17 aprile 2009

Storia greca: le riforme di Solone, di Clistene, Efialte e Pericle

Nota enciclopedica
Quando, all’inizio del VI secolo a.C., Solone venne nominato arconte al fine di sanare i conflitti sociali che erano divenuti pericolosi per la comunità, si trovò a dover mediare tra le difficoltà economiche crescenti di una popolazione ridotta allo stremo dai debiti e le pretese aristocratiche di mantenimento dei propri privilegi.
Come del resto in tutto il mondo antico, in Grecia i prestiti avevano come garanzia la persona, quindi non onorarli poteva comportare la perdita della libertà perché il debitore poteva essere venduto come schiavo, anche all’estero. Solone proibì quest’uso ed attuò il cosiddetto “scuotimento dei pesi”, liberando gli attici dai debiti che gravavano sulla loro condizione di braccianti e, a volte, sulla loro libertà, ma non attuò una riforma agraria che ridistribuisse equamente le terre. Da questo punto di vista, egli non fu dunque radicale, attirandosi nemici sia da una parte che dall’altra, attuò invece una radicale riforma sulla base del censo, che conferiva privilegi in base alla ricchezza prodotta e che divideva la popolazione dell’Attica in quattro classi: gli arconti, quelli cioè che avevano un reddito di almeno 500 medimni, gli hippeís (i cavalieri, con un reddito di circa 300), gli zeugítai (contadini e fanti in battaglia, circa 200 medimni). L’ultima classe era quella degli thétes, i teti, che con meno di 200 medimni non potevano andare in battaglia ed erano dunque esclusi dalle cariche pubbliche.
Le differenze sociali non furono dunque appianate, l’accesso alle magistrature restò riservato ai migliori, ma a tutti i cittadini venne lasciato il pieno diritto di controllo dell’attività giudiziaria, anche attraverso l’istituzione dell’accusa nell’interesse comune, in pratica una possibilità di denuncia che poteva portare qualcuno in giudizio su richiesta di una parte non coinvolta, cosa questa che in origine non era prevista, sebbene sia molto diffusa nel diritto moderno.
Solone non riuscì nel suo intento di sanare le tensioni all’interno della pólis, tanto è vero che poco dopo il suo ritiro dall’attività politica il potere cadde in mano alla tirannide di Pisistrato (561 a.C.), tuttavia la riforma solonica segnò la svolta nella definizione delle istituzioni politiche della pólis, le quali da allora non smisero di funzionare.
Con Clistene, invece, il rimodellamento dello spazio civico fu più radicale; l’obiettivo, e cioè un rimescolamento degli Ateniesi che spezzasse i secolari legami gentilizi, fu ottenuto attraverso la divisione dell’Attica in tre settori, la costa, l’interno e la città, nonché attraverso la creazione di dieci nuove tribù prive di unità territoriale, ciascuna delle quali comprendeva tre trittie, una della costa, una dell’interno ed una della città. Il legame del cittadino al territorio era poi garantito attraverso l’iscrizione ad un demo, cioè un villaggio nel quale egli risultava residente.
Gli organi legislativi e di governo della pólis vennero quindi costituiti su base tribale, il Consiglio dei Cinquecento ad esempio, iscriveva 50 membri per tribù.
Sebbene artificiosa e molto ben studiata a tavolino, la riforma di Clistene si rivelò efficace e gli studiosi moderni sono concordi nell’attribuirgli la paternità di quella che noi oggi chiamiamo democrazia, questo nonostante l’opposizione di Aristotele, il quale nella Politica nega a quest’ultimo un’azione davvero innovatrice.
Un altro colpo all’aristocrazia fu portato da Efialte che, sfruttando l’emergere a ruolo politico della classe dei teti, la quale in passato non aveva avuto voce in capitolo ma che al tempo si era emancipata con la partecipazione agli equipaggi navali, i quali avevano dato ad Atene il ruolo di potenza marittima, Efialte appunto ridimensionò ulteriormente i poteri dell’Aeropago, l’antica assemblea aristocratica, alla quale furono lasciate solo competenze religiose e giudiziarie. Pagò con la vita il suo ardimento politico, ma la sua caduta portò alla ribalta Pericle, uno stratego di nobilissima famiglia (quella degli Alcmenoidi) il quale fece invece del rispetto delle istituzioni democratiche una prerogativa della sua politica, mai prevaricatrice, fondata su un grande carisma che non volle però mai dotarsi di un potere personale.
Le due principali riforme attribuite a Pericle sono:
- l’introduzione del misthós, cioè la pratica della retribuzione ai cittadini occupati in incarichi pubblici, cosa che divenne grande collante per la democrazia, pur introducendo elementi destabilizzanti proprio perché dava potere ai meno abbienti, ma spesso anche ai meno acculturati ed ai meno dotati, accusa questa mossagli da molti fra cui Platone.
- l’attribuzione della cittadinanza ateniese ai soli figli di padre e madre ateniesi, mentre in passato sarebbe bastato essere figli di padre ateniese. Questa norma ebbe conseguenze stabilizzanti sul piano sociale, ma ampliò il divario esistente tra cittadini e non cittadini.

Dopo Pericle inizierà il declino, che sfocerà nel IV secolo in una crisi delle istituzioni democratiche.
Le avvisaglie c’erano già state prima, quando il partito oligarchico aveva prontamente e sistematicamente denunciato la pericolosità di un sistema che coinvolgesse tutti, anche i meno dotati. Ci furono episodi di instabilità politica che ebbero ripercussioni sul piano militare, i quali a loro volta portarono a ripetuti tentativi di restaurazione oligarchica, compreso quello ben riuscito imposto da Sparta nel 404. I successivi tentativi di restaurazione democratica non poterono poi fare a meno di agire sul diritto di cittadinanza, ripristinando in merito la legge di Pericle, così come a partire dal 403 a.C. dovette essere introdotta la procedura legislativa della nomothesía, cioè la differenziazione tra le leggi (nómoi), approvate dalla commissione dei nomoteti, ed i decreti approvati invece dal démos, ai quali venne attribuito un peso minore e sui quali si cercò di convogliare le questioni meno importanti, proprio per evitare i pericoli della volubilità popolare.
Altro elemento di degradazione democratica fu l’estensione della pratica del misthòs, la retribuzione per le cariche pubbliche, per bloccare l’assenteismo ed evitare la paralisi.
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Autore: A. di Biase
Fonte: G. Poma - "Le istituzioni politiche della Grecia in età classica" - Edizioni Il Mulino
Fonte fotografica: www.comune.taranto.it

2 commenti:

  1. Anonimo10:12

    molto preciso e ordinato.. davvero bello :)

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  2. Anonimo13:30

    molto preciso

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