizio Cavallar, in arte Baba del Latte, si serve per realizzare le sue sculture, dimostrano il suo approccio originale e personalissimo: carta, colla industriale, barattoli, tibie di cinghiale (!), paraffina, biglietti da 5 euro; malgrado tale inusuale diversità, il risultato è omogeneo, convincente, degno di confrontarsi con pari dignità con le realizzazioni di artisti che usano materiali più classici.
A Paratissima il nostro, che è pittore, scultore, incisore e fotografo, ha presentato raffigurazioni di mani che si cercavano, braccia crocifisse, pugni che reggevano scheletri di ombrelli: rappresentazioni tese, realistiche, cariche di lotta, di sofferenza e, al tempo stesso, di speranza. Quasi magicamente il pensiero, l’emozione, l’entusiasmo dell’autore si concretizzano e diventano (fragile?) opera d’arte.
Se ci fosse una medaglia da dare a chi ha più adeguatamente ricevuto e sviluppato lo spirito di Paratissima - la creatività pura, la libertà di espressione del proprio intelletto, l’irrequietezza fuori dagli schemi, la capacità espressiva – il ventitreenne Baba del Latte sarebbe tra i candidati che è obbligatorio prendere in considerazione.




Guido Adaglio
http://guidoadaglio.foliohd.com

I corpi carnali e sensuali nella loro plastica tensione che popolano le tele di Guido Adaglio, erano esposte nella particolare locazione del cinema a luci rosse Metropol in via Principe Tommaso. Entrando, lo ammetto, ho avuto una sensazione d’imbarazzo accentuata dall’odore denso di sudorazione ed eccitazione che vi si respirava, dalla vicinanza promiscua delle opere alle locandine dei film e da un piccolo incidente accaduto mentre fotografavo: stavo mettendo a fuoco con la mia macchina fotografica una delle tele (non le locandine, lo giuro!), quando nel cinema è entrato un cliente furtivo e veloce che, appena si è visto inquadrato, ha fatto dietrofront e si è eclissato in un attimo. Oops! Voglio rassicurarlo: non è rimasto immortalato; però ho fatto perdere un ingresso al locale ..
Di Adaglio volevo presentare l’opera “Perso fu il mio senno, per l'eroina”, lavoro che rivela una notevole capacità scenica, ma le mie foto sono state modificate in modo irrecuperabile dai riflessi delle insegne luminose di un bar dirimpetto, che si rispecchiavano fastidiose sulla vetrina del cinema stesso, così ho ripiegato su “Mi perdo dentro fuggendo l'ignoto”, lavoro valido, ma più studio, ricerca e non completamente maturo (la data è il 2002). Tale tela dimostra comunque la capacità dell’autore di cogliere nel corpo umano le linee di tensione e di delinearne la figura, in un abile gioco che riesce a coniugare insieme semplificazione e dettaglio, in un contrasto estremo tra luce solare, che è conoscenza, e tenebre, che non sono dannazione ma ignoto. Il titolo ci guida a vedere nella nuda figura maschile un nuovo Ulisse, che volta sdegnoso le spalle al mondo già esplorato, per cercare di penetrare il muro nero del mistero, limite la cui pesantezza viene resa fisicamente da uno strato di colore nero spesso, al punto da coagularsi in ruvidi gonfiori sulla tela.




Cristina Adinolfi - Axt
cri.adi@libero.it

Nelle bianche pareti si aprivano, geometricamente allineate, decine di aperture circolari, come piccoli oblo nelle cuccette di una nave o come tazzine sul cui fondo leggere il futuro. Attraverso quelle piccole feritoie aperte su mondi familiari e mutevoli, ritroviamo lo stesso simbolo che si ripete uguale e sempre diverso, rassicurante e ossessivo.
Cuori cuori cuori e cuori.
Anzi, precisa Cristina Adinolfi, in arte Axt: un cuore unico, un “cuore” archetipo di tutti i cuori del mondo. O forse due cuori, in comunione: “mon coeur – ton coeur”.
Una sequenza d’immagini dove il cuore è riconoscibile in tagli di carne, frutti, foglie, macchie, ombre, pietre, e riportanti un assillo d’amore tenero e convinto, che riesce a non essere né ingenuo né eccessivo. Un messaggio semplice e curato in ogni piccolo squarcio, magia al tempo stesso di costruzione e naturalezza.
Non sono in grado di immaginare dove questa artista possa e voglia andare, come riuscirà a stupirci (se ci riuscirà) in futuro: sono però convinto che una citazione nella mia carrellata di artista Axt la meritasse e mi aspetto di sentire parlare di lei.



