17 giugno 2010

Bloody Sunday, per non dimenticare

di Lorenza Mondina

Amare l’Irlanda vuol dire camminare per le sue strade apprezzandone ogni piccolo dettaglio, ascoltando la musica che esce dai pub vellutati e cupi, che contrastano con la gioia che li riempie quando gli irlandesi li popolano per una solenne pinta di birra, ma soprattutto amare l’Irlanda vuol dire sentire scorrere sulla pelle tutto ciò che quelle città e quelle strade hanno visto nel corso degli anni.
Oggi però non voglio tracciare uno dei frequenti inni che raccontano quanto è bella l’Irlanda, con le sue distese verdi, con le scogliere che ti tolgono il fiato: oggi voglio ricordare un giorno della storia irlandese, (anche se forse non ha bisogno del mio umile ricordo, perché lo troviamo già nelle canzoni, nei libri e nei film), un giorno che ha lasciato ferite che non potranno mai essere cancellate, e che forse, proprio oggi, potrebbe trovare risposte, dopo tanti anni e tanto dolore.
Leggendo uno dei tanti tanti libri sulla storia irlandese che abitano gli scaffali della mia libreria, una frase mi è rimasta impressa in testa come se vi fosse stata scritta con un pennarello indelebile: ogni persona che vive in Irlanda ha pianto almeno un parente, un familiare o un amico, morto nei conflitti tra unionisti e repubblicani.
Così è successo il 30 gennaio 1972, in quella che doveva essere una qualsiasi domenica d’inverno e che, invece, si è trasformata nella tristemente famosa Bloody Sunday; in tanti hanno pianto i morti che questa giornata ha disseminato sull’asfalto di Derry, nell’Irlanda del Nord ed in tanti aspettano ancora risposte su quello che realmente è accaduto… quelle risposte potrebbero e dovrebbero arrivare oggi, 15 giugno 2010, con la pubblicazione dell’esito dell’inchiesta, un’inchiesta durata 12 anni e costata migliaia di sterline.
In quei tempi, all’inizio degli anni ’70, le leggi sulla prevenzione del terrorismo vigenti prevedevano, tra i numerosi provvedimenti, la detenzione e l’internamento di persone sospettate, per una settimana anche senza la formalizzazione di accuse precise. In queste occasioni, diventate quotidiane, venivano inflitti ai fermati i più umilianti maltrattamenti e torture sia dal punto di vista fisico che psicologico.
Inoltre le disparità di trattamento che per anni erano state perpetrate tra cattolici e protestanti (dove i cattolici sono storicamente stati quelli che vivevano nelle zone più povere, quelli che non trovavano lavoro o che facevano i lavori più duri, che i protestanti non volevano, come ben rappresentato nel “Cal” di Bernard McLaverty) aggiunte ai riferiti soprusi delle forze dell’ordine, avevano contribuito a creare un tessuto sociale invivibile per coloro che abitavano nella zona “sbagliata” della propria città.
Nacque da queste premesse il NICRA (Northern Ireland Civil Right Association), associazione che si batteva per il rispetto dell’uguaglianza e della dignità umana, che trascinò in questa onda migliaia di persone, quelle persone che il 30 gennaio 1972 decisero di marciare per esprimere il loro dissenso, di urlare pacificamente il disappunto su quanto accadeva nei giorni moderni di un paese che continuava comunque ad essere considerato civilizzato.
Dall’altra parte, le forze armate (nuclei antisommossa, paracadutisti, ecc) che avevano già invaso le strade dell’Ulster, per mostrare al mondo come poteva essere facile mantenere l’ordine sociale…
Il resto è storia: 13 morti, diversi feriti, rabbia, disperazione, risentimento, frustrazione.
Questo è quello che accadde: la cronaca di una maledetta domenica, che forse da oggi, con la fine dell’inchiesta, potremo vedere da una nuova prospettiva.
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Breve bibliografia
“Cal” Bernard McLaverty – Feltrinelli
“Storia dell’Irlanda” Robert Kee – Bompiani
“Irlanda del Nord. Una colonia in Europa” S. Calamati, Funnemark Harvey – Ed. Associate
“Un giorno della mia vita” Bobby Sands – Feltrinelli
“I muri di Belfast” Marina Petrillo – Costa & Nolan
Films correlati
“Bloody Sunday”
“Some mother’s son”
“Nel nome del padre”

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