08 maggio 2008

MANUEL PUIG E RITA HAYWORTH

di Augusto da San Buono

Sono quasi vent’anni che se ne è andato Manuel Puig, scrittore argentino, figlio di una italiana di Busseto, il paese di Verdi. Maria Elena Delle Donne, si chiamava la madre e aveva la lirica nel sangue, e tutti sembrano averlo dimenticato. Manuel se ne è “ghiuto” che era ancora abbastanza giovane (53 anni), morto per una banalissima operazione di cistifellea, morto senza averne alcuna coscienza, anzi convintissimo che stesse per guarire, e con un sacco di progetti che gli rullavano per la testa, una testa e un cuore ancora pieni di desideri e di delirii.
Ai medici e alle infermiere parlava delle sue attrici preferite, di Rita Hayworth, Ingrid Bergman, Greta Garbo, Carmen Miranda, di cui aveva scritto nei suoi romanzi. “Il tradimento di Rita Hayworth” è stato il suo primo libro, uscito in piena rivoluzione sessantottina, e ciononostante andato a ruba. Nelle pagine vi ritroviamo la Rita di “Sangue e arena”, la Rita che faceva "toro, toro" a Tyron Power con la morte addosso: lui era inginocchiato come un povero spagnolo povero, lei una Venere americana di Brooklyn con il vestito trasparente e quella sua risata così sensuale “che ti faceva arrapare tremendamente” (era più che un coito, quella sua risata, dirà Manuel, nel suo libro). Manuel moriva inconsapevole, come un fanciullo, sognando gli aquiloni, quell'aquilone coloratissimo che aveva visto da bambino e che ancora continuava a salire nel cielo, mentre Manuel vedeva sotto di sé la pampa gialla e secca della sua terra da cui era ormai esule dal 1976. Ancora un attimo, basta seguire ancora per poco quell'aquilone, si diceva, ed ecco Buenos Aires, a pochi chilometri da Villegas, ecco, ora riesco scorgere l'obelisco in Avenida da Corientes.
Oddio, da quanti anni non ci metteva più piede?, che emozione pazzesca!
Il secondo libro Manuel Puig l'avevano proibito, si profilava come un bestseller, tutte le librerie erano state prese d'assalto, tutti volevano leggere “Boquitas Pintadas”, scritto nel 1973, ma la Division Moral della Polizia (la nostra defunta “Buoncostume”) aveva sequestrato tutti gli esemplari. E’ un libro pornografico, dicevano le matrone della Parrocchia de la Mercedes.
Brutti ricordi per Manuel. Ma ecco che appare Greta Garbo con la sua voce da contralto ed è china su di lui, con il suo volto lunare.
“Manuel, vorrei che il passato non esistesse. Vorrei non aver fatto l'attrice, ma essere stata la tua donna”.
Oh Greta, Greta, amore mio. Ma il passato non esiste, dice Manuel, il passato non esiste, querida. “Voglio solo pensare al nostro futuro, tu ed io Manuel. Ma forse neanche quello esiste, anche il futuro è solo un ipotesi?”. Poi ecco il bacio, ma è il bacio della donna ragno, ed è subito dolore, il dolore brutale, la voglia di gridare, le convulsioni. E' una punizione divina, questa, lo so, dice Manuel. Perché mio padre è morto in un gerentecomio ed io ero contento, la sua morte era stata di sollievo per me, capisci? Come in quel film con Bette Davis, quando lei non fa una piega davanti al marito moribondo, il suo viso in primo piano è una maschera fredda, mentre il marito cerca a tentoni, disperatamente, invano le pillole per il mal di cuore...
Quella scena ha tormentato Manuel Puig per mesi e mesi, ora sente di meritare il castigo, ma non sa di dover morire. Pensa di aver patito ed espiato, pensa che tra poco starà bene, pensa che guarirà e parlerà ancora con gli amici, Lucy, Javier , Ingrid, Rita, Greta. Oh, Dio, la vita dovrebbe essere un film con l'happy end, coi protagonisti che alla fine sono riscattati dal loro crudele destino. E Manuel l'ha fatto, questo, nei suoi libri, ha inventato dei finali su misura. Ha fatto dire a Luise Reiner che l'amore veniva, l'amore la stringeva freneticamente, mentre la disgraziata moriva alcolizzata, in solitudine, abbandonata, piena di ragni e di sporcizia. Se potesse fare così anche per lui, l'amore, se potesse stringerlo, abbracciarlo con il viso e l'immensa curva splendente del seno di Gilda, o di Carmen Miranda che ondeggia i fianchi fra le palme; se potessero portarlo via, nel vento, come l'aquilone, che plana ora in una deliziosa vertigine verso l'ospedale dove si trova lui, a Cuernevaca, per una banale operazione di cistifellea. Sembra che l’aquilone ora gli venga incontro, s’avvicina sempre più, sempre più e ha il sorriso luminoso di Rita…. Oh, Rita, Rita, querida!...
Ma ecco che l'infermiera messicana guarda l'orologio, sono le quattro e cinquantacinque del mattino, il 22 luglio del 1990, gli copre il viso col lenzuolo e scrive la data e l’ora della sua morte sulla lavagnetta nera.


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