Alberto Franzin - Branza
Branza1@hotmail.com

Mi aspetto di sentire parlare in futuro anche di Alberto Franzin, nome d’arte Branza (come il formaggio), giovane entusiasta e interessante nel suo modo di affrontare la tela, che esponeva nella suggestiva Officina dei ceni, laboratorio di restauro del legno e non solo, in Via Berthollet 16. Paratissima è un’importante occasione per i residenti di San Salvario di scoprire interessanti locali tipici e originali a chilometro zero.
Di Branza mi è piaciuto istintivamente l’approccio al foglio, la gestione precisa e leggera, la chiarezza del tratto o della pennellata, il senso del limite che blocca la mano al momento giusto.  Quante volte l’artista per insoddisfazione, ripensamenti, irrequietezza, porta la sua mano ad aggiungere particolari inutili, pesanti, confusi e confondenti. Il nostro, invece, è in pace con se stesso e sa fermarsi quando il suo pensiero è stato trasferito su carta o su tela.
Forse all’autore, che sembra alla ricerca del proprio io nell’inseguire e sperimentare tecniche diverse, servirebbe scegliere e focalizzarsi maggiormente; e dovrebbe ricordarsi di mettere la firma o almeno siglare le proprie opere. La firma è molto più importante di quanto possa sembrare: è una propria affermazione di presenza, di orgoglio, di convinzione, la certificazione di volere accettare e riconoscere quanto si è fatto. È un gesto importante come dare il proprio cognome a un figlio.
Belle le cornici, credo (da verificare!), realizzate nella stessa Officina dei ceni.

Finisco con quattro citazioni ingiustamente veloci:




Vincoli - Cristina Pirrone
Una fotografia che acquista una nuova luce e cambia la propria natura all’interno della rete (reale!) di fili d’acciaio che la catturano. L’esempio di come un tocco semplice e geniale dia valore a un’opera che altrimenti avrei giudicato ordinaria.
Sguardi dal Nirvana – Enrico Pescantini e Valeria Agnese
Interno del cinema/teatro Maffei, altro locale specializzato in proiezioni per adulti. Un’intera parete di fotografie che riprendono i volti delle persone e la vita tra le montagne del Tibet, immagini che sono al tempo stesso preziosa documentazione e opera artistica. Lavoro valido sia per le singole fotografie che per la presentazione d’insieme.
Indiano d’America – Luca Durando
http://www.designbydurando.it
Usando l’aerografo come strumento, questo artista del nostro tempo riesce a regalarci immagini emozionanti e di rara qualità. Davanti alle caratteristiche tecniche della sua opera (acrilico su cover plastico, aerografo, finitura trasparente lucida), si percepisce che arte e modernità possono e devono procedere a braccetto.
Immagini in offerta – Giuseppe Cassi
Un po’ Ligabue (Antonio, non Luciano) e un po’ Manara (Milo e, di nuovo, non Luciano) questo Giuseppe Cassi; ingenuità e malizia. Un artista particolare, provocatore che stuzzica e al tempo stesso si fa beffe delle nostre morbosità. I suoi personaggi così violentemente imposti, così spietatamente offerti allo sguardo, così denudati prima ancora che nudi, diventano metafora e simbolo di noi stessi, dei segreti svelati delle nostre anime. Immagini in offerta.

2 commenti:

  1. Anonimo04:17

    Ciao sono "il famigerato Branza", la critica la sento come positiva,ma forse anche fosse negativa invito Chi legge , spero qualcuno a venire alla cadrega in via principessa jolanda 23 per una seconda esposizione,vi ringrazio della gentile attenzione .
    Ah!(grasse risa inizia il 13 gennaio a )(torino).

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  2. Anonimo13:53

    Avevo scritto che mi aspettavo di sentire parlare ancora di Branza e così è stato: in bocca al lupo per questa seconda esposizione! Colgo l’occasione per segnalare il link al circolo Arci La Cadrega che ha da poco compiuto dieci anni di attività: http://www.arcitorino.it/affiliati/la_cadrega .
    La “cadrega”, per chi non conosce il piemontese e neppure il milanese, è la sedia.
    Salvario

    RispondiElimina

